l’angolo del riccio

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  • #10400
    Anonimo
    Ospite

    azz, sono veramente orgoglioso…ho trovato una frase di Mike Fowler che assomiglia straordinariamente a quanto dicevo prima su oggettivo/soggettivo ;-)

    ?[bolts] do not require any weakness in the rock or any skill to place, and they destroy the traditional challenge of mountaineering? (Mick Fowler, American Alpine Journal, 2000).

    Mike e’ un’attuale pilastro dell’alpinismo anglosassone…a parte spendere tutti i propri fine settimana al Ben Nevis…apre ogni stagione vie da sogno in stile purissimo su colossi Himalayani di 6000m…e non vaghi pendii come i famosi 8000m…pareti vere che fanno ombra alle piu’ famose Nord alpine…con linee (speroni o pareti) di un’estetica impressionante.

    la cosa bella e’ che Mike non e’ un professionista. Mike fa un lavoro come tutti e accumula le ferie…
    Mi raccomando…se avete redditi in UK dichiarateli tutti…Mike fa l’esattore delle imposte e non penso che abbia problemi a raggiungervi in ogni dove :D

    tornando invece alla libera e non…o meglio alle differenti tecniche:
    una volta che abbiamo (mica noi mezze pippe…ma diciamo l’intera comunita’ alpinistica) deciso che ”libera” e’ non appendersi (ai chiodi, ai dadi, al casco martellato in una fessura larga :P)…lo stile di arrampicata mista (uso delle mani o delle picche) viene dettato dal terreno.

    Tradizionalmente (pre ’80) gli europei, o meglio, i “continentali” hanno praticato l’arrampicata mista principalmente in estate in quota…ramponi ai piedi e mani sulla roccia. questo perche’ generalmente la roccia e’ pulita e le mani fanno comodo…ed infatti tradizionalmente anche il terreno misto veniva gradato con i gradi da roccia…

    In Scozia invece l’arrampicata mista la hanno sempre praticata nei loro pessimi inverni. La roccia e’ tutta galavernata e i guanti non li togli manco pagato…ecco perche’ gli scozzesi sono stati i primi ha usare le picche sul misto, o meglio sulla roccia…agganci, torsioni e incastri di lama, martello, paletta, manico!!

    Da noi?…e qui veniamo alla tecnica…da noi in Apuane e sulle Alpi d’inverno quello che a mio avviso conviene e’ una bella tecnica “mista”…se conviene incastro la lama, se conviene tiro/spingo/incastro con la mano.
    In questo non usare le dragonnes (ma gli elastici di collegamento) aiuta parecchio svincolando la mano dall’attrezzo una volta piantato/incastrato/appoggiato…

    Su ghiaccio puro non vedo invece questo vantaggio di svincolare la mano dagli attrezzi. E una bella dragoncina mi permette di usare guanti spessi e non devastarmi le nocche.
    in cascata bisogna picchiare…c’e’ poco da fare, e’ proprio uno sport masculo…accidEnti quenti bei maschioni ci sono in cascata ;-)

    insomma, picche o mani, la tecnica poco importa…ovviamente si usa quella piu’ efficace…e se mi sto per spatafasciare non questiono piu’ di tanto sull’appendermi o meno ad un dadino.

    e questo vale anche per i ramponi!! :P

    il buon Duncan “master of thin ice” Ferguson diceva…”ogni volta che una salita e’ piu’ facile con i ramponi che senza, questa e’ un’ ice-climbing”
    Cercatevi una fotina di Duncan sul web…uno dei climber piu’ stilosi del secolo, sembra vestito con una tutina alla Kill Bill…

    #10402
    Anonimo
    Ospite

    puppasedani ha scritto:

    Da noi?…e qui veniamo alla tecnica…da noi in Apuane e sulle Alpi d’inverno quello che a mio avviso conviene e’ una bella tecnica "mista"…se conviene incastro la lama, se conviene tiro/spingo/incastro con la mano.

    Ecco finalmente la risposta alla mia domanda… che ? quello che mi aspettavo.
    In pratica ? ci? che cerco di fare io, dal mio abisso di ignoranza e pochezza tecnica, nelle rare e facili vie invernali che provo a salire… ;)

    #10409
    alberto
    Partecipante

    davec77 scritto:

    puppasedani ha scritto:
    [quote]Da noi?…e qui veniamo alla tecnica…da noi in Apuane e sulle Alpi d’inverno quello che a mio avviso conviene e’ una bella tecnica "mista"…se conviene incastro la lama, se conviene tiro/spingo/incastro con la mano.

    Ecco finalmente la risposta alla mia domanda… che ? quello che mi aspettavo.
    In pratica ? ci? che cerco di fare io, dal mio abisso di ignoranza e pochezza tecnica, nelle rare e facili vie invernali che provo a salire… ;)[/quote]

    Le picche per come la vedo io vanno intese come un naturale prolungamento delle braccia e della mani e non come oggetti estranei. Oggi come oggi vedo come un nuovo traguardo rifare invernali, magari gi? salite negli anni 60 , appunto rifarle usando il pi? possibile la progresione con gli attrezzi. Attrezzi che grazie alla loro particolare fattura permettono questa tecnica.
    Chiaramente non ? che per forza si deve progredire usando solamente le lame delle picche. La mano a seconda della necessit? si alterna alla becca della picca.
    Quindi la risposta di Puppa…alias…non lo dico neanche sotto tortura…;) mi sembra pi? che ovvia.
    Per? Diventare pradoni della tecnica d’incastro dell’attrezzo sulla roccia e di aggancio sul ghiaccio ad esempio quello cariato o stallattitico di cascata (qui se non agganci rompi tutto)oppure non avere remore nell’agganciare una zolla di paleo indurito dal freddo, credo che sia tutto di guadagnato per l’arrampicatore, altre che a dare una grande soddisfazione nella scalata.

    Quanto a Mike Fowler ? un vero pilastro un punto di riferimento per tutti gli amanti della scalata su misto e degli ambienti selvaggi e di nuove montagne e pareti da salire. Oltre ad essere un vero porta bandiera dell’alpinismo classico inteso come rispetto assoluto di regole quali: non spit, no corde fisse, nel condurre il gioco-sfida tra uomo e montagna

    #10410
    Anonimo
    Ospite

    Anche a me infatti pareva la cosa pi? ovvia…

    In Apuane di agganci di zolle ghiacciate ? capitato di farne persino a me sui gradi "bassi" dove solitamente mi aggiro.
    (Non oso immaginare come diventi sul difficile!)

    #10498
    Anonimo
    Ospite

    come avrete ben capito il grande Jeff Lowe mi sta particolarmente simpatico ;-)

    e quindi vi ricito una suo consiglio parlando di piccole o grandi solitarie…

    ”you must consider every axe placement as a portable belay”

    concetto che in realta’ e’ un po’ piu’ vecchio del buon Jeff.

    Mr. Yvon Chouinard ebbe questo tipo di illuminazione pensando al
    suo pugnale da ghiaccio, ben collegato all’imbrago con un cordino!!!, durante una salita (meta’ ’60) ”front-pointing” della Via Svizzera alle Nord delle Courtes…picca/pugnale come sosta ”portatile” e sopratutto la necessita’ di curvare verso il basso la lama delle picche!!!
    da li’ a qualche anno Yvon oltre a forgiare chiodi crea le prime ”curved axes”, nasce l’alpinismo moderno su ghiaccio…poi fatichera’ non poco a convincere toni gobbi a fabbricare picozze di 55cm e non alpenstock ;-)

    contemporaneamente McInnes in scozia crea il Terrodactyl…40cm di manico e una lama dritta ma a 45gradi con il manico. al tempo il top del top per il misto e il ghiaccio estremo.

    piccola nota locale: il ”nostro” Giustino si fece curvare dai fabbri dell’agip la lama della sua picca in occasione della prima invernale alla Via dei Genovesi al Pizzo, nell’altra mano uno snarg come pugnale…e la Nord delle Courtes la sali’ invece con due Terrors…altro pianeta.

    queste cosine mi venivano in mente ravanando sabato in Apuane…ci fosse stato anche solo un po’ di ghiaccio avrei pensato alle mie picche come a ”portable axe belay”…ghiaccio punto, ma camino stretto…e quindi ho inventato la ”portable bottom belay” :P

    #10509
    alberto
    Partecipante

    quando ho salito il cascatone di "Doccia Fredda" sull’insignificante versante sud-ovest del Fiocca (6 gennaio 1985) avevo una coppia di attrezzi della Stubai modello Messner -Habeler. Il martello denominato "Rupal" e la piccozza "Hidden Peak" .
    Manico rigorosamente dritto di colore verde lunghezza 50 cm becca dritta piuttosto corta 13 cm e inclinata a 45 gradi assomigliavano molto al mitico Terrordactyl dello scozzese Hamish Macinnes.
    Le avevo viste in una foto in mano a R. Messner mentre saliva una cascata sul Kilimangiaro.
    Poco dopo mi procurai una paio di Chacal (martello) e Barracuda (picca) della Simond .
    Manico sempre dritto e pi? corto sui 41 cm , becca un p? pi? lunga sui 16 cm ma con una evidente differenza innovativa aveva una leggera inclinazione a banana.

    #10510
    Anonimo
    Ospite

    eh gia’…e pensa che ora ci sono dei bimbotti che come prima picca della vita cercano le ergo!!
    io metterei per legge due anni obbligatori con i manici dritti ;-)

    almeno io iniziai con le Piranha della Simond…lama a banana ma manici dritti come un fuso…la picca preferita dagli scozzesi negli anni ’90
    ottime in torsione, precise come un bisturi…magari sui cavolfiori c’e’ di meglio ma indubbiamente una gran picca…sicuramente un’ottimo strumento di allenamento per il pugilato a mani nude!!!

    il grande Thierry ”Turbo” Renault ci fece la prima de ”La Dame du Lac”…la piu’ incredibile stalattite che abbia mai visto…la perfezione congelata: 30m sparati di free-standing sopra il cono, chiusi da un medusone strapiombante, e sopra un murone stalattitico…chapeau!!

    e poi una paletta degna di tale nome…ottimamente sfruttata in un dicembre alpino, scavando una truna per due (con la paletta!!!) dopo un’epica ritirata nella tormenta dalla Nord dell’Ailefroide E…900m di parete scesi con qualche chiodino/dado e molta disarrampicata…mai piu’ fast&furious…e in culo alle ristrette finestre di bello.

    sabato avevo i ”Machinodactyls” ;-)
    vecchie Machines accorciate a 42cm causa crepe nel manico…piu’ adatte alla pesca di frodo che ad essere infisse nel ghiaccio…ma tanto ci sarebbe voluto lo scopettone :P

    #10511
    alberto
    Partecipante

    lo scopettone o spazzolone…non saresti il primo ad usarlo.;)

    Vedi Renato Casarotto sulla nord del Pelmo od ancora i fratelli Rusconi sulla nord della Civetta.
    Ma allora erano tempi di abbondante neve fresca:P

    la mia prima piccozza ? stata una normalissima CAMP stile Cassin lunga 70 cm che naturalmente feci tagliare a 55 dal mio caro amico e ottimo meccanico IMBECARO.

    Sui cavolfiori con le picche a manico dritto bisognava andarci cauti pena la fuoriuscita dell’attrezzo , visto l’ottimo braccio di leva e conseguente tuffo:S

    ….le ristrette finestre di bello…vanno prese con le molle;)

    #10515
    alberto
    Partecipante

    dopo le Chacal-Barracuda della Simond e sopratutto dopo averle viste al rif. Savigliano in Val Varaita in mano a G.C. Grassi che mi decant? tutti i loro pregi;) ed io stavo li ad occhi aperti ascoltare quel piccolo……ma immenso alpinista ghiacciatore, mi sono procurato le prime Charlet-Moser sempre a manico dritto, ma decisamente pi? lungo ( Chacal e Barracuda erano troppo corte) e cavo quindi leggere ma con la becca a banana per un ottimo aggancio. Grandi attrezzi con le quali ho salito un gran numero di cascate.

    Naturalmente, visto il manico dritto e impugnatura scarsa, con tanto di dragonne e cordini tira e molla.
    Ma era solamente questione di tempo e testa.:P

    nota:

    di G.C. Grassi ho quel vero e proprio vangelo di "Ghiaccio dell’Ovest" con tanto di dedicata autografata se non ricordo male nell’inverno del 1988 sempre al rif. Savigliano, dopo aver paralto naturalmente di ghiaccio.

    #10536
    alberto
    Partecipante

    "la scalata delle cascate ghiacciate mi ha donato grosse soddisfazioni, riportandomi all’esplorazione in un mondo poco dissimile dal periodo d’oro dell’alpinismo ottocentesco"….

    "vi siete mai chiesti dov’e’ situata la cscata ghiacciata pi? alta d’europa? Sul Monte Bianco e pi? esattamente nella parte superiore del Couloir del Freney, proprio a destra del pilone Gervasutti-Bollini. Nell’estate del 1978 avevo individuato il problena con Gianni Comino, ma fu poi con Renzo e Marco che tornai nel Bianco per trasformare in realt? il mio progetto…..Furono necessarie ben cinque ore per superare cento metri di cascata."….

    "Ci tenevo moltissimo a salire la grande cascata che dal Pian dei Morti scende maestosa a infrangersi sulle rocce nei pressi del Pian della Mussa: Ci tengo a ripetere che m’importava essere il primo a salirla, poich? la cascata rappresentava per me una tappa della strada che mi ero proposto di percorrere fino in fondo. Essa prometteva difficolt? di altissimo livello, incertezza e progressione insicura a causa della sua esposizione ai raggi del sole: poteva essere salita soltanto attraverso una scelta intelligente delle condizioni favorevoli e per questo occorre molta pazienza. Una salita ideale per dimostrare che un felice momento spirituale vale ben pi? della pura forza fisica e limita anche il rischio di pericoli oggettivi…… I ricordi della grande cascata mi sono rimasti impressi nella mente come un incubo: chiodi da ghiaccio piantati nei ciuffi erbosi e quel maledetto tiro finale su una patina ghiacciata fine come polvere, lungo ottanta metri, dei quali trenta percorsi insieme senza assicurazione. Non sentivo pi? Ezio ed ero costretto a inseguirlo in lotta con le lunghe ombre della sera, sconvolto nell’ equilibrio psichico e con uno strano vuoto nella mente, arrampicando come sulla roccia, ma usando le punte degli attrezzi al posto delle dita. Mi chiesi dove saremmo finiti continuando in quel modo. Un "sono fuori" liberatorio mise fine alla mia angoscia e riuscii anche a trovare serenit? per apprezzare il magnifico lavoro fatto da Ezio.
    L’altopiano, gi? preso dall’ombra, assistette unito alla nostra gioia euforica che stranamente riusciva ad avvicinarci, e nello stesso tempo a dividervi, ma io questoi ancora non lo sapevo.
    Da quel giorno non sono pi? riuscito ad arrampicare con "Crazy Horse"….

    G.C. Grassi

    #10539
    Anonimo
    Ospite

    Curiosit?, l’Ezio del racconto di Grassi ? Ezio Marlier?

    #10543
    alberto
    Partecipante

    la prima salita del cascatone del Piano dei Morti al Pian della Mussa risale al 1981 . Se fosse Ezio Marlier allora li porterebbe molto bene i suoi anni.

    No Marlier ? di un’altra epoca molto pi? recente ? poco pi? di un ragazzotto…stagionato.

    Il compagno di Grassi era Ezio Cavallo soprannominato appunto Crazy Horse.

    Ho ripetuto il Cascatone del Piano dei Morti . Una bellissima cascata di dimensioni canadesi un vero viaggio nel ghiaccio verticale.
    Quando l’abbiamo fatto noi le condizioni della cascata erano decisamente migliori rispetto alla salita di Grassi. Si attaccava direttamente su ghiaccio con un gran tirone su candela verticale di 15 metri per poi spostarsi a destra sostando su ghiaccio per poi proseguire nel centro dell’enorme muro di ghiaccio sempre sostando su ghiaccio e scegliendo il percorso un p? a destra un p? a sinistra seguendo una linea indicata dal ghiaccio .

    Eravamo andati per farla anni prima ma una volta sotto, era veramente grossa…..:blush:

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