Fessura Bresci-Malerba in solitaria

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  • #52843
    Treva
    Partecipante

    Salve, sono nuovo del forum, condivido un resoconto della mia salita. Non è nulla di utile per la comunità alpinistica apuana, ma spero che per alcuni possa essere interessante!

    Come un qualunque studente ventenne, d’estate prendo un altro fuso orario. Il 19 luglio 2023 mi sveglio poco prima del tocco. Sono da solo a casa, i miei genitori sono sempre in vacanza e non capisco come sia possibile. Meglio per me, posso fare qualsiasi cosa senza dovergli dire nulla, come per esempio andare ad arrampicare. Peccato però che ho solo due contatti e nessuno dei due mi può assecondare. Un amico è ancora sotto con lo studio e l’altro da quando si è fidanzato è sparito dai radar.

    Nell’ozio più totale sfoglio varie guide. Se non posso arrampicare allora sognerò. Però ecco che mi si presenta una idea. Leggo della fessura Bresci-Malerba al Grondilice, una via logicissima aperta nel 1954. E’ molto interessante, ma ciò che mi cade veramente all’occhio è la prima solitaria di questa via, avvenuta nel natale del 1967 da parte di certo L. Ambrogi. Qualcuno lo ha già fatto, quindi non è una follia. nella testa mi iniziano a bazzicare strane idee. La via è perfetta: esposta a Nord, massimo V grado e vicina a casa (la benzina costa!). Con la mia incoscienza non ci penso due volte. Butto nello zainetto alla bene e meglio scarpette, magnesite e un litro e mezzo di acqua e parto.

    In mezz’ora di macchina ascolto metà cd dei St.Germain, la loro musica mi ha caricato e infatti l’avvicinamento a piedi nel bosco vola. Il sentiero 186 è completamente immerso in una faggeta, il silenzio che mi circonda mi sospinge e in meno di un’ora arrivo al rifugio Orto Di Donna. Non entro nemmeno. Stendo la camicia fradicia di sudore e mi siedo sulla panchina col tavolo lì fuori. Non ho troppa voglia di farmi vedere nonostante voglia dire alla rifugista dove mi sto dirigendo. Mi siedo e osservo per una decina di minuti le poche persone al rifugio. Per come sono vestito sembro semplicemente un camminatore. Dopo una bella sorsata d’acqua riparto. Rientro dentro la faggeta e appena questa termina, inizio ad attraversare destra. Supero un paio di canali e poi risalgo.

    Ed eccola che spunta. In un corpo senza luce si nota una ferita ancora più buia. Nonostante faccia timore, come un animale curioso mi ci avvicino cortesemente. Intanto la mia testa mi sta mettendo in dubbio: ne sei sicuro? Sei all’altezza? Quando inizi l’unica uscita è la fine. Arrivo a pochi metri dall’attacco e mi siedo ancora a rielaborare tutti i miei dubbi. Alla fine mi cambio le scarpe, ribevo e parto. L’ansia si fa sentire ed è quasi palpabile, infatti qualsiasi cosa tocchi mi sembra impossibile da tenere oppure è rotta. Va bene, ho tutto il pomeriggio per farla. Vado su in contrapposizione e facilmente arrivo al masso incastrato. Ci passo ovviamente sotto e lo rimonto da destra, trovandomi una bella sosta con anello di calata luccicante. Tenendomi alla sosta alzo lo sguardo . La variante sale su per la faccia a sinistra, è una placca leggermente appoggiata che si ricollega al camino fessurato ma sembra non ci sia nulla. la tocco, la salgo pochi metri e poi riscendo. Merda, Non me la sento per nulla.

    L’orgoglio è proprio schifoso, se non gli dai ciò che vuole si autodistrugge facendo molto male. Mi sale l’idea di rigirarmi ma prima di abbandonare dò una possibilità alla via originale. Scendo dal masso e mi inoltro verso al fondo del camino. È umido e nonostante sia luglio c’è molto freddo qui dentro. Appoggio la schiena alla parete e i piedi all’altra. Lo zaino mi rende difficoltosi i movimenti. Mi sembra ancora più pericolosa della variante. Nulla, di qui è anche peggio.

    Sono davanti a due scelte. Il primo tiro era facile, posso disarrampicare e tornarmene a casa tristemente abbattuto. Non voglio demoralizzarmi, per cui ritorno sopra al masso incastrato. So che non è difficile, è solo che la mia testa vuole la totale sicurezza e io l’unica cosa che posso dirgli è che siamo ben al di sotto del mio grado. mi convinco di nuovo a riprovare. Questa volta salgo, ogni movimento è calcolato al millimetro, tocco e suono tutte le prese possibili e immaginabili perché non vorrei in qualche rottura improvvisa della roccia. Per ogni metro percorso recupero fiducia e sicurezza. Ciononostante, appena rientro dentro al diedro, le mie mani si infilano e si incastrano come dei friend all’interno della fessura. La tensione è diventata quella giusta. Di certo non sto arrampicando in modo fluido ma credo sia accettabile per ciò che sto facendo. Qui inizio quasi a divertirmi. È uno stile abbastanza particolare. Si sale un po’ con incastro di mani, un po’ in dulfer e un po’ in contrapposizione. Arrivo credo al passo chiave e qui rallento, anzi mi fermo. Giro lo sguardo per curiosità. La parete si è aperta e mi permette di vedere quasi per intero la Val Serenaia, così bella ma che pian piano sta venendo devastata dalle cave. Ma ora non è il tempo di perdersi a parlare di quello schifo. Devo uscire dalla via!

    La faccia destra del diedro crea una piccola pancia. Le mani sono ben incastrate e ho dei piedi relativamente buoni. Però non so proprio come muovermi. In alto non trovo mani buone e non trovo altri appoggi decenti per i piedi. Col c….o che li spalmo! È solo un passo deciso. Alla fine alzo tantissimo il piede sinistro e lo carico. Le mie mani sono ancora basse ma la mia speranza è che appena alzato riesca a trovare qualcosa di buono da afferrare. Mi isso sulla gamba sinistra e ravano dentro la fessura, eccola! Afferro la presa con la sinistra e sparo immediatamente il piede destro altissimo su un gradone. Mi è sembrato fin troppo fisico questo passaggio, in verità è la testa che non sta lavorando al meglio.

    Sono fuori dalle difficoltà. Ancora qualche movimento in diedro e la fessura si riapre così tanto che si trasforma in un canale che sale verso destra. L’adrenalina che ho in circolo mi fa salire come un forsennato senza nemmeno pormi la possibilità di seguire la variante che prosegue lungo le placche a sinistra. il canale è più facile e più logico, ma è pieno di detriti. Con un piede sfioro un sasso e come un effetto domino fa partire una scarica alquanto enorme. Mi fermo e tremo. Fortunatamente sono da solo, ma se fossi stato in cordata? o se sotto ne fosse arrivata un’altra?

    Vedo la luce, sono in cima. Appena mi affaccio verso il mare mi lascio il permesso di tirare due piccoli urli liberatori, tanto sono da solo. Con la testa e il corpo che si sta rilassando mi siedo e appoggio la schiena contro l’ometto che indica la cima, perdendomi con lo sguardo verso il litorale, navigando scalzo nei miei pensieri. Sono vivo, ovviamente, ma forse non era scontato.

    Ora che le ombre si sono spostate è il momento di scendere; ho ancora molte ore di luce ma voglio tornare a casa e farmi una doccia. Stasera devo uscire con gli amici, ma ciò che ho vissuto oggi non lo dirò a nessuno. Il ritorno dentro al bosco è veloce, sono sereno e con la testa vuota.

    A ripensarci oggi, nonostante quel giorno sia un bel ricordo, capisco di essere stato estremamente sconsiderato.

    #52845
    greg.ped
    Partecipante

    Bel racconto! Sono sempre esperienze molto personali ed intense.

    La sconsideratezza ha un peso che ogni bilancia misura diversamente. La mia bilancia dice che se in quel momento te la sei sentita allora hai fatto bene

     

    #52846
    alberto
    Partecipante

    Bel racconto dove si parla di emozioni e non dei soliti gradi.

    #52847
    GiovanniTecchia
    Amministratore del forum

    Perché tenere vivo il forum? Leggete questo racconto e ecco la risposta.  “In un corpo senza luce si nota una ferita ancora più buia” vale più di tanti scatti tutti uguali. Complimenti all’autore e suggerisco la lettura dell’articolo qui pubblicato da Alberto dal titolo: Alzare l’asticella

    ALZARE L’ ASTICELLA

    PS: l’asticella si può anche abbassare.

    #52853
    alberto
    Partecipante

    l’asticella si può anche abbassare.

    Vero Giovanni.

    Del resto la vita è fatta di stagioni e anche l’alpinismo non fa differenza.  Il tempo passa e ci cambia, nel corpo e nella mente. Le scelta della vita ci possono portare verso altri traguardi. La forza è l’entusiasmo giovanile si affievolisce,  ma se la passione c’è ancora, la montagna si può vivere anche con altri toni. Con note più dolci.  La montagna può ancora dare altri regali che prima, negli anni voraci e ruggenti della giovinezza, non avresti mai pensato di trovare. In fondo cercavi altre cose.

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