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Mettendo da parte per un momento l’ironia voglio spendere qualche parola per coloro che quei fili arrugginiti li hanno faticosamente piantati in buchi scavati (magari a suon di scalpello) in condizioni estreme e luoghi incredibili. A percorrere in lungo e in largo le Apuane si rimane ammutoliti a vedere fin dove si sono spinti i cavatori con i loro attrezzi rudimentali, e non si pu? non pensare a quanta fatica, sudore (e sovente sangue) sono stati versati sui questi monti. Quindi massimo rispetto per chi faceva questa vita per portare a casa la pagnotta in un?epoca in cui il problema ambientale non era ancora un’emergenza.
Al giorno d’oggi, invece, nessun riguardo meritano quei pochi approfittatori (non li chiamo imprenditori perch? non se lo meritano) che, con potenti mezzi tecnologici e nessun rispetto per l’ecosistema e la morfologia della montagna, accumulano profitti devastando e depredando beni che appartengono a tutti come risorse naturali e paesaggio.
Sulle possibilit? di fare qualcosa per la tutela ambientale delle Apuane sono scettico. Gli amministratori locali e gli enti pubblici sono spesso sponsorizzati dai potentati economici capaci di far eleggere e dare incarichi di rilievo a persone di loro fiducia. Poi anche chi parte con i migliori propositi finisce per sacrificare la tutela ambientale al ricatto del PIL e del posto di lavoro.
Per avere la soddisfazione di non veder pi? la faccia di … gomma del Berlusca (sperando che non sia solo una sparizione strategica) siamo dovuti arrivare sull?orlo del fallimento statale. Per vedere un cambiamento di politica ambientale per le apuane ho paura che si dovr? arrivare a qualcosa di altrettanto tragico: una montagna implosa su s? stessa o qualche cataclisma ambientale di fronte a cui nessuno potr? far finta di non vedere. Da noi le cose funzionano cos?: per far s? che le cose cambino bisogna che ci scappi il morto