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14 Marzo 2023 alle 15:54 #52725GiovanniTecchiaAmministratore del forum
Riporto questa bella storia affinché non vada persa.
DAI RICORDI DI MIO PADRE RENZO
51 anni fa’ la prima salita invernale della parete nord de M. Sagro ( Alpi Apuane ).
Il Sagro ( un tempo chiamato Monte Sacro ) precipita a nord con una grande parete verticale alta circa 350 m.
Su questa parete sono state aperte sei vie, la prima fu aperta 08-07-1941 dagli Alpinisti Carraresi Ceccatelli, Licata e Faggioni , tutte queste vie aperte sulla parete hanno uno sviluppo sinuoso , perché gli alpinisti sfruttarono i tratti meno impegnativi della parete.
L’unica via che ha un tracciato diretto alla vetta e quasi interamente su roccia, fu fatta nel 1967 dagli Alpinisti Silvano Bonelli e Fedele Codega . Tutte queste vie sono state aperte nel periodo estivo.
Durante l’inverno la parete nord diventa un muro di ghiaccio e neve e la sua salita diventa impegnativa e molto pericolosa.
I primi tentativi di salirla in inverno risalgono agli anni ’70, il primo per opera di due Alpinisti Emiliani e il secondo il 13-01-1970 da parte di 3 Alpinisti Carrarini , che dovettero desistere a causa di un’incidente capitato ad uno dei tre.
Nei primi di Marzo del ’71 la parete nord era in condizioni ottimali , con ancora un buon innevamento e le temperature erano ancora basse .
Bonelli , Codega ed io decidemmo di fare un tentativo, di salire la parete, il 07- 03 -1971 alle prime luci dell’alba ataccammo la parete lungo la vecchia Via diretta di Bonelli e Codega , la parete era tutta ricoperta di ghiaccio di fusione e neve e bisognava con prudenza intagliare nel ghiaccio tasselli, per usarli come appigli per le mani. Faceva molto freddo ed il tempo era splendido, Bonelli saliva da primo e ci recuperava assieme . Il progredire era lento , perché a quel tempo la tecnica di “piolet traction” non era ancora stata sviluppata e gli attrezzi erano quelli che erano. Eravamo senza casco perché a quel tempo non usava e per ripararci la testa dalle schegge di ghiaccio che Bonelli faceva cadere , ci riparavamo con lo zaino .Alle ore 13 raggiungemmo l’erta fascia alta una cinquantina di metri, che divide la parete a metà e che d’estate è tutta ricoperta di paleo (tipica erba apuana), ed ora invece era uno scivolo di neve e ghiaccio, la neve era formata da una crosta compatta che al nostro progredire, si spaccava in zolle e da sotto usciva una neve come il polistirolo. La salita si presentava molto pericolosa e decidemmo di scendere a corda doppia , lasciando nel tratto roccioso due corde fisse , perché eravamo intenzionati a tornare , per fare un nuovo tentativo .
Il 13-03-1971 Io e Bonelli (Codega non venne, perché aveva un impegno di lavoro), alle otto del mattino raggiungemmo la base della Parete Nord e con grande stupore, ci accorgemmo che le corde lasciate in parete nel precedente tentativo erano scomparse sotto uno strato di neve e ghiaccio , Bonelli decise di non tentare la salita e tornammo costeggiando la parete verso il Faneletto. Fatte poche centinaia di metri arrivammo sotto ad un canale verticale, alto una cinquantina di metri , una vera “goulottes” da dove scendevano enormi stalattiti di ghiaccio , che sembravano colonne di marmo , Bonelli decise di tentare la salita della parete da quel canale, il superamento della “goulottes” si dimostrò molto impegnativo, ma Silvano progrediva velocemente , proteggendosi con dei cordini, che avvolgeva alle colonne di ghiaccio come Prussik . La salita proseguiva su pendii ripidissimi di neve , interrotti da piccoli salti di roccia ,che richiedevano grande perizia per superarli ,ad un certo punto una scaglia di ghiaccio mi colpì alla testa , per fortuna era la prima volta che indossavo un casco , la scaglia non mi causò ferite, ma mi strappo il casco dalla testa .
Nelle soste che facevamo sulla neve , come ancoraggio usavamo dei sacchetti di tela che riempivamo di neve, a cui legavamo un’asola di cordino e li sotterravamo sotto la coltre nevosa e a questi ci autoassicuravamo.
In alcuni tratti , dove la parete era meno ripida , salivamo a comando alternato e quando toccava a me, andare per primo sceglievo come sosta la base di un salto di roccia, dove scacavo tra neve e roccia una grande tasca dove mi infilavo e a me sembrava di essere nel grembo di mia madre , al sicuro . Nel frattempo le condizioni metereologiche erano peggiorate e iniziò una fitta nevicata e la formazione di nebbia ,che ci limitava la visibilità ad una decina di metri , tutto sommato ero quasi contento della nebbia ,perché nascondeva il grande vuoto sotto i miei piedi ,cercavamo di salire spostandoci spesso verso sinistra , in direzione della vetta . La neve in alcuni tratti era sfondona e molto pericolosa e cercavamo di salire i tratti rocciosi e là dove la neve era più compatta , ad un certo punto una placca di roccia molto esposta interrompeva il pendio e ai lati c’erano due canali con neve marcia , pericolosi da salire , Bonelli decise di forzare direttamente la placca , piantando due chiodi a pressione , la superò con grande fatica , tutto ciò richiese molto tempo, perché i fori dei chiodi erano fatti con martello e bulino . Quando toccò a me superare la placca ebbi conferma della bravura di Silvano .
La nevicata si intesificava sempre più e a tratti venivamo investiti da slavine , che ci inzuppavano , la salita continuava , su neve e questo ci facilitava il progredire . Alle ore 15 ero in testa alla cordata e ad un certo punto intravidi sopra di me un’enorme cornice di neve che sporgeva per alcuni metri dalla parete , con solievo gridai a Silvano che forse avevamo raggiunto la Cresta sommitale , recuperai Bonelli che sotto la cornice cominciò a scavare un cunicolo nella neve e presto scomparve dalla mia vista per una ventina di minuti, poi mi accorsi che stava recuperando la corda che ci legava , segno che era fuori dalla cornice. Iniziai anche io la risalita del cunicolo e Bonelli aiutandomi con la corda mi stappo come un tappo , eravamo a poche decine di metri dalla vetta , era la quarta volta che arrivavo in vetta dalla parete nord , la prima volta con Bonelli lungo la sua via per la prima ripetizione , la seconda volta sempre per la Via diretta con Codega e la terza volta per una variante, che metteva in comunicazione la via diretta con lo spigolo est, con Petriccioli e Sasso , ma sempre d’estate , invece quel giorno era la prima volta che una cordata arrivava in vetta ,superando la parete Nord d’inverno. Iniziammo a scendere il versante a mare del Sagro, la visibilità era scarsissima e scendeva fitta la neve , ad un certo punto udimmo provenire dal basso dei richiami e giunti in prossimità dei Capanni del Sagro , incontrammo due persone ,erano quelli che gridavano , gli amici Fausto Pregliasco e Franco Piastra , che ci erano venuti incontro. Arrivati al Rifugio di Campocecina , molti amici ci stavano aspettando e ci fu grande festa .
La Parete Nord era vinta . Negli anni ’90 ci fu un tentativo di ripetizione della invernale della Parete Nord , ma si concluse tragicamente con la morte di uno di questi .
Un consiglio che voglio rivolgere agli alpinisti, intenzionati a ripetere d’inverno la parete Nord , ricordo che sulle Apuane ci sono molte vie sicure e belle, la Parete Nord del Sagro è molto pericolosa , difficile e anche per dei bravi e coraggiosi alpinisti può essere fatale .
Questo ricordo è dedicato a Bonelli ,Codega e Carozzi (Righe’), miei Maestri , che mi hanno insegnato a superare le difficoltà della montagna in sicurezza . -
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