Documento sintetico sulla cava Macchietta

Dal 16 gennaio 2010, quando la soc. Henraux s.p.a. ha ufficialmente presentato il progetto di ri-apertura della Cava Macchietta, il Comitato Usi Civici della Montagna di Seravezza ha partecipato a tutti gli incontri pubblici proponendo una serie di osservazioni e domande e formulando proposte in merito all’oggetto. A questo punto del procedimento intendiamo sintetizzare questi punti, sperando di far cosa utile ai Commissari, ai cittadini interessati e al fine di rendere più perspicaci i nostri futuri interventi.

Preliminarmente crediamo sia opportuno illustrare brevemente la “filosofia” sottostante i nostri interventi e alla base della nostra richiesta di Inchiesta Pubblica : il marmo, al pari di quasi tutti i beni naturali presenti nel sottosuolo, compresa per certi versi anche l’acqua, non è un bene rinnovabile e quindi è destinato ad esaurirsi, in tempi più o meno vicini; perciò tale risorsa va tutelata oculatamente, in tutti i suoi molteplici aspetti (filiera del prodotto). Da questa premessa deriva l’atteggiamento di questo Comitato, teso da un lato a vigilare l’effettiva esistenza della filiera stessa e dall’altro a ricercare maggiore consapevolezza nell’uso della risorsa.

Qui di seguito elenchiamo in forma estremamente sintetica alcune problematiche esistenti ed i punti di maggiore criticità che a nostro avviso sono presenti nel progetto presentato dalla Soc. Henraux:
· La proprietà dell’area: l’autorizzazione all’attività di escavazione viene rilasciata dall’Amministrazione comunale, dopo aver acquisito il parere dell’Ente Parco e, crediamo, in presenza di accertato diritto. Nel caso specifico, come pure quello delle Cervaiole, l’area di estrazione prevista nel progetto rientra nell’oggetto di un contenzioso giuridico che si trascina dal 1988 presso il Commissario agli Usi Civici di Roma, fra la Soc. Henraux (che si è opposta all’esito della verifica demaniale che considera queste aree di uso civico), il Comune di Seravezza e, negli ultimi tempi, il Comitato Usi Civici. Siamo convinti che gli organi competenti debbano in primis tener conto di ciò per non trovarsi poi impelagati in diatribe giuridiche e dover affrontare l’esborso di compensi pecuniari non irrilevanti.
· La filiera: uno dei temi principali sui quali le istituzioni, le forze sindacali e politiche e naturalmente l’Impresa puntano per ottenere l’autorizzazione estrattiva in un sito ecologicamente delicato come quello della Macchietta è quello della “filiera”. Tema che aveva caratterizzato ed influenzato il rilascio dell’autorizzazione per il taglio di parte della vetta dell’Altissimo alle Cervaiole. Ci domandiamo quali strumenti oggettivi ad oggi sono stati messi in campo dagli attori chiamati in causa per verificare se, quanto, quando e quali azioni sono state attivate in tal senso. Se ad esempio nel Bilancio della Soc. Henraux nel corso dell’ultimo quinquennio è calata la spesa per l’acquisto di materie prime che nel 2004 superava i 20 milioni di euro, quanti nuovi posti di lavoro ha creato, quante aziende locali dell’indotto ne hanno beneficiato, quale è stato il livello di trasformazione del blocco. Sempre questi soggetti che rappresentano sotto vari aspetti l’intera collettività, avrebbero in linea di principio un grande interesse a verificare l’esistenza della filiera. Quindi se ciò non si è verificato o si è verificato solo in parte ci devono essere altrettanti interessi, almeno per alcuni di questi soggetti, che impediscono a questo processo di verifica di attivarsi o di svilupparsi.
· La tracciabilità: Per verificare concretamente quanta filiera viene prodotta da un blocco di marmo è sufficiente utilizzare la strumentazione che caratterizza il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, in acronimo SISTRI, di cui al Decreto del 17 dicembre 2009 del Ministero dell’Ambiente che permette, con costi limitatissimi ed a carico dell’Impresa, l’informatizzazione dell’intera filiera dei rifiuti e nel caso specifico del “blocco di marmo”. Tra l’altro tale sistema applicato al comparto del marmo, oltre a portare trasparenza e conoscenza, porterebbe anche alla eliminazione di forme di concorrenza sleale tra imprese a vantaggio di quelle che operano nel pieno rispetto delle regole. La tracciabilità di un prodotto, come è successo nel settore agroalimentare, è in grado di dare risultati molto positivi sotto ogni aspetto, aggiungendo alle imprese locali un valore (etico, ambientale, qualitativo) che si è tradotto anche in valore aggiunto economico.
· Il piano industriale: rispetto ad una problematica così importante ed ambientalmente rilevante, manca tra la documentazione presentata un Piano Industriale: se un’industria, leader nel settore a livello nazionale, come la soc. Henraux chiede di estrarre tanto materiale pregiato (Statuario e Bianco P) avrà sicuramente già stipulato preliminari di contratto relativi a commesse di grossi lavori atte a soddisfare grandi quantità (si parla di 70.000 ton. di materiale ’buono”) oppure i blocchi una volta strappati dall’Altissimo giaceranno nei piazzali in attesa….… Data l’urgenza con la quale si svolge il procedimento ci sembra evidente la prima ipotesi. In altre parole vorremmo sapere chiaramente che cosa verrà fatto del marmo pregiato estratto: verrà lavorato in loco? in quali percentuali? In quali tipologie commerciali verrà trasformato? con quali ricadute sull’occupazione diretta ed indotta?
· La programmazione strategica: manca un Piano generale che dopo aver evidenziato e contabilizzato le attuali attività di estrazione di marmo e di prelievo di inerti dal massiccio dell’Altissimo, determini una strategia unitaria di comparto con il fine di evitare che il Monte Altissimo subisca un attacco in più punti, senza essere così in grado di poter effettuare una seria valutazione complessiva costi/benefici, sia a livello aziendale che per la collettività. E anche questo è un tema completamente assente dalla documentazione progettuale. Gli unici dati organici sui “costi esterni del marmo” sono quelli contenuti nello studio del CRED della Versilia, recentemente presentato, che ha definito un modello di valutazione dei costi/benefici della filiera del marmo, con un saldo aziendale attivo ed un saldo per la collettività ampiamente negativo. Inoltre la mancanza di questo Piano generale non permette agli organismi di controllo (Comune e Parco) di poter valutare complessivamente gli effetti diretti ed indiretti delle attività né di misurarne nel tempo l’efficacia gestionale, economica ed organizzativa.
· Monitoraggio ex ante, in itinere e ex post: è assente un discorso serio di monitoraggio esterno e certificabile, in particolare degli olii e delle acque, sull’utilizzo dell’attrezzature di escavazione in galleria (che non possono essere le stesse utilizzate in ambienti aperti). Non sono presenti nel progetto indicatori ambientali, economici e sociali sia di tipo descrittivo che prestazionale oppure di tipo aggregato in grado di misurare l’efficacia delle attività previste e consentire, in caso di risultati negativi intermedi, di sospenderle, rettificarle oppure perfezionarle. La redazione periodica di rapporti, da rendere pubblici, che individuino i miglioramenti oppure i peggioramenti della situazione data, appare lo strumento operativo più idoneo per le varie fasi di monitoraggio e verifica sull’attuazione e sull’efficacia delle azioni previste nel progetto.
· Diritti e governance: per quanto il diritto di escavazione da parte della Soc. Henraux possa apparire, allo stato attuale dei fatti, legale, ci sembra non peregrino notare che, tale legalità, sia in contrasto con “altri diritti” ad esempio quelli delle popolazioni che vivono a ridosso dei siti estrattivi e lungo l’asse viario interessato rispetto all’inquinamento acustico e atmosferico oppure quelli derivanti dalla riduzione del patrimonio rappresentato dalle riserve di materie prime non rinnovabili. Ma anche gli Enti ci sembra che non brillino di particolare chiarezza operativa e lungimiranza. Ad esempio il Consiglio Direttivo del Parco, approvò la proposta di Piano nel luglio 2002 di non permettere più la riattivazione delle attività estrattive nel bacino della Tacca Bianca destinando l’area stessa unicamente per attività turistico-fruitive, sportive, escursionistiche, didattiche, culturali, museali e documentarie, però non ha approvato una norma transitoria che favorisse questa nuova destinazione d’uso. La volontà del Parco di non permettere la riattivazione della cava Macchietta è confermata dall’individuazione delle “Cave e vie di lizza della Polla e Tacca Bianca del Monte Altissimo” al n. 19 dell’elenco dei siti e dei beni da conservare e valorizzare come testimonianza storica, culturale ed ambientale nell’ambito della allora imminente istituzione del Parco Archeologico delle Alpi Apuane. Infine la governance chiamata a decidere sul rilascio dell’autorizzazione estrattiva deve tener conto che l’area estrattiva della Tacca Bianca – Macchietta è interclusa nel SIC (Sito di Interesse Comunitario) n. 18 “Valle del Serra – Monte Altissimo” dove prevalgono le attività di tutela e conservazione ed ogni attività deve essere oggetto di una relazione di incidenza che dovrà essere successivamente valutata dagli organi competenti. L’obbligo di tale relazione vale anche per i siti adiacenti ai SIC.
· La viabilità: ci sembra particolarmente carente l’aspetto del progetto che riguarda la viabilità, sia quella di arroccamento che quella normale: i tecnici incaricati dalla Soc. Henraux di elaborare il progetto di coltivazione hanno sostenuto che la carreggiata rimarrà “sostanzialmente” quella vecchia. Ciò non sembra compatibile con le nuove norme in fatto di sicurezza, che obbligano al posizionamento di blocchi lungo il lato non paretale della strada di arroccamento, che di fatto restringono lo spazio utile per il passaggio e impongono dunque, consistenti sbancamenti, con evidente impatto ambientale e paesaggistico, specialmente nella parte sommitale della strada.
· Le compensazioni: la soc. Henraux non ha rispettato le prescrizioni contenute negli atti autorizzativi per la cava delle Cervaiole rispetto alle molte compensazioni a favore della collettività, come il ripristino ambientale della sorgente della Polla, la qualificazione della viabilità sulla strada di Cansoli, la cessione di immobili ….. contenute nel protocollo d’intesa a suo tempo sottoscritto. Quindi si ritiene che prima di procedere ad approvare progetti che prevedono situazioni analoghe a quella evidenziata, gli Enti competenti impongano alla Ditta Henraux di portare a compimento tutte le azioni compensative previste nel protocollo “Cervaiole”, auspicando che gli Enti stessi, per il futuro, prevedano una “compensazione ecologica preventiva” da attuare non a posteriori, ma come precondizione per poter iniziare le attività di escavazione ed asportazione detriti.

ALLO STATO ATTUALE PER LE RAGIONI SOPRAESPOSTE RITENIAMO CHE SENZA RISPOSTE CHIARE E DOCUMENTATE NON SIA RILASCIATA DAGLI ORGANI COMPETENTI L’AUTORIZZAZIONE ALL’ESCAVAZIONE NEL SITO DENOMINATO CAVA MACCHIETTA.

Tale netta posizione non ha niente di pregiudiziale contro l’escavazione tout court, ma è aperta a qualsivoglia discussione, integrazione e revisione. Anche se gran parte delle richieste che questo Comitato ha avanzato sono già state illustrate ed evidenziate nei punti precedenti, ci piace generare ulteriori richieste per mettere le basi ad un progetto di futuro convincente e condiviso.

Potremmo chiedere di riprendere la gestione collettiva del territorio montano, per metterlo finalmente in gioco verso orizzonti nuovi di sostenibilità, senza omissioni e scorciatoie, con regole ben fondate e patti chiari a vantaggio della collettività. Potremmo chiedere un pensiero creativo a quegli imprenditori che credono che l’innovazione nel settore estrattivo sia una tagliatrice in grado di produrre di più.

Potremmo chiedere forme di remunerazione da parte di chi utilizza le risorse naturali verso coloro che invece le tutelano e le conservano integre, sicure e fruibili garantendo il principio di equità intergenerazionale.

Potremmo chiedere risorse di cambiamento e di maturazione alle imprese del marmo in modo che le dinamiche economiche si traducano più spesso in crescita per tutti, siano meno orientate ad incassi immediati e senza costi ambientali irreversibili.

Potremmo chiedere di accorciare i tempi di approvazione del Piano del Parco e del Piano delle attività estrattive per chiamare così la politica a fare delle scelte cogenti e responsabili e non a nascondersi dietro i problemi facendo generare ad una singola impresa una rendita fondiaria da un’area destinata invece ad una fruizione sociale.

Potremmo chiedere che relazione esiste tra gli ingenti finanziamenti pubblici messi a disposizione dalla Regione Toscana per le ricerca dei filoni del marmo bianco e la riapertura della cava della Macchietta.

Potremmo chiedere se nel proprio piano industriale la Soc. Henraux ha valutato che il distretto del marmo, insieme ai tradizionali distretti del made in Italy (come quello conciario, dell’oreficeria e degli elettrodomestici) versa in una condizione molto critica ed i cui mercati sono in netta contrazione sia a livello nazionale che internazionale. (Monitor Distretti – Centro Studi Banca Intesa – San Paolo – 2009).

Potremmo chiedere di introdurre l’obbligo per le imprese di dotarsi del sistema SISTRI per la tracciabilità dei blocchi di marmo per permettere a Seravezza di essere il primo Comune italiano “certificato” ad evasione fiscale zero nel settore estrattivo.

Potremmo chiedere che prima di autorizzare la riattivazione della cava Macchietta venga completato il piano di coltivazione delle Cervaiole, atteso che lo “Zuccotto” è ancora in piedi (dove è finita l’urgenza di avere il materiale nel piazzale?) e la Ditta ha recentemente richiesto ed ottenuto dal Parco una proroga dei lavori di 3 anni e cioè fino al maggio 2014.

Potremmo chiedere risorse di cultura al servizio formativo professionale indirizzate verso il settore del marmo che sappiano codificare l’esperienza tacita e costruire un sistema della conoscenza di tutta la filiera, dalla cava alla segheria, dal laboratorio artigiano a quello artistico, dalla commercializzazione alla promozione.

Potremmo chiedere modelli innovativi di partecipazione attiva, come i laboratori di cittadini oppure le giurie degli abitanti, affinché i rappresentanti di interessi collettivi e diffusi che non hanno la possibilità di partecipare alle arene decisionali, possano verificare annualmente l’attuazione dei progetti e la trasparenza delle azioni.

Potremmo chiedere a tutti di dare maggiore valore alla natura ed alle risorse non rinnovabili.

p. il Comitato Usi Civici (Pietro Conti)