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  • Questo topic ha 6 risposte, 1 partecipante ed è stato aggiornato l'ultima volta 5 anni fa da alberto.
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  • #51377
    alberto
    Partecipante

    Alessandro Gogna

    12 aprile , salii in Apuane la parete sud-ovest del Monte Nona per la via nuova che nel frattempo Agostino Bresciani e Mario Piotti avevano da poco aperto, la via Licia (3a ripetizione).

    #51378
    alberto
    Partecipante

    di Alessandro Gogna

     

    “Il 5 gennaio 1969 andai in Apuane per una coppia di giorni, con la solita partenza da Genova antelucana. Con Alba Coronzu, Lino Calcagno e Nello Tasso affrontammo la parete est del Monte Pisanino 1946 m. L’avevano salita otto anni prima (12 marzo 1961) Euro Montagna, G. Piombo e S. Rinaldi. In seguito, Dai miei appunti, e quasi casualmente, ho scoperto chi ne ha fatto la seconda salita: marzo 1963, Eugenio Vaccari e Piergiorgio Ravajoni. Dunque, noi eravamo i terzi. Con i suoi 850 metri di dislivello era una delle pareti più temute delle Apuane in veste invernale.”

     

    “Il 19 gennaio ancora Apuane, questa volta con Vittorio Pescia. Dopo una notte comoda in qualche pensioncina di Gramolazzo (o Gorfigliano), andammo lungo il vallone dell’Arnétola a fare una ricognizione fino alla base della parete nord del Monte Alto di Sella. Questa parete non era mai stata salita, il tempo era buono, ma il mio compagno non era in forma e, dopo una lunghezza, fummo costretti a tornare indietro. Tanto per fare qualcosa, ripiegammo sulla cresta nord-est. Questa non era mai stata salita se non per il suo terzo superiore (Emilio Questa e M. Corti, 15 maggio 1904). La salita integrale e d’inverno era un bel bocconcino ma anche questo ci sfuggì per la febbre che debilitava Vittorio. Quattro anni dopo questi ci tornò e riuscì a fare quella bella salita con Lorenzo Pomodoro, 11 febbraio 1973.”

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    #51380
    alberto
    Partecipante

    Di Alessandro Gogna:

     

    “Poi, l’11 settembre 1966, è la volta della parete ovest-sud-ovest del Monte Nona, nelle Alpi Apuane, terza ripetizione, con Gianni Calcagno.

    Già da tempo volevo cimentarmi con questa salita. Gianluigi ed Eugenio Vaccari, Piergiorgio Ravaioni e Piero Villaggio ci avevano lavorato tanto sopra, per attrezzarla: poi finalmente i due fratelli l’avevano terminata dal 21 al 23 maggio 1966. C’era stata subito la prima ripetizione, quella di Mario Verin e Giustino Crescimbeni, il 2 giugno. Il 10 settembre parto tardissimo da Genova con Gianni: arriviamo al rifugio Forte dei Marmi, proprio sotto alla parete, all’1.40, dopo una marcia notturna da Stazzema veramente tirata. Ci mettiamo a dormire svegliando tutti…

    Sveglia alle 5.40. Al rifugio sanno già tutti che vogliamo fare “la parete”. E noi veniamo a sapere che due giorni fa c’è stata la 2a ripetizione, quella del custode del rifugio Gabriello Barsi e di Tullia Bertolini, il 9 settembre (prima femminile). Loro hanno impiegato una quindicina di ore.

    Salutati da tutti (lì l’ambiente è davvero simpatico), partiamo. Ci leghiamo a 10 metri da terra e io parto per il primo tiro, che ha un passaggio di V. Poi va avanti Gianni e inizia l’artificiale, un chiodo via l’altro. Io poi lo raggiungo. La scalata assume un ritmo veloce, riparto io per il terzo tiro che, come il quarto, il quinto e il sesto, sono completamente in artificiale (A1 e AE). Così arriviamo sulla “cengia”. Da qui riparto io, dopo aver lasciato le firme sul foglio in un vasetto rosso. Vado su per un diedrino, dove occorre salire su un alberello non del tutto solido. Ma poi aggancio il primo chiodo e sono più tranquillo. Qualche metro di libera e arrivo alla sosta, incastrato tra la parete e un bel masso staccato. Gianni prosegue.

    Qui l’artificiale è più difficile, ma proseguiamo bene. L’ultimo tiro, il nono, me lo faccio e così esco dalla parete, seguito poco dopo da Gianni. Abbiamo impiegato sette ore. E’ il record!

    Il sole, il tanto temuto sole, compare ora. Abbiamo avuto caldo, ma senza il sole abbiamo evitato il peggio. A noi non è successo quello che invece è capitato ai primi salitori, che si sono dovuti fermare per il caldo estremo.

    Per una cengetta erbosa usciamo a sinistra e per un gran canalone erboso andiamo verso la vetta, che raggiungiamo alle 15.30. Da lì scendiamo per erba a sud fino al Callare di Matanna; e da lì ancora, sotto un caldo soffocante, torniamo al rifugio. Lì complimenti, alpinisti che chiedono informazioni sulla parete, gente che ci loda. Oggi abbiamo dato notevole spettacolo.

    Quando riusciamo a liberarci scendiamo verso Stazzema. E’ presto, ce la prendiamo comoda. Come pacifici turisti, scendiamo un pezzetto con la macchina, poi ci fermiamo a mangiare e a cambiarci. Sereni nell’animo, ci prepariamo alle code di La Spezia e di Nervi.”

    #51381
    alberto
    Partecipante

    di Alessandro Gogna:

    Solamente il 30 gennaio è la volta di una bellissima ascensione. Con la solita partenza da Genova a ore improponibili, la nostra numerosa compagnia sale la Cresta della Mirandola al Monte Pisanino, nelle Alpi Apuane, con neve ottima. Ero legato con Ferruccio Jöchler, ma dietro di noi salivano pure i fratelli Calcagno, Gianluigi Vaccari, Giorgio Vassallo, Giorgio Coluccini e Maria Vittoria Elena. Diciamo che è la mia prima vera salita su difficoltà mista neve-roccia, affrontata non come banco di prova ma come occasione effettiva di miglioramento tecnico.

    Il 6 febbraio 1966, ancora Apuane: con i fratelli Calcagno e Gianfranco Negro traversiamo con parecchia neve la Cresta Garnerone e, sempre per cresta (via Questa-Barabino) al Monte Grondìlice.

    Con la memoria ben chiara di quanto letto sul mitico Dove la parete strapiomba di Riccardo Cassin, Scabbia ed io salimmo la via Cassin-Dell’Oro al Medale (9 febbraio): anche se lucido già allora per gli innumerevoli passaggi, il famoso traverso conservava il suo smalto.

    Il 14 febbraio 1966, con Sandro Balestri e Giovanni Scabbia, vado a ritentare la prima invernale del Pilastro sud-est della Pania Secca. Dopo un bivacco ancora prima dell’attacco, qui ben raccontato da Giovanni, arriviamo alle prime rocce e attacchiamo. Per fare 150 metri impieghiamo 9 (nove) ore, dunque desistiamo scendendo in doppie. Ove si impara che per fare le invernali ci devono essere le “condizioni”.

    #51382
    alberto
    Partecipante

    Di Alessandro Gogna:

    “Circa una ventina di anni fa mi trovai a salire da solo la parete sud del Monte Altissimo, per una via difficile di Angelo Nerli e compagni. C’erano alcuni passaggi dove la prudenza voleva che salissi autoassicurato, così avevo con me la corda, l’imbragatura e i moschettoni. Risolsi abbastanza velocemente la via, in cima il panorama era grandioso ma un po’ cupo per via del cielo nuvoloso. Decisi di non scendere verso il Passo degli Uncini perché mi ero incuriosito a leggere di uno strano percorso che già la guida di Angelo Nerli sconsigliava già nel 1979 per via delle cattive condizioni in cui versava: il percorso dei “Tavoloni”.

    Scesi così al Passo di Vaso Tondo, poi per un sentierino veramente esposto, per lo più intagliato nella roccia viva, scesi alla grandiosa Cava della Tacca Bianca, completamente abbandonata, caratterizzata da un antro artificiale gigantesco. Questa cava è a picco su una parete verticale che precipita al di sotto per almeno 2-300 metri, un luogo che, per la sua solitudine e per le reminiscenze michelangiolesche, mi mise i brividi.”

    #51383
    alberto
    Partecipante

    La parete sud del Monte Altissimo, con il mio percorso (31 ottobre 1993) di salita per la via Nerli, discesa al Passo di Vaso Tondo, discesa alla Cava di Tacca Bianca, Sentiero dei Tavoloni (in rosso) fino alla Cava dei Colonnoni

    La parete sud del Monte Altissimo, con il mio percorso (31 ottobre 1993) di salita per la via Nerli, discesa al Passo di Vaso Tondo, discesa alla Cava di Tacca Bianca, Sentiero dei Tavoloni (in rosso) fino alla Cava dei Colonnoni

     

    Il percorso in solitaria di Gogna sulla sud dell’Altissimo

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    #51385
    alberto
    Partecipante

    Gogna e compagni sulla est del Pisanino

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