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In dialetto: Tras’cé. L’agglomerato urbano è sparpagliato sulla cresta di una collina in cinque nuclei ben definiti. Castello (Kastèl) a 455 metri sul livello del mare, Chiesa (Cèsa), Querceto (Guarcè), Palestro (Palèstar) e Valle (Vala). Territorio che era accessibile solo tramite vie mulattiere e contornato: dal torrente Acquetta ad ovest, dal Bagnone a sud e dal Tanagorda a nord est, attraversati da due ponticelli con arco a tutto sesto in pietra arenaria di antiche origini. Solo nel 1950 sono state aperte nuove strade carrozzabili, ma sino ad allora inaccessibile. Una vera roccaforte a strapiombo sulla confluenza di due torrenti. Treschietto aveva una notevole importanza, nel passato, per la sua posizione di "tragitto, passaggio" tra corsi d’acqua e valloni. Nel dizionario geografico-fisico-storico della Toscana di Emanuele Repetti (1843) si legge: ".…Treschietto, col suo castello e la chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista, è collocato sulle propagini del monte Orsaro nell’alto bagnonese". Treschietto diede il titolo ad un feudo dei marchesi Malaspina di Filattiera, dello spino fiorito, nel 1249 il marchese Giovanni Giuniore approvò lo statuto di Treschietto. Il feudo di Treschietto si componeva allora del Capoluogo e delle ville di Agnola (Agnetta), Biglio, Corlaga, Finale , Jera, Leorgio (Leugio), Palestro, Stazzone e Vico. Il feudo toccò, in seguito alla divisione ereditaria del 1351, a Giovanni Malaspina detto il Berretta, ed in seguito suddiviso tra i suoi discendenti. Corlaga divenne feudo indipendente nella prima metà del 1500 ed erano rimasti solamente con Treschietto i paesi di Vico e di Jera. Legge fondamentale era lo Statuto del 1585 approvato dal Marchese Giovan Gasparo Malaspina, noto per le efferatezze ampliamente descritte dai cronisti dell’epoca e tramandate fino ai giorni nostri. Nel 1698 il marchese Ferdinando, l’ultimo della linea, vendette il suo feudo al granduca di Toscana, Cosimo III. |
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Vendita che causò una controversia tra il granduca, i marchesi di Filattiera ed il fisco imperiale, con alterne vicende di possesso. Finalmente Treschietto col suo territorio fu dato in feudo dapprima al principe Corsini di Firenze, finché nel 1800 fu occupato dai francesi e nel 1814 riunito agli Stati Estensi della Lunigiana. Dal 1805 al 1849 Treschietto fu sede di Comune finendo poi definitivamente aggregato al Comune di Bagnone. In un primo tempo la chiesa era piuttosto considerata una cappella feudale dedicata a Sant’Antonio da Padova, non risulta tra quelle che a quei tempi corrispondevano le decime alla Diocesi di Luni. La prima notizia storica che menziona Treschietto come chiesa soggetta a Luni è datata 7 maggio 1568, giorno della visita pastorale del cardinale Lomellini, si presume sia coincisa la consacrazione della nuova chiesa parrocchiale, dedicata a San Giovanni Battista. Nella descrizione del cardinale è pure menzionato anche l’oratorio dei Santi Rocco e Caterina, di cui non rimane nulla ad eccezione di alcuni quadri che sono conservati nella parrocchiale; Chiesa che é stata recentemente restaurata ed é ricca di quadri e statue di importanza storica ed artistica. I ruderi del castello con la torre cilindrata, semi mozzata da un fulmine, sembrano avvalorare la leggenda del marchese Giovan Gasparo Malaspina che dal 1616 vessò i suoi sudditi con ogni sorta di male azioni e si coprì di turpitudini sino al 1678, quando all’età di 62 anni, con grande sollievo del popolo, morì, non certo in odore di santità; veniva infatti chiamato dalla gente il mostro. Di Treschietto c’è chi scrive : "Il sacro ed il profano". Una sacralità antica nella Venere di pietra trovata poco lungi dai ruderi del tristo castello ed una sacralità più recente nella cappella castrense che le strutture difensive, ormai vinte e cadenti, hanno coperto e sopraffatto. Una leggenda tramandata ci fa credere che nei sotterranei del Castello vi sia stato nascosto un vitellino d’oro, ricercato da tanti al punto arrivare a distruggerne le parti migliori, e come tutte le leggende, mai trovato. |