Nord del Sagro

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    GiovanniTecchia
    Amministratore del forum

    Riporto questa bella storia affinché non vada persa.

     

    DAI RICORDI DI MIO PADRE RENZO
    51 anni fa’ la prima salita invernale della parete nord de M. Sagro ( Alpi Apuane ).
    Il Sagro ( un tempo chiamato Monte Sacro ) precipita a nord con una grande parete verticale alta circa 350 m.
    Su questa parete sono state aperte sei vie, la prima fu aperta 08-07-1941 dagli Alpinisti Carraresi Ceccatelli, Licata e Faggioni , tutte queste vie aperte sulla parete hanno uno sviluppo sinuoso , perché gli alpinisti sfruttarono i tratti meno impegnativi della parete.
    L’unica via che ha un tracciato diretto alla vetta e quasi interamente su roccia, fu fatta nel 1967 dagli Alpinisti Silvano Bonelli e Fedele Codega . Tutte queste vie sono state aperte nel periodo estivo.
    Durante l’inverno la parete nord diventa un muro di ghiaccio e neve e la sua salita diventa impegnativa e molto pericolosa.
    I primi tentativi di salirla in inverno risalgono agli anni ’70, il primo per opera di due Alpinisti Emiliani e il secondo il 13-01-1970 da parte di 3 Alpinisti Carrarini , che dovettero desistere a causa di un’incidente capitato ad uno dei tre.
    Nei primi di Marzo del ’71 la parete nord era in condizioni ottimali , con ancora un buon innevamento e le temperature erano ancora basse .
    Bonelli , Codega ed io decidemmo di fare un tentativo, di salire la parete, il 07- 03 -1971 alle prime luci dell’alba ataccammo la parete lungo la vecchia Via diretta di Bonelli e Codega , la parete era tutta ricoperta di ghiaccio di fusione e neve e bisognava con prudenza intagliare nel ghiaccio tasselli, per usarli come appigli per le mani. Faceva molto freddo ed il tempo era splendido, Bonelli saliva da primo e ci recuperava assieme . Il progredire era lento , perché a quel tempo la tecnica di “piolet traction” non era ancora stata sviluppata e gli attrezzi erano quelli che erano. Eravamo senza casco perché a quel tempo non usava e per ripararci la testa dalle schegge di ghiaccio che Bonelli faceva cadere , ci riparavamo con lo zaino .Alle ore 13 raggiungemmo l’erta fascia alta una cinquantina di metri, che divide la parete a metà e che d’estate è tutta ricoperta di paleo (tipica erba apuana), ed ora invece era uno scivolo di neve e ghiaccio, la neve era formata da una crosta compatta che al nostro progredire, si spaccava in zolle e da sotto usciva una neve come il polistirolo. La salita si presentava molto pericolosa e decidemmo di scendere a corda doppia , lasciando nel tratto roccioso due corde fisse , perché eravamo intenzionati a tornare , per fare un nuovo tentativo .
    Il 13-03-1971 Io e Bonelli (Codega non venne, perché aveva un impegno di lavoro), alle otto del mattino raggiungemmo la base della Parete Nord e con grande stupore, ci accorgemmo che le corde lasciate in parete nel precedente tentativo erano scomparse sotto uno strato di neve e ghiaccio , Bonelli decise di non tentare la salita e tornammo costeggiando la parete verso il Faneletto. Fatte poche centinaia di metri arrivammo sotto ad un canale verticale, alto una cinquantina di metri , una vera “goulottes” da dove scendevano enormi stalattiti di ghiaccio , che sembravano colonne di marmo , Bonelli decise di tentare la salita della parete da quel canale, il superamento della “goulottes” si dimostrò molto impegnativo, ma Silvano progrediva velocemente , proteggendosi con dei cordini, che avvolgeva alle colonne di ghiaccio come Prussik . La salita proseguiva su pendii ripidissimi di neve , interrotti da piccoli salti di roccia ,che richiedevano grande perizia per superarli ,ad un certo punto una scaglia di ghiaccio mi colpì alla testa , per fortuna era la prima volta che indossavo un casco , la scaglia non mi causò ferite, ma mi strappo il casco dalla testa .
    Nelle soste che facevamo sulla neve , come ancoraggio usavamo dei sacchetti di tela che riempivamo di neve, a cui legavamo un’asola di cordino e li sotterravamo sotto la coltre nevosa e a questi ci autoassicuravamo.
    In alcuni tratti , dove la parete era meno ripida , salivamo a comando alternato e quando toccava a me, andare per primo sceglievo come sosta la base di un salto di roccia, dove scacavo tra neve e roccia una grande tasca dove mi infilavo e a me sembrava di essere nel grembo di mia madre , al sicuro . Nel frattempo le condizioni metereologiche erano peggiorate e iniziò una fitta nevicata e la formazione di nebbia ,che ci limitava la visibilità ad una decina di metri , tutto sommato ero quasi contento della nebbia ,perché nascondeva il grande vuoto sotto i miei piedi ,cercavamo di salire spostandoci spesso verso sinistra , in direzione della vetta . La neve in alcuni tratti era sfondona e molto pericolosa e cercavamo di salire i tratti rocciosi e là dove la neve era più compatta , ad un certo punto una placca di roccia molto esposta interrompeva il pendio e ai lati c’erano due canali con neve marcia , pericolosi da salire , Bonelli decise di forzare direttamente la placca , piantando due chiodi a pressione , la superò con grande fatica , tutto ciò richiese molto tempo, perché i fori dei chiodi erano fatti con martello e bulino . Quando toccò a me superare la placca ebbi conferma della bravura di Silvano .
    La nevicata si intesificava sempre più e a tratti venivamo investiti da slavine , che ci inzuppavano , la salita continuava , su neve e questo ci facilitava il progredire . Alle ore 15 ero in testa alla cordata e ad un certo punto intravidi sopra di me un’enorme cornice di neve che sporgeva per alcuni metri dalla parete , con solievo gridai a Silvano che forse avevamo raggiunto la Cresta sommitale , recuperai Bonelli che sotto la cornice cominciò a scavare un cunicolo nella neve e presto scomparve dalla mia vista per una ventina di minuti, poi mi accorsi che stava recuperando la corda che ci legava , segno che era fuori dalla cornice. Iniziai anche io la risalita del cunicolo e Bonelli aiutandomi con la corda mi stappo come un tappo , eravamo a poche decine di metri dalla vetta , era la quarta volta che arrivavo in vetta dalla parete nord , la prima volta con Bonelli lungo la sua via per la prima ripetizione , la seconda volta sempre per la Via diretta con Codega e la terza volta per una variante, che metteva in comunicazione la via diretta con lo spigolo est, con Petriccioli e Sasso , ma sempre d’estate , invece quel giorno era la prima volta che una cordata arrivava in vetta ,superando la parete Nord d’inverno. Iniziammo a scendere il versante a mare del Sagro, la visibilità era scarsissima e scendeva fitta la neve , ad un certo punto udimmo provenire dal basso dei richiami e giunti in prossimità dei Capanni del Sagro , incontrammo due persone ,erano quelli che gridavano , gli amici Fausto Pregliasco e Franco Piastra , che ci erano venuti incontro. Arrivati al Rifugio di Campocecina , molti amici ci stavano aspettando e ci fu grande festa .
    La Parete Nord era vinta . Negli anni ’90 ci fu un tentativo di ripetizione della invernale della Parete Nord , ma si concluse tragicamente con la morte di uno di questi .
    Un consiglio che voglio rivolgere agli alpinisti, intenzionati a ripetere d’inverno la parete Nord , ricordo che sulle Apuane ci sono molte vie sicure e belle, la Parete Nord del Sagro è molto pericolosa , difficile e anche per dei bravi e coraggiosi alpinisti può essere fatale .
    Questo ricordo è dedicato a Bonelli ,Codega e Carozzi (Righe’), miei Maestri , che mi hanno insegnato a superare le difficoltà della montagna in sicurezza .

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