Re:Traversata Focola del Vento – Selvarella

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#13873
Enzo
Partecipante

Vorrei chiudere, per quel che mi riguarda, l’argomento di questa traversata trascrivendo qui l’articolo che pubblicai sull’argomento nel bollettino del CAI di Prato.
Quanto al nome dell’itinerario, Bergame, mi piacerebbe chiamarlo ‘Violo del Balderi’, dal cognome del proprietario (!) della macchia di bosco che vi si attraversa. ‘Violo’ (da pronunciare v?olo) ? termine apuano, e anche rescetino, per ‘sentiero’, ‘viottolo’.
Con questo post vorrei anche dare un taglio alla mia sovraesposizione di questi ultimi giorni, e diradare un po’ i miei interventi…

ALPI APUANE

Dalla Focola del Vento alla Selvarella
un itinerario di cavatori

L?articolo seguente descrive uno di quelli che nelle Dolomiti Bellunesi si chiamerebbero ‘viaz’, e cio? itinerari a sviluppo perlopi? orizzontale lungo sistemi di cenge naturali esposte e scabrose, scoperti e percorsi per la prima volta dai cacciatori sulle orme dei camosci oppure dai boscaioli, prima che vi mettessero piede gli escursionisti o gli alpinisti.
Nelle Alpi Apuane i primi percorritori di itinerari del genere sono stati i cavatori di marmo, che per coraggio e capacit? tecniche certamente non sfiguravano nei confronti dei ?camorzieri? della Schiara o dei Monti del Sole.
L?itinerario si svolge sul versante marino delle Alpi Apuane alla testata del Canale della Neve, situato sotto la Cresta di Sella a ridosso del piccolo e remoto paese di Resceto in provincia di Massa-Carrara. Resceto fu uno dei centri pi? importanti della escavazione del marmo nelle Alpi Apuane, ed ? tuttora noto in ambito non solo locale per essere punto di partenza o di arrivo della Via Vandelli, un?ardita strada, carrozzabile almeno nelle intenzioni, aperta nel XVIII secolo per collegare il Ducato di Massa e Carrara al Ducato di Modena e Reggio.

La F?cola del Vento ? un caratteristico intaglio nei cui pressi sono presenti opere di cava; la Selvarella ? un casone ormai in rovina destinato ad alloggio dei cavatori che lavoravano in quella zona, che ? caratterizzata da un lembo di bosco che le ha dato il nome; si tratta di due localit? che si trovano praticamente alla stessa altezza, rispettivamente a 1358 m e a 1354 m, sui due crinali che chiudono il Canale della Neve da sinistra e da destra, distanti l?una dall?altra non pi? di cinquecento metri in linea d?aria e in pianta: ai cavatori dovette sembrare naturale, quindi, provare a collegare direttamente, qui come altrove, le due zone di escavazione, senza dover scendere nel fondo del Canale della Neve e da l? risalire per un dislivello di circa 350 m, lungo gli attuali segnavia CAI 160 e 165. In realt? i cavatori osarono ancora di pi?: infatti, nel punto in cui questo ideale collegamento traversa il canale marmoreo di fondo valle, e pi? precisamente sulla sua sinistra idrografica, sono tuttora visibili i resti di un grosso muretto a secco, eretto in posizione stupefacente su un pendio ripidissimo, prova evidente che da l? si tent? addirittura di cavare marmo.
Comunque sia, si pens? dunque certamente di tracciare un itinerario tra le due localit?.
E infatti dalla Focola del Vento parte una chiara traccia con scalini di roccia e un imponente muraglione di sostegno, che si perde un po? pi? avanti quando il pendio erboso si esaurisce tra le rocce. Nel tratto roccioso che segue sembra di vedere, in un punto, tracce di scalpellatura; nel successivo ripidissimo bosco si indovina qualche segno di passaggio; nei pressi del canale marmoreo, e cio? nella zona del muretto a secco, c?? forse qualche indizio di cenge facilitate artificialmente; nel ripidissimo pendio di sassi e paleo (la caratteristica e onnipresente erba locale) sulla destra idrografica del canale centrale si distingue con chiarezza il profilo di una o due tracce trasversali; l?ultimo tratto, poi, che dopo aver valicato un?ultima costola introduce finalmente alla Selvarella, ? gi? meno ripido, e con molta cautela pu? essere percorso senza itinerario obbligato.
E? probabile che alla zona del muretto a secco i cavatori arrivassero dalla Selvarella, che da l? ? pi? vicina della Focola del Vento; questa sezione della traversata, del resto, ? stata certamente percorsa anche da alpinisti: a una quota un po? pi? alta come accesso alla via Biagi, Baldini, Balloni e Cortinovis del 1976 (it. 93fa della guida CAI 1979) e, pi? o meno alla quota che qui ci interessa, come accesso alternativo alla via Baldini, Balloni, Bertelloni, Bonini e Conti del 1973 (it. 93fb) e alla recente via Hydra aperta da Emanuele Cesaroni e altri tra 2005 e 2006.
Il collegamento tra la Focola del Vento e la Selvarella o viceversa non ? per? mai diventato un vero ?sentiero?, e cio? un itinerario, per quanto ardito, percorribile con un minimo di sicurezza: per diventare tale avrebbe dovuto essere facilitato in molti passaggi e attrezzato massicciamente con fittoni e cavo elicoidale, come fu fatto, ad es., nella zona di Renara sul temerario tracciato che collega la cava della Chiesa del Diavolo a quella della Buchetta; sul terreno, infatti, a parte quella breve scalpellatura della roccia non si trova nessun segno di questo lavoro di attrezzatura artificiale, che evidentemente non fu mai fatto, forse perch? il terreno era davvero troppo impervio perch? valesse la pena di spenderci lavoro e fatica, o forse perch? i tempi erano ormai cambiati.
Allo stato attuale, quindi, la traversata deve essere considerata esclusivamente alpinistica, anche se ? probabile che alcuni ex cavatori di Resceto la percorrano tuttora con disinvoltura, beninteso senza corda.
Il terreno ? ripidissimo, esposto e delicato dall?inizio alla fine e senza veri punti di riposo, e a parte i due brevi tratti iniziale e finale, che sono comunque assai scabrosi, deve essere percorso in cordata. Eccettuato il breve tratto coincidente con il quinto tiro di Hydra, nel quale sono presenti soste a spit di 8 mm, dove non ci sono alberi le soste e i punti di rinvio sono da attrezzare, con chiodi quando lo roccia lo consente (non sempre) e per il resto con friends e dadi. Dove c?? roccia non si va oltre il II+, ma le vere difficolt? sono altre e non gradabili, perch? ci si muove sempre su terreno ?apuano? al suo meglio (!), e cio? su detriti e scaglie mobili, paleo, sassi malfermi e bosco quasi verticale. Per buon peso, nei pressi del canale centrale ? anche forte il rischio di caduta sassi.
Dopo averne indovinato l?esistenza, ho desiderato ripercorrere questa traversata come atto di omaggio all?audacia, alla capacit? e alla modestia dei cavatori, che su questi terreni da brivido passavano, a rischio costante della propria vita, per guadagnarsi un po? di pane e senza ritenersi per questo ?alpinisti?.
Essere poi riusciti a compiere questa traversata con mentalit? e finalit? alpinistiche non ci d? speciali meriti, visto che siamo stati preceduti almeno da chiss? quanti cavatori.
In ogni caso, io sono debitore della traversata a un ex cavatore di Resceto, Lido, che me ne conferm? l?esistenza qualche anno fa fornendomi utili informazioni, e a Emanuele Cesaroni, apritore della via Hydra ed ex gestore del Rif. Conti, che ha effettuato la traversata insieme a me assumendosene la responsabilit? alpinistica, con grande perizia tecnica e con ancora pi? lodevole attenzione alle esigenze di sicurezza, che su un percorso di questo genere diventano assolutamente prioritarie.
Prima della riuscita (1? giugno 2010 – E. Cesaroni e E. Maestripieri) avevo fatto diverse esplorazioni da solo o in compagnia sia partendo dalla Focola del Vento che dalla Selvarella, fermandomi dove finiva il terreno escursionistico (inteso con molta larghezza) o poco oltre.

Descrizione dell?itinerario

Dal ripiano della Focola del Vento ci si porta sul ciglio verso la Selvarella (Nord). Da qui una traccia con qualche scalino di pietra scende verso destra nel paleo, gi? un poco esposta, e dopo qualche metro supera una rientranza e continua orizzontale verso sinistra, ancora nel paleo, con maggiore esposizione. In breve ci si affaccia su un marcato canaletto, nel quale si scende con alcuni scalini e che si attraversa al di sopra di un evidente muraglione di sostegno. Dopo il canale la traccia scende sensibilmente, ancora facilitata da gradini all?inizio, su una scabrosa e sfuggente cengia di paleo fino ad un ripiano presso alcuni faggi, dove ? opportuno legarsi.
Segue ora una lista orizzontale espostissima di una decina di metri, prima su paleo e poi su roccia e detriti, da percorrere aggrappandosi con le mani alle zolle di terra e paleo soprastanti. Di l? ci si trova in una specie di conca rocciosa assai inclinata, dalla quale si scende arrampicando per 5-6 metri di I e II su una costola rocciosa scura fino a un piccolo ripiano dal quale ? possibile continuare la traversata. Si traversa, quindi, in lieve discesa, su roccia (II) e scaglie per una ventina di metri fino a una specie di invaso detritico che si oltrepassa con delicatezza, risalendo sull?altro lato per paleo fino all?inizio di un caratteristico e ripidissimo bosco sospeso.
Si attraversa il rado bosco tenendosi verso il suo limite superiore sotto le rocce (pu? darsi che i cavatori passassero un po? pi? in basso), perdendo poi quota per una dozzina di metri su paleo, e traversando ancora brevemente fino a portarsi in vista del canale marmoreo centrale e del muretto a secco. Qui ci si cala in corda doppia da un albero per una ventina di metri obliquando verso sinistra (faccia a monte), fino a portarsi fuori dal bosco in una zona detritica e rocciosa sul lato sinistro idrografico del canale marmoreo centrale, ormai poco lontani dal muretto a secco, che rimarr? sempre un po? pi? alto rispetto al nostro itinerario e che noi non abbiamo raggiunto. La calata in corda doppia ? consigliabile ma non indispensabile, svolgendosi su terreno ripidissimo e scabroso ma comunque percorribile. Come dicevo sopra, del resto, pu? anche darsi che i cavatori nel bosco seguissero un percorso pi? basso, limitando cos? le risalite e le ridiscese.
Ci troviamo ora alla partenza del quinto tiro della via Hydra (il pi? facile della via), che percorriamo per una ventina di metri verso sinistra in traverso ascendente su detriti e roccia (II+). Lasciando sulla destra la via Hydra si effettua un delicato ed espostissimo traverso verso sinistra su strette liste di roccia rotta (altri venti metri fino al II+; ? il punto pi? difficile, lasciato un chiodo), fino a mettere piede nel fondo del canale su una conca comoda ma esposta alla caduta di sassi.
Dall?altro lato del canale il terreno appare aperto, ed ? costituito prima da una ripidissima macchia di paleo e poi, al di l? di un affioramento roccioso ad andamento verticale, da un pendio altrettanto ripido di paleo e sassi, con tre caratteristici carpini isolati. Osservando la zona dall?altro lato del canale si potevano gi? notare senza ombra di dubbio due tracce: una che traversa orizzontalmente la macchia di paleo e il successivo pendio, e un?altra parallela e di poco pi? alta che inizia dall?affioramento roccioso, ambedue comunque al di sopra dei tre carpini. Sul terreno, per?, le tracce non sono cos? evidenti, e noi abbiamo preferito puntare ai tre carpini per garantirci una sosta sicura. Dal fondo del canale, quindi, dopo qualche metro su roccia e detriti si affronta la macchia di paleo, mirando ad un alberino isolato poco sopra dove ? possibile rinviare la corda; poi si traversa con molta delicatezza, si oltrepassa l?affioramento roccioso e si continua a traversare fino ai tre carpini, per un totale di qualche decina di metri in leggera salita dal fondo del canale. Dai tre carpini si traversa ancora con un altro tiro di corda su terreno altrettanto infido, fino ad un ulteriore albero isolato dal quale ci si affaccia finalmente, dopo qualche metro di salita, su un ultimo crinaletto da cui la sospirata Selvarella appare vicinissima poco sopra.
Qui il pendio comincia a perdere un po? di pendenza, e ci si pu? gi? sciogliere. Dopo una ventina di metri in orizzontale si pu? anche, per calare direttamente a valle, scendere a sinistra su roccette delicate fino a un evidente ravaneto sotto la Selvarella, oltre il quale si traversa in breve fino a raggiungere il segnavia CAI 165; oppure si continua in salita fino alla Selvarella, per qualche decina di metri non difficili su roccette e detriti.