La traversata delle Apuane in giornata!

 

di Flavio Milazzo

Quella che vado raccontando non costituisce la narrazione di un nuovo record sportivo, ma il racconto di un’esperienza e della passione che ho per la montagna e per le Alpi Apuane in particolare.
Fin da piccolo venivo portato dai miei familiari in Apuane per tranquille gite domenicali ai più frequentati rifugi del versante versiliese (Rif. Forte dei Marmi, Rif. Del Freo e Rif. Alto Matanna) o in qualche classica ascesa a vette poco impegnative delle Apuane (Matanna, Prana, Piglione, Corchia, Altissimo). Già allora mostravo uno spiccato interesse e affinità per la natura e la montagna.
Crescendo e praticando diversi sport (nuoto e ciclismo agonistico) non ho comunque mai smesso di fare escursioni in Apuane, volte in particolar modo a conoscere nuovi posti o salire su nuove vette.
La scelta di intraprendere il percorso universitario legato alle Scienze Geologiche, derivava soprattutto dalla passione per la montagna e per la natura che avevo maturato e coltivato durante gli anni precedenti, ma anche dal bisogno di capire più in profondità quelle montagne.
Durante gli anni di università, questa passione è cresciuta, in quanto ho iniziato a vedere le Apuane sotto un’ottica differente scoprendo che oltre a rappresentare una particolarità naturalistica e paesaggistica, queste montagne sono uniche anche dal punto di vista geologico. Esse costituiscono infatti un massiccio di rocce metamorfiche formatesi in profondità e successivamente portate in superficie fino a sfiorare gli attuali 2000 metri di quota.
Nel corso delle tesi di laurea, ho avuto la possibilità di trascorrere diversi mesi sulle Apuane, dove ho cartografato molti chilometri quadrati di territorio percorrendo ogni giorno molti chilometri.
Questa esperienza però mi ha permesso di esplorare e conoscere nuovi posti, nuovi sentieri e di salire su qualche vetta nuova, in generale di accrescere le mie conoscenze sul territorio da molti punti di vista.
Finità l’università, alcuni amici (Giovanni Lazzari e Lorenzo Pacini) mi hanno introdotto al mondo del trail running, e con loro ho iniziato ad allenarmi su distanze maggiori di quanto avessi mai fatto, facilitato comunque dalla base atletica ereditata dalla pratica del ciclismo.
Durante queste escursioni ho iniziato a maturare l’idea di attraversare parzialmente o totalmente l’intero massiccio delle Alpi Apuane. Il problema maggiore di percorrere decine di chilometri a corsa in montagna è rappresentato dal fatto che avendo uno scarso background di running non ero perfettamente preparato a livello articolare per attività del genere.
Tuttavia ho deciso di compiere delle escursioni “prova” attraversando la parte meridionale delle Alpi Apuane nell’agosto del 2014 percorrendo i 30 km da Passo Lucese ad Arni in circa 4,5 ore. L’estate successiva ho potuto testare il percorso centro-settentrionale partendo da Campo Cecina e terminando nell’abitato di Pruno (45 km).
 Questi tentativi sono comunque stati molto utili nella pianificazione del percorso ideale e per farsi un’idea della magnitudo dell’intera traversata.
Fatto tesoro delle esperienze degli anni precedenti, ho fissato la data della traversata nord-sud delle Apuane il 21 agosto 2016. Nonostante avessi pensato ad arrivare a tale data nel migliore dei modi e riposato, il problema principale riguardava la scarsa preparazione di trail running maturata nel corso dell’anno, in quanto praticando principalmente ciclismo amatoriale, mi sono dovuto fidare unicamente della preparazione atletica derivante dalla pratica di tale sport.

 

 
 
a) Partenza all’alba da Campocecina; b)Versante orientale del Monte Sagro

 
Era l’alba (5:30), quando lasciandomi alle spalle il portone del Rifugio Carrara dove avevo passato la notte, ho mosso i primi passi in direzione sud verso i prati di Campocecina. I primi chilometri hanno visto l’attraversamento della zona di Campocecina e del Monte Sagro percorrendo il sentiero 173. Aggirato il Monte Sagro da nord si cambia versante e si percorre il lungo crinale boscoso che conduce a Foce Rasori ai piedi del Monte Grondilice.
L’ascesa al Grondilice ostacolata da un gregge di capre un po’ nervose, è avvenuta senza altre particolari difficoltà tecniche ne fisiche, forte del fatto di avere ancora molte energie. Una volta in vetta ho percorso velocemente la discesa verso il caratteristico Rifugio di orto di Donna, percorrendo i primi 9,5 km in 2 ore e 30 minuti circa.

 

 
 
a) discesa dal M. Grindolice, in lontananza il Pizzo d’Uccello; b) vista sul rifugio Orto di Donna e il Monte Pisanino sullo sfondo.

 
Giusto il tempo di scattare qualche foto e mi sono rimesso in marcia in direzione Zucchi di Cardeto, da cui si può godere della vista del Monte Pisanino, la vetta più alta delle Alpi Apuane (1947 m.s.l.m.).
Aggirato il Monte Cavallo da est e giunto alla cava del Passo della Focolaccia, mi aspettava la seconda ascesa della giornata alla vetta del Monte Tambura (1890 m.s.l.m.). La lunga cresta NW percorsa dal sentiero Cai 148, pur presentando fianchi scoscesi, non riserva particolari difficoltà tecniche, se non  per il repentino cambiamento delle condizioni metereologiche di quel momento, caratterizzate da una fitta nebbia e vento forte, ragione che mi ha impedito di godere della vista mozzafiato che si gode dalla vetta.

 

Cresta NW del Monte Tambura

 
Una volta iniziata la discesa e giunto a Passo Tambura (1634 m.s.l.m.), l’ulteriore discesa fino ad Arnetola tramite la via Vandelli (sentiero Cai 35) è d’obbligo se non si vuole intraprendere la pericolosa cresta dell’Alto di Sella e del Monte Sella. Durante la lunga discesa giù per i tornanti della via Vandelli, la nebbia iniziava a diradarsi temporaneamente lasciando il posto alla luce di un timido sole che illuminava i bianchi fronti di cava di Arnetola. A quel punto a quota 1100 m.s.l.m., entrando in un suggestivo bosco di faggi, iniziava l’ascesa al Passo Sella, scavalcando di fatto il crinale montuoso orientato est-ovest che collega il Monte Sella al Monte Fiocca.
L’ascesa, affrontata con ancora una certa freschezza fisica, mi ha condotto verso le 12:00 al passo (1500 m.s.l.m.) dal quale si possono ammirare i paesaggi della zona di Arni e delle Apuane Centrali. Con 20 km e 5 ore e 30 minuti di cammino sulle gambe, ho iniziato la lunga e logorante discesa in Arni attraverso la strada di cava che conduce all’abitato. Raggiunto il paese di Arni e quindi la strada asfaltata che porta al Passo del Vestito, mi sono diretto verso la località Tre Fiumi, con la consapevolezza di essere giunto a metà percorso non ancora particolarmente stanco e affaticato e quindi con buone possibilità di riuscire a compiere l’intera traversata in quel giorno.

 
Passo Sella

A 30 km di percorso, una volta attraversata la strada statale che collega la Versilia ella Garfagnana, tramite il Passo del Cipollaio, cominciava di fatto l’attraversamento della parte meridionale del massiccio delle Apuane.
Dalla località Tre Fiumi, tramite il sentiero Cai 128, che aggira il M. Freddone da nord, ho raggiunto lo splendido alpeggio di Puntato, da dove poi addentrandosi nei boschi del Retrocorchia si sale alla Foce di Mosceta. Durante l’ascesa iniziavo ad accusare i primi sintomi di affaticamento muscolare e articolare.
Giunto al Rifugio del Freo verso le ore 15, avevo percorso circa 35 km con 8 ore e 30 minuti di cammino; ad aspettarmi ormai da ore trovavo i miei amici Cristiano Dini e Federico Bianucci con il quale abbiamo pranzato assieme al rifugio.
Rimessomi in cammino dopo la breve sosta del pranzo, ho imboccato il sentiero 125 ai piedi della Pania della Croce, il quale dopo un lungo cammino e qualche tratto un po’ tecnico conduce a Foce di Valli (1258 m.s.l.m.) dal quale è possibile godere di una visione d’insieme sulle Alpi Apuane meridionali.
 
Veduta sulle Apuane Meridionali dalla Foce di Mosceta
 

Panorama dall’arco del M. Forato

Nell’avvicinamento al Monte Forato, attraverso la Costa Pulita, la fatica e il caldo iniziavano a farsi sentire. Giunto sotto l’arco del Forato, giusto il tempo di scattare qualche foto e di ammirare tale bellezza naturalistica, mi rimetto in marcia piuttosto affaticato.
Il pomeriggio scorreva velocemente, mentre ero impegnato nella discesa verso la foce di Petrosciana attraverso i fitti boschi di faggi e carpini che lambiscono il versante nord-orientale del Monte Forato. In breve tempo, imbocco il sentiero 109 e giungo alla foce delle Porchette, dove successivamente inizia una ripida salita che consente di aggirare il Monte Nona da oriente.
Procedevo ormai a rilento a corto di cibo ed acqua e sofferente per l’affaticamento muscolare ed indolenzimento alle ginocchia, momento in cui mi trovavo indeciso sulla prosecuzione dell’impresa! Tuttavia, continuando a camminare sono riuscito a raggiungere il Rifugio Alto Matanna, dove ho potuto riposarmi e rifocillarmi per qualche minuto ricaricando un po’ le batterie!
Rimessomi in cammino verso le 19 con 48 km e 10 ore di camminata, mi restavano solamente circa 2 ore di luce prima che facesse notte. Cercando di accelerare il passo nonostante la fatica, sono giunto in poco tempo a Foce del Pallone continuando poi verso i crinali erbosi dove comincia la discesa per la Foce del Termine lungo il sentiero 101. Il sentiero continua verso sud, lungo un crinale che nel suo versante orientale attraversa una folta faggeta, con la luce che si attenuava sempre di più.
Girato leggermente il versante ed uscito dal bosco, la chiesetta di Campo all’Orzo si ergeva alla mia sinistra, alzando lo sguardo mi ritrovo al cospetto del Monte Prana, la montagna più a sud del massiccio delle Apuane, arrossata dalle ultime luci del tramonto. Erano ormai le 21, quando seguendo le indicazioni per la Baita Barsi mi ero addentrato nel bosco in condizioni di totale oscurità, facendomi strada con la luce della torcia frontale ed una torcia a mano.
Nell’ultima ora di cammino, completamente sfinito, privo di cibo ed acqua, percorrevo lo stretto sentiero immerso nel bosco di castagni che aggirando il Monte Prana da est conduce alla strada sterrata per passo Lucese. Talvolta il silenzio assoluto del bosco veniva interrotto dallo scricchiolio dei tronchi degli alberi sotto l’azione di sporadiche folate di vento e dal verso di qualche animale nel bosco. Mi trascinato ormai sfinito verso la fine di quell’avventura, quando un cucciolo di cinghiale compariva davanti a me sul sentiero; in quell’istante ero consapevole che poteva esserci qualche cinghiale adulto nelle vicinanze, di solito molto protettivi nei confronti dei cuccioli.

   
Panorama dalla Foce del Pallone, sullo sfondo il Monte Prana; b) ultime luci del tramonto sulla Versilia

Ancora assorto in quei pensieri, dei rumori provenienti dal bosco attraggono la mia attenzione, in un attimo punto la torcia verso il bosco e vedo “accendersi” tanti occhi nell’oscurità. Mantenendo la calma accelero il passo, ma mi ritrovo in breve tempo a correre, alimentato da una carica adrenalinica che mi aveva fatto dimenticare la stanchezza delle 12 ore di cammino precedenti! Con stupore, mi ritrovo dopo breve tempo alla strada sterrata, dove ho iniziato la lunga discesa verso il Passo Lucese. Quando ormai i dolori alle gambe mi costringevano ad un passo lento ed arrancante, avvisto finalmente la sbarra rossa e bianca dal quale parte la strada asfaltata! Continuando la discesa, verso le 22:00 giungo infine al ristorante del Lucese, dove ad aspettarmi trovo i miei parenti ormai preoccupati! Avevo percorso poco meno di 60 km in quasi 13 ore di cammino!

 

 


Traccia GPS e profilo altimetrico del percorso: 59 km da Campocecina (MS) a Passo Lucese (LU)
Attività GPS ( https://www.strava.com/activities/689451529 )