E SE FOSSERO STATI GLI ALIENI…?

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  • #52100
    alberto
    Partecipante

     

    Monte Croce parete ovest.

    Finalmente sabato 4 luglio con Alessandro, dopo 3 precedenti tentativi in ottobre/novembre 2019  e un lungo periodo di attesa, tra: brutto tempo, inverno, impegni vari e covid,  abbiamo portato a termine questa via nuova nel settore sinistro della parete ovest del monte Croce.

    Primi Salitori: Benassi Alberto e Alessandro Rossi.

    Itinerario di stampo classico dal tracciato logico ed evidente. A parte la placca iniziale e qualche altro tratto, si svolge lungo una serie quasi ininterrotta di fessure e lame. La via regala un’arrampicata mista libera e artificiale, piuttosto sostenuta di grande soddisfazione, disegnando una linea elegante senza forzature, perchè come dice Stefano Santomaso, forte alpinista classico agordino: “ci siamo lasciati guidare verso l’alto dalla parete stessa… è bastato seguirla”.  A parte la placca iniziale, che abbiamo trovato attrezzata anche con alcuni chiodi a pressione, segno di un vecchio e misterioso tentativo (anni 60 o 70 ?), chiodi che abbiamo pensato di lasciare,   a testimonianza di chi ci aveva già provato, abbiamo deciso di proseguire attrezzando sia i tiri che le soste solamente con chiodi a fessura. Oltre ai chiodi, usati e lasciati, abbiamo integrato con friends di varie misure.

    Vista la bella e quasi continua serie di fessure che caratterizza l’itinerario, abbiamo pensato di non usare gli spit, con la speranza che la roccia, fosse con noi generosa regalandoci la possibilità di portare a termine questa nostra ambizione senza forare. Non è stato facile, la roccia compatta di alcuni tratti ha reso difficoltosa una buona infissione dei chiodi nei piccoli buchi intasati dai ciuffetti d’erba, ma alla fine la nostra tenacia è stata premiata e non è stato necessario bucare. Riuscire a mettere un buon chiodo, non è solo un indicatore tecnico del proprio bagaglio personale,    è anche una soddisfazione che riteniamo non secondaria a quella del puro gesto arrampicatorio. Lo so alcuni sorrideranno a questa affermazione, andare ad arrampicare portandosi dietro chiodi e martello è un po’ passato di moda,  ma ognuno di noi ha le proprie manie, fissazioni. Qualcuno mi ha detto che attrezzando la via in questo modo, senza spit, avrà solo alcune ripetizioni e poi cadrà inevitabilmente nel dimenticatoio. Spero di no perché la via a noi sembra proprio bella,  oltre ad essere in un bel posto è anche bene attrezzata.

    La roccia è buona, i brevi tratti friabili sono stati abbastanza ripuliti, le ripetizioni che seguiranno non potranno che migliorarne la qualità. Alcuni tratti saliti in apertura in artificiale, li abbiamo già liberati, gli altri   lo saranno sicuramente nelle future ripetizioni.

    Cosa manca per dare completezza a una nuova via? Dargli un nome, che sia   significativo e rappresentativo dell’itinerario, cosa non sempre facile da attribuire. Quello che abbiamo scelto per questa via, è nato casualmente tra un tiro e l’altro e chiacchiere varie, al caldo sole rigeneratore di un bel sabato invernale alla cava rossa di Monsummano, quindi già in grande anticipo sulla data in cui la via è stata finita. Come si può facilmente intuire, il nome è legato al mistero dei chiodi trovati sul primo tiro. Mistero rimasto tale, avvolto nei densi vapori delle nebbiose leggende apuane.

    DIFFICOLTA’:    V, VI, VI+,  A0 e A1

    LUNGHEZZA:

    La via si sviluppa in 5 tiri di corda per una lunghezza di circa 145 metri a cui bisogna aggiungere   lo zoccolo di circa 60 metri di facile arrampicata e ravanata per raggiungere la stretta cengia alla base della placca iniziale.

     

    MATERIALE:

    Oltre alla n.d.a. portare: 2 mezze corde da 60 mt., almeno 15 rinvii, una buona scelta di cordini per limitare gli attriti, staffe, martello per ribattere eventuali chiodi che si fossero allentati, un piccolo assortimento di chiodi per ogni necessità, serie di friends Totem (oppure equivalenti Camalot) integrando con Camalot C4  n. 2 e n. 3.

     

    AVVICINAMENTO.

    Dal parcheggio per l’accesso al rifugio Forte dei Marmi, raggiungere casa Giorgini e la successiva casa del Pittore (Montanina). Al bivio che a destra porta al rifugio Forte dei Marmi, proseguire a sinistra in direzione del monte Forato. Superati alcuni bivi, poco prima di arrivare alla marginetta dove si sale alla Foce di Petrosciana, prendere a destra il sentiero 109 che ritorna alla Foce delle Porchette e passa sotto la parete ovest dell’avancorpo del monte Croce.

    Seguirlo per pochi minuti fino a reperire una traccia di animali (ometto e radice) che sale verso sinistra nel bosco. Seguirla fino ad uscire dalla vegetazione arrivando alla base di una specie di costola rocciosa in vista della parete dove sale la via (questa costola rocciosa è visibile anche dal parcheggio). Non proseguire a sinistra nel bosco, ma salire prima dritti tra la vegetazione per le rocce superando un gradino. Obliquare a destra, quindi ancora dritti fino a reperire una cengia rocciosa (I° e II°). Non salire dritti ma andare a sinistra per la cengia (2 piccoli ometti) e appena rientrati nel bosco, salire di nuovo dritti per terreno ripido e passi verticali aiutandosi con le piante fino ad arrivare sulla stretta cengia alla base della parete dove si trova l’attacco presso una placca con vecchi chiodi a pressione segno di un “misterioso” tentativo. Ore 1.30 circa dal parcheggio.

     

    DISCESA

    Ci sono due possibilità:

    – per i più comodi, in doppia dalla via, poi disarrampicando con attenzione il bosco verticale e le

    rocce che formano lo zoccolo fino a riprendere la traccia che riporta al sentiero 109.

    * prima doppia 25 mt. moschettonando il chiodo alla base della lama per riprendere la sosta 4.

    * seconda doppia 40 mt. fino alla nicchia della sosta 2.

    * terza doppia fino a terra sulla cengetta di attacco.

    – oppure (ma non verificata) per i più classici anche per gustarsi con maggiore completezza  il rapporto con la montagna, scendere a piedi.  Una volta usciti risalire, prima a sinistra poi  a destra per pendii erbosi, obliquare verso destra fino a scendere in direzione della Foce delle Porchette.

     

    RINGRAZIAMENTI:

    Un doveroso ringraziamento all’amico Ciro Bambini che per ben due volte si è sciroppato peso e camminata, aiutandoci a portare il materiale all’attacco risparmiando a due “diversamente giovani” non poca fatica, oltre a farci anche diverse foto.

    #52102
    lasco
    Partecipante

    Riallacciandomi al discorso della Oppio ecco altri 2 famosi Apuani e baldi giovani(non conosco Alessandro ,con Alberto ci siamo incontrati qualche volta)che danno dimostrazione che l’età conta fino a un certo punto,complimenti per il  nuovo itinerario a dimostrazione che anche in Apuane basta saper guardare per trovare nuovi orizzonti,e come mi diceva un mio amico quando gli facevo presente che non cèrano piu appigli”guarda guarda qualcosa cè sempre”

    Un saluto Antonio

    #52103
    alberto
    Partecipante

    grazie Lasco .

    gli anni passano, l’età si sente… ma l’entusiasmo è un ottimo integratore :yahoo: :yahoo:

    Le Apuane hanno sempre tanto da dare.

    #52104
    alberto
    Partecipante

    INTRODUZIONE E STORIELLE APUANE…

    Il monte Croce docile cima delle Apuane meridionali, è conosciuto come la montagna delle giunchiglie, ogni anno a maggio, una bellissima fioritura ne ricopre gli erbosi fianchi sommitali. Soprattutto in questo periodo, la sua cima, è molto frequentata da gruppi più o meno numerosi di persone, che vi salgono per ammirare le migliaia di fiori che formano un bellissimo tappeto bianco su un mare verde, vero e proprio spettacolo della natura apuana. L’incontro delle sue creste, a formare una croce, sembra sia l’origine del nome di questo monte, che, se osservato dai versanti meridionale e orientale, ha la forma di grosso ed erboso collinone, che ricorda più il vicino dolce Appennino che le aspre e ardite Apuane. Grazie a queste caratteristiche, ha da sempre attirato più l’escursionista che l’arrampicatore, in verità   il versante nord, ma soprattutto quello ovest, sono assai dirupati in quanto la montagna “si appoggia su un zoccolo calcareo” (1) che fa mostra di se con belle strutture rocciose. Il triangolare versante nord è breve, ma molto scosceso, con rocce frammiste ad erba, con alla base alcuni pilastri di bell’aspetto separati da canali, mentre quello ovest decisamente più interessante per l’arrampicatore, presenta una bella ed estesa parete che forma un verticale avancorpo roccioso dove, da tempo, mi girava per la testa l’idea di aprirvi una nuova via. Questa parete compresa tra la Foce delle Porchette a destra e la Foce di Petrosciana a sinistra, più estesa in orizzontale che in verticale, ha una conformazione piuttosto compatta, segno che non sarà facile salirla. Rispetto alle cime circostanti del Forato, Nona e Procinto, l’avancorpo ovest del monte Croce, non ha una prolifica storia alpinistica, infatti presenta solamente tre itinerari di salita, poco o nulla ripetuti, aperti negli anni  tra il 1980 e il 2000:

     

    – una misteriosa via Piotti che, finalmente, dopo serrate indagini e la gentilezza di Umberto Vecci e Francesco Cantini, ne abbiamo svelato l’arcano. Aprile 1981 divisi in due cordate: la prima con il compito di aprire la via composta dai pisani Mario Piotti (Piotti in verità era genovese e pisano di adozione), Francesco Cantini e Roberto Di Stefano; la seconda dei lucchesi Umberto Vecci e Domenico Dinelli a seguire con il compito di sistemare la chiodatura.  Via di stampo classico che supera l’evidente grosso diedro molto aperto nel settore destro, alla quale sembra non sia stato dato un nome nè fatta una relazione;

    -sempre nei pressi del grosso diedro, l’ 11/5/1997 i fiorentini  Leonardo Piccini e Juliane Schmidtlein, dopo un primo tentativo con altri, aprono la via “Chiodo Fisso” in modo tradizionale con qualche spit alle soste, senza trovare tracce di passaggio;

    – nel maggio del 1998 più a destra sul compatto placcone (“il mare”)  i locali Alessandro Bertagna e Giuliano Batini  aprono con spit sui tiri e alle soste  la via “Dù punti nel mare”.

     

    Oltre a questi tre itinerari, sulla parete negli anni 90 ci sono stati anche alcuni tentativi: uno dei locali Fabrizio Convalle e Barbara Bardi, l’altro dei lucchesi Mauro Giambastiani (il Dondi) e Daniele Carboni del 1994 (forse 95), il terzo ancora di Leonardo Piccini. I primi due nel settore destra verso le Porchette, il terzo più a sinistra  verso Petrosciana.    In verità di tentativi ce ne è stato anche un quarto, ma ve lo dirò più avanti. E’ quindi una parete un po’ dimenticata, caratteristica che già da sola è sufficiente per stimolare la curiosità dell’ apritore sempre alla ricerca di terreno vergine da esplorare. Strano però, perché la parete, anche se in mezzo a cime alpinisticamente più conosciute, quali il monte Nona e il monte Forato, è evidente ed interessante, oltre a promettere impegno vista la sua verticalità.

    E’ con questi presupposti che a fine settembre 2019, complici i postumi alla spalla sinistra causati da una brutta caduta in bicicletta, che non mi permettono di arrampicare e la conseguente rabbia da sfogare, ne approfitto andando a fare un giro fin sotto la parete per scrutare meglio la roccia e poter trovare la possibilità di tracciarvi un nuovo itinerario. Guarda e riguarda, ecco che nel suo settore sinistro mi cadono gli occhi lungo una  evidente linea di fessure. Eppure la parete l’ho guardata tante altre volte, ma queste fessure, così evidenti, come mai non le avevo mai viste? E’ strano come a volte non si riesce a vedere quello che si ha davanti agli occhi, poi d’un tratto ecco che tutto si rivela. Cambiano le situazioni? Cambia la   nostra capacità di visione, di lettura? Evidentemente si.

    Decido di avvicinarmi il più possibile alla parete, ma il fitto bosco che ne ricopre lo zoccolo, mi impedisce di vedere la roccia. Devo trovare un punto di osservazione fuori dalla vegetazione, così poco prima di arrivare al bivio che sale alla foce di Petrosciana, prendo a destra il sentiero 109 che corre proprio sotto la parete dell’avancorpo e porta alla foce delle Porchette. Nella speranza di trovare un punto più accessibile per salire il ripido bosco che separa il sentiero dalla parete, trovo una evidente traccia di animali che sale obliqua verso sinistra, che percorro fino ad arrivare alla base di una specie di costola rocciosa che scende verso il basso, dove la vegetazione si dirada. Da qui ora si vede bene la linea di fessure che da la direttiva alla via. Questa costola, che incide il bosco basale, è ben visibile anche da lontano dalla strada poco dopo il parcheggio e dal sentiero poco prima di Fonte Moscoso.  Oltre ad essere un buon punto di riferimento per individuare l’attacco, è il modo migliore per raggiungerlo visto che fuori da questo avancorpo roccioso, il terreno anche se boscoso è ripido e franoso.

    Appena mi sarò rimesso decido di provarci e, visto che da tempo mi frulla per la testa la malsana idea di aprire una via nuova in solitaria, ci faccio un pensierino. L’intenzione è di aprire la via usando solo materiale ad incastro e chiodi a fessura, insomma senza piantare spit, nemmeno alle soste. Così per non cadere in tentazione e bucare, non li metterò nemmeno nello zaino. Accantonata l’idea della solitaria, propongo ad Alessandro se vuole essere della partita in questa nuova avventura.  Alessandro   accetta entusiasta anche la mia proposta di non portare gli spit. Ancora non lo sappiamo, ma quando spunteremo sulla cengia presso l’attacco, avremo una sorpresa che ci lascerà, lì per lì, alquanto perplessi che non avremmo certo immaginato. La prima volta che ci portiamo all’attacco, pensando ingenuamente di renderci la cosa più semplice, evitiamo la costola rocciosa e risaliamo alla sua sinistra il ripido e franoso bosco. Dopo non poca fatica e aver rischiato l’osso del collo, ecco che finalmente spunto sulla cengia alla base della placca compatta che preclude l’accesso alla linea delle fessure. Alzo gli occhi e cosa ti vedo?… Una bella fila di vecchi chiodi anche a pressione, piantati a distanza ravvicinata, fanno bella mostra di se lungo la placca.

    Chiamo Alessandro, che sempre sotto a lottare con la giungla verticale, non li ha certamente visti:

    “Ale ci sono i chiodi!”

    “cosa?”

    “ci sono i chiodi”.

    Una bella beffa… di chi saranno?

    Qualcuno, parecchi anni fa è salito in artificiale. Vuoi vedere che la via c’è già?

    In effetti le fessure sono belle evidenti e, qualcuno, dotato di buon occhio, non gli erano sfuggite, ma non ne sapevo nulla. Guardiamo bene, in alto oltre l’ultimo chiodo, dal quale penzola una sbiadita e sfilacciata fettuccia, non si vede nulla. Siamo perplessi e delusi, soprattutto delusi.

    “Che si fa? “

    “Oramai che siamo qui andiamo a vedere, al limite ci accontenteremo di una ripetizione”.

    Magra consolazione.

    Un po’ in libera e un po’ tirandomi ai chiodi, non è il momento di fare virtuosismi, arrivo poco prima dell’inizio della fessura all’ultimo ancoraggio costituito da due traballanti e arrugginiti chiodi, piantati in un buco a mò di sandwich con intorno una fettuccia tutta marcia.  Mi fermo a guardare, sopra nella fessura erbosa   non vedo altri chiodi. Metto un friend nella fessura e mi alzo per guardare meglio…non c’è niente. Bene magari è solo un tentativo… speranzoso proseguo. Prima di superare una insidiosa toppa erbosa, aggiungo un buon chiodo universale sulla destra della fessura e proseguo alcuni metri, aggiro a sinistra una scaglia con un arbusto e, in una rientranza attrezzo la sosta con due ottimi chiodi. Non c’è traccia di passaggio, anche sopra niente chiodi. Se qualcuno fosse arrivato qui, avrei trovato qualcosa, almeno per calarsi, invece niente…

    ” Si Ale per fortuna era solo un tentativo, evviva!”

    Una volta attrezzata la sosta, con il cordino di servizio tiro su il sacco con il materiale, poi faccio salire Alessandro.

    Non sarà il primo è ultimo tentativo, questa operazione di tirare su il saccone la ripeteremo varie volte, per finire la via ci serviranno ancora altri tre giorni di lavoro diluiti in circa dieci mesi tra, impegni vari, inverno, piogge e covid19.  Al primo tentativo arriviamo a metà del secondo tiro. Superato lo strapiombo lascio due chiodi uniti da un cordino con moschettone  e mi faccio calare in sosta. La seconda volta siamo più produttivi e  arriviamo a metà del quarto tiro. Anche qui, stessa manovra, lascio due chiodi e mi faccio calare. Al terzo tentativo pensiamo di finire la via, invece riusciamo solo a finire il quarto tiro. Una volta attrezzata la sosta nella nicchia sotto la lama finale, complici la stanchezza e l’ora tarda per continuare, un po’ sconsolati scendiamo.  Alla fine il 4 luglio 2020 siamo  comodamente seduti in cima  al pilastro, stanchi ma soddisfatti, a contemplare in lontananza l’ azzurro del mare . Le maltrattate Apuane, “Le Montagne Irripetibili” (2)  ci regalano anche questo bel contrasto: mare e montagna.  Ci voleva proprio per risollevarsi da  questo lungo  cupo periodo e,  adesso, via verso nuove avventure.

     

    1) Guida Cai-Touring Alpi Apuane 1979.

    2) Le Montagne Irripetibili  di Giorgio Perna e Fabrizio Girolami.

    #52105
    fabrizio
    Amministratore del forum

    Qualche bella foto del tracciato e degli apritori in azione!

     

     

     

     

     

     

     

    #52106
    popegapon
    Partecipante

    Ci terrei a puntualizzare il fatto che questa via è stata aperta senza l’ausilio di tallonaggi, lanci , incastri di ginocchio, magnesite liquida , janiri e altre frociate che trovate sulle riviste di pornoarrampicata.  Solo tecnica classica a core, martellate e moccoli.

    Il bosco sommitale sopra di me, la legge morale  dentro di me…

     

    #52107
    adri
    Partecipante

    Ho visto aggeggi per chiodare da riposo…hai hai hai

    :yahoo: :yahoo:

     

    #52108
    adri
    Partecipante

    #52109
    alberto
    Partecipante

    Adriano,

    e questi nella foto sono solo 3 modelli , ne ho anche altri , di cui 2 assi più grossi.

     

    Non ci chiodo e basta, ci progredisco anche …stile Maffei-Leoni-Frizzera :yahoo: :yahoo: :yahoo:

    #52110
    adri
    Partecipante

    A me ora me ne servirebbe uno con ascensore incorporato

    :yahoo: :yahoo:

    #52111
    Cima
    Partecipante

    Ripetuta giovedi scorso con staffe, martello e moccoli… di frociate da pornoarrampicata avevo solo i leggings celesti!!  :yahoo: :yahoo:

    Bravi Albe e Alessandro!

    #52118
    alberto
    Partecipante

    #52145
    alberto
    Partecipante

    durante la ripetizione di martedì scorso ho visto che il chiodo centrale (grigio) sotto la lama orizzontale del quarto tiro ha l’anello spezzato.

    Non avevamo chiodi per poterlo sostituire.

     

    #52402
    matteo
    Partecipante

    Ciao a tutti, utilizzo il profilo di Matteo per scrivere due righe riguardo la ripetizione del giorno 03/07/2021 ad un anno dall’apertura.

    Bella via, chiodatura ineccepibile, soste sicure; un solo chiodo insicuro all’inizio del quarto tiro, che ho provato a ribattere senza riuscire a sistemarlo a dovere.
    Durante la ripetizione non abbiamo utilizzato staffe, dadi e friend, anche se una scelta di protezioni veloci e qualche chiodo potrebbe risultare utile in caso di bisogno.
    Dove possibile abbiamo cercato di scalare in libera, riuscendo a vista su L1 (6c circa, placca delicata), L3 e L5. L2 bello da scalare in libera ma diversi piedi ancora croccanti. L4 molto da ripulire nello strapiombo per essere salito senza utilizzare i chiodi per la progressione.
    Complimenti ad Alberto e Alessandro!
    Dodo

    #52403
    popegapon
    Partecipante

    <p style=”text-align: right;”>Lorenzo detto Dodo… Che dire, bravo bravi ,salita in libera dove possibile e coppiedi croccanti,  senza staffe ne dadi ne friend . Gli alieni si stanno facendo avanti?</p>
    <p style=”text-align: right;”>Ad un anno dall’ apertura questo si che è stile.</p>
    <p style=”text-align: right;”> :good:</p>

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