Le orchidee dell’Appennino


Epipactis atrorubens

Forse per gli addetti ai lavori le orchidee non costituiscono l’aspetto più interessante della flora dell’Appennino settentrionale. Quest’area rappresenta infatti un nodo di primaria importanza dove contingenti botanici di origine meridionale e settentrionale si incontrano e si sovrappongono dando vita ad una compagine vegetale veramente unica, ricca di endemismi e relitti. Tuttavia le orchidee suscitano in molti un fascino tutto particolare pieno di sentimenti dal sapore esotico e misterioso. Una attrattiva che qualcuno potrà anche giudicare superficiale ma che certo è più diretta e comprensibile di astruse dinamiche e flussi migratori. Non a caso le orchidee sono tra le piante più apprezzate, ricercate e probabilmente anche più conosciute da chi, come me, si dedica alla botanica per diletto. Le orchidee sono appariscenti, spesso rare, complesse ed insolite nella forma e nelle abitudini.


 Epipactis flaminia

Prendiamo ad esempio l’epipogio (Epipogium aphyllum Swartz) che diffuso soprattutto nell’Europa del centro-nord raggiunge con stazioni puntiformi anche l’Appennino. Esso vive nei boschi ombrosi e freschi di faggio e abete e trascorre gran parte della sua esistenza ben nascosto e protetto nel terreno senza mai emergere. Solo in piena estate per il breve periodo della fioritura, questa pianta emette un esile fusticino alto 10-20 centimetri dal quale in breve sbocciano un paio, al massimo tre o quattro, piccoli e delicati fiori dal vago profumo di banana. L’epipogio è completamente privo di foglie verdi e clorofilla e, al pari di altre orchidee, sopravvive grazie ad una sorta di simbiosi con un fungo endofita che infesta le sue radici e permette alla pianta di trarre nutrimento dalle sostanze in decomposizione del terreno. L’Appennino è un terreno di “caccia” eccezionale. Un generoso scrigno che non manca mai di concedere nuove sorprese nonostante schiere di botanici e dilettanti lo abbiano frequentato assiduamente e con profitto da sempre.


 Epipactis purpurata

Per fare un esempio posso ricordare la vicenda che ha visto come protagonista Epipactis purpurata SM, una magnifica orchidea che può raggiungere il metro di altezza ed avere una infiorescenza lunga fino a 30 centimetri. Fino ad alcuni anni fa questa pianta era nota solo per alcune località del centro europa, ma viste le analogie di certi nostri ambienti con l’habitat di elezione della specie, eminenti botanici avevano ipotizzato la sua presenza anche in territorio italiano. Tra l’altro era stata segnalata, ma senza conferma, in Trentino e nel Varesotto. Epipactis purpurata SM fu dunque cercata insistentemente lungo l’arco alpino per anni finché, casualmente, nel 1984, fu trovata nelle ombrose foreste dell’Appennino Tosco-Romagnolo e successivamente nell’Appennino Pistoiese. Addirittura ancora oggi l’Appennino toscano dona nuove specie come ad esempio Epipactis flaminia Savelli & Alessandrini.

 
 Dactylorhiza maculata

Un endemismo dei nostri rilievi descritto per la prima volta nel 1994. Numerose sono le orchidee di un certo interesse che popolano la nostra montagna. Posso ricordare ad esempio Herminium monorchis (L.) R. Br. oppure Nigritella nigra (L.) Kirschl. ma meritano di essere nominate anche Gymnadenia odoratissima (L.) L.C. Rich., Epipactis atrorubens (Hoffm.) Besser e Traunsteinera globosa (L.) Reichenb. Tutte specie non facili da trovare ma che per la loro bellezza ripagano innegabilmente dello sforzo. Una “preda” molto ambita di noi appassionati che, armati di una pacifica macchina fotografica, setacciamo boschi e prati alla ricerca di orchidee è la minuscola e rara Listera cordata (L.) L. Br. Un vero e proprio gioiello in miniatura, alto non più di pochi centimetri e con i fiori del diametro di 6-7 millimetri. La sua presenza in questo tratto di Appennino è già nota da lungo tempo ai botanici ma è sempre e comunque difficile da individuare e rappresenta quasi una sfida.

 
 Listera cordata

Ho ricordato fino ad ora solo quelli che sono considerati i trofei più ambiti ma non è certo necessario andare in cerca di rarità per godere delle orchidee. Ne esistono alcune più o meno comuni che non hanno niente da invidiare ne per bellezza ne per curiosità rispetto alle sorelle più rare. Ad esempio i fiori di Dactylorhiza maculata (L.) Soó, a mio avviso, sono di una bellezza sfacciata e questa pianta si può incontrare con relativa facilità semplicemente camminando lungo un sentiero di montagna. Altrettanto belle e facili da trovare sono anche Dactylorhiza sambucina (L.) Soó, Orchis mascula L., Gymnadenia conopsea (L.) R. Br. E che dire poi di Platanthera chlorantha (Custer) Reichenb.? I suoi fiori hanno una struttura essenziale, senza tanti ornamenti, ma sono dotati di una grazia e di una eleganza impareggiabili ed anche questa orchidea si può incontrare nei boschi con facilità.