Re:Etica della Montagna

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#11038
Anonimo
Ospite

I segni per le corse in montagna sono un esempio di una fruizione sempre pi? opportunistica della montagna. Cos? come le reti delle piste da sci che rimangono in piena estate, le tracce dei pic-nic, i rifugi a portata d’auto o, perch? no, le vie di arrampicata plaisir (poco avvicinamento, difficolt? omogenee, protezioni pi? che sufficienti… cos? si pu? portare solo i rinvii ;) ).
Per chi non condivide questa visione pare che sia naturale ergersi a giudice, condannare e scagliare anatemi etichettando i ?colpevoli? come vandali ed invocando un maggiore rispetto in nome di una non meglio definita sacralit? della montagna e di tutto ci? che la riguarda.
Io credo che il rispetto non nasca spontaneo ma sia la conseguenza di un percorso si scoperta, educazione e conoscenza che deve nascere (o essere seminato) nell’individuo e che si sviluppa pi? o meno rigogliosamente secondo la sensibilit? di ognuno.
Per contro penso che commissioni, regole ed organi di controllo non siano altro che la materializzazione del proprio desiderio di imporre agli altri la propria visione della montagna (o del mondo intero). Non ci vogliono pi? regole e controlli, ma pi? cultura e formazione.
Quanti arrampicatori discutono per ore dell’eticit? di chiodatura, protezione e progressione e poi fregarsene a cuor leggero delle piante rupestri che vengono bellamente sbarbate dalle fessure perch? ?sciupano? la via. E’ questa maleducazione? O piuttosto semplice ignoranza?
Io stesso, per pura ignoranza ho fatto cose che con la sensibilit? di oggi giudico ?vandaliche?… eppure nel mentre non ero in grado di valutarle come tali. Sono certo che ancora oggi purtroppo continuo ad avere atteggiamenti e comportamenti che danneggiano quello che mi circonda e sono irrispettosi verso qualcosa e qualcuno.
D’altra parte azzardando, giusto per provocazione, come si decide che andare a giro per monti per svago sia pi? nobile che cavare il marmo? E chi ha il coraggio di sostenere che il David di Michelangiolo o la Torre di Pisa non sia valso il taglio di una cava?
Tante volte si contrappone i ?montanari? ai ?cittadini?. Le esigenze di chi la montagna la vive, (anche suo malgrado), con quelle di chi la sfrutta (magari perfino con piacere)… e spesso tra questi due termini si fa grossissima confusione! Alcuni ?capitalisti idealisti? teorizzano che basterebbe che i civilissimi cittadini ?insegnassero? ai bifolchi indigeni che il parco ? una risorsa… concetto che trovo agghiacciante nelle sue implicazioni di etica sociale, un po’ come esportare la democrazia con la guerra.
Invece di invocare arbitri e giudici, perch? non farsi promotori di quella conoscenza da cui inevitabilmente nasce il rispetto?