La ferrata del Pratomagno


La dedica a Romana Nesi

Sul Pratomagno si trova una ferrata, sconosciuta a molti, che è bella e istruttiva, ma quello che io ho provato nel fare questa escursione è stata una cosa particolare: l’ ho percorsa infatti insieme a Graziano Maurri di Pontassieve, che ho conosciuto tramite AlpiApuane.com, nel mese di giugno del 2001. Prima di parlare di questo sentiero attrezzato, dobbiamo spiegare bene come si fa ad arrivare sul Pratomagno. Per chi ancora non lo sapesse è bene spiegare che il Pratomagno è attraversato da una lunga strada panoramica (circa 25 km.), sterrata ma in buone condizioni, che, costruita negli anni sessanta – settanta del XX sec. iniziando dal Monte Secchieta si snoda prima in versante casentinese poi, attraversando in breve galleria il valico di Castelfranco, sul versante valdarnese mantenendosi a quote variabili fra i 1000 e i 1500 per terminare sulla strada asfaltata che proviene da Loro Ciuffenna e da Anciolina.


Aldo sulla ferrata

Per accedere a questa strada, che d’ora in poi chiameremo sempre la "Panoramica" (e in realtà panoramica lo è proprio di fatto) molti sono gli accessi sia dal Casentino sia dal Valdarno ma ci limiteremo a citare i due più importanti. Il primo inizia dal Monte Secchieta (monte che è coperto da numerose antenne televisive e da abitazioni usate solo alcuni mesi l’anno e anche da alcune piste da sci usate molto raramente vista la non eccelsa altitudine) raggiungibile tramite strada asfaltata da Vallombrosa, splendida foresta e rinomato centro di soggiorno, che si può comodamente raggiungere da Reggello uscendo al casello di Incisa dell’Autostrada del Sole (A1); se invece si vuole percorrere la Panoramica iniziando dalla parte opposta è necessario pervenire a Loro Ciuffenna e da qui a Anciolina proseguendo fino ad incrociare la strada del Pratomagno: per arrivare a Loro Ciuffenna è necessario uscire al casello di Montevarchi dell’Autostrada del Sole.


Ancora Aldo sulla ferrata

Il Pratomagno è un sistema molto complesso, caratterizzato da ambienti diversi che sono il frutto della sua grande estensione e dell’opera dell’uomo, come testimoniano le grandi praterie di crinale che danno il nome alla catena montuosa. Il versante montagnoso del Pratomagno valdarnese, orientato verso sud – ovest, non presenta particolarità morfologiche di rilievo, ma i numerosi torrenti e fossi che lo percorrono ne hanno modificato l’aspetto: partendo dalle quote più basse si passa dai terrazzamenti dove si coltivano viti e olivi e foraggi e cereali (all’incirca fino ai 300 m. di quota) ai boschi cedui ed alle piante di pino marittimo (fino ai 600 m.), ad una vasta fascia di boschi cedui dove prevalgono la roverella, principalmente, ma anche l’orniello, il corbezzolo, il leccio, la ginestra e il ginepro (fino agli 800 m.). Salendo di quota le piante di roverella cedono il passo al cerro e al castagno mentre attorno ai 900 / 1.000 m. inizia il dominio del faggio.


Aldo scruta la parete

Nel versante casentinese il clima è diverso, mediamente è più umido e freddo rispetto a quello valdarnese e questo comporta una vegetazione diversa o, per lo meno, un diverso posizionamento delle zone boschive i cui limiti si insediano sempre a quote più basse rispetto ai pendii valdarnesi: nel versante casentinese c’è però da rilevare una grande presenza del castagno,sia come bosco ceduo sia come pianta da frutto, e, in località Badivecchia (comune di Talla), una rilevante presenza di piante di betulla autoctone, una vera rarità visto che in Appennino questa specie è molto sporadica ed, in genere, di origine artificiale. Le due zone, valdarnese e casentinese, sono separate dalle grandi praterie di crinale, una vasta fascia di ampiezza varia che segue tutto il rilievo da Poggio Lori a sud fino alle Foreste Demaniali di Vallombrosa a nord: sono proprio questi prati che danno il nome al massiccio montuoso (Pratomagno, grande prato in latino).


Graziano sulla ferrata

Le massime altitudini che raggiunge il Pratomagno (Poggio Masserecci m. 1518, Monte Pianellaccio m. 1.593, Croce del Pratomagno m. 1.591), non sono tali da determinare l’assenza di vegetazione arborea ed, infatti, queste praterie sono "secondarie", perché create dall’ uomo per permettere il pascolo degli animali. E veniamo ora all’escursione vera e propria che, come ho già detto, ho effettuato con l’amico Graziano di Pontassieve: per prima cosa è necessario spiegare come si arriva ad affrontare l’ascesa anche perché trovare il punto di attacco della ferrata non è proprio semplice. Prima di tutto bisogna uscire al casello di Valdarno dell’Autostrada del Sole (A1) e andare prima a Terranova Bracciolini e poi a Loro Ciuffenna: da qui è necessario seguire le indicazioni per Anciolina; si segue la strada verso questo piccolo borgo, ma, una volta incontrato, lo si supera fino ad incontrare la Panoramica del Pratomagno.


Ancora Graziano sulla ferrata

A questo punto si svolta a destra e si percorre la strada per circa 500 m. fino ad incontrare un grosso spiazzo sulla destra dove va parcheggiata l’auto. Ci incamminiamo allora sulla strada proprio verso la direzione dalla quale siamo venuti fino a che, dopo un centinaio di metri, non notiamo, prestando molta attenzione, i segnali che ci indicano il sentiero per arrivare alla base della Ferrata. Percorriamo ora questo sentiero nel bosco fino a che, a quota 940 , non troviamo un bivio: prendiamo il sentiero di destra (quello di sinistra servirà per la discesa), oltrepassiamo un piccolo torrente e, sempre seguendo i segnali bianco – rossi del sentiero CAI, arriviamo alla base della ferrata (è trascorsa circa mezz’ora da quando abbiamo lasciato l’auto) che è intitolata a Romana Nesi. Qui vorrei fare un piccolo appunto, garbato e da appassionato, agli amici del CAI di Arezzo che l’ hanno allestita: è la prima volta che faccio una ferrata e che trovo la targa con il nome a cui è intitolata e, soprattutto, le istruzioni sull’attrezzatura da usare in cima al percorso e non all’inizio, come direbbe la logica (infatti la targa e il cartello con le istruzioni si trovano quando si è salita tutta la via attrezzata.


Tratto della ferrata

Comunque l’attrezzatura da usare è quella consueta per questo tipo di escursioni: imbracatura, cordino, moschettoni, dissipatore e casco). Dopo questo appunto bonario parliamo di questa ferrata: la partenza è a 1120 m., alla base del Monte Lori, ed è stata realizzata nel 1992 dal CAI di Arezzo; per le sue caratteristiche è adatta sia ai principianti che agli esperti, in quanto ci sono tratti facili e tratti difficili, ma questi tratti più ostici, volendo, si possono aggirare per continuare, poi, l’ascesa. Infatti la ferrata non è ininterrotta ma è composta da diversi gradoni da scalare intervallati da tratti di normale pendenza percorribile tranquillamente: l’ideale per chi voglia provare per la prima volta l’ ebbrezza della via attrezzata. Il primo tratto, il più difficile, ha l’uscita in verticale ma è possibile superarlo tramite un canale che si trova alla sua destra; il secondo tratto, leggero traverso con uscita verticale, è abbastanza facile; il terzo, traverso in cengia e uscita verticale, è più impegnativo.


Aldo in cima alla ferrata

Il quarto non è molto difficile anche se è verticale; dopo questi quattro tratti si susseguono altri brevi tratti intervallati da tratti escursionistici fino ad arrivare alla fine della ferrata a 1280 m. dove troviamo la targa con l’intestazione della via attrezzata e il cartello con le istruzioni da seguire quando si affrontano questi percorsi (abbiamo impiegato circa 1 h. per fare la ferrata e 1,5 h. per l’intera ascesa). Dopo avere ammirato il panorama possiamo intraprendere il sentiero di ritorno: dalla fine della ferrata, seguendo i segnali bianco – rossi del sentiero CAI, andiamo a sinistra e scendiamo il crinale del Monte Lori fino a che, in una mezz’ora, non troviamo il bivio che abbiamo incontrato all’andata, solo che ora dobbiamo andare a destra e scendere fino alla strada asfaltata e, una volta trovata, andare a sinistra verso lo spiazzo dove abbiamo parcheggiata l’auto; abbiamo impiegato 1 h. per la discesa e circa 2,5 h. per effettuare l’intera escursione.