L’eremo di San Alberico


 L’Eremo

L’ Eremo di S. Alberico si trova nell’ Appennino Romagnolo a 1.140 metri di altezza vicino alla località delle Balze (1096 m. s.l.m.): è immerso nel verde della foresta e lo si può raggiungere solo a piedi (in realtà c’ è una strada sterrata che partendo da un’ altra zona vi arriva molto vicino ma io non la conosco e non la citerò, inoltre credo che arrivarci a piedi sia tutt’ altra esperienza) . Prima di parlare dell’ escursione specifichiamo dove si trova Balze e come fare per arrivarci: il paese è posto ai piedi del Monte Fumaiolo, dove si trovano le Sorgenti del Tevere, e trae il suo nome da alcune rupi rocciose che lo sovrastano; lo si può raggiungere facilmente dall’ uscita di Verghereto della superstrada Orte – Ravenna. Per chi provenga dalla zona di Pistoia – Firenze il percorso è il seguente: Autostrada del Sole fino al casello di Arezzo, da qui andare verso la città da dove si prende la strada in direzione di Sansepolcro; giunti nella città di Piero della Francesca ci si può immettere sulla Orte – Ravenna per uscire a Verghereto e da qui alle Balze, il paese posto più in alto di tutto l’ Appennino romagnolo.


 La tibia di S. Alberico

Nel borgo si trova la Pieve di S. Maria Assunta, di struttura settecentesca, che conserva una terracotta attribuita alla scuola di Giovanni della Robbia e la “Madonna col Bambino tra S. Giovanni Battista e S. Antonio Abate” della scuola di Benedetto Buglioni, altorilievo posto sopra l’altare maggiore a ricordo della miracolosa apparizione della Vergine avvenuta il 17 luglio 1494; il paese sorse poi intorno al luogo della apparizione e tale evento viene ricordato il 17 luglio di ogni anno con una fiaccolata notturna. Dopo aver parlato del bel paese delle Balze, veniamo ora all’escursione vera e propria: lasciata l’ auto ci inoltriamo sul sentiero che segnala il percorso per l’ Eremo (cartello posto sul lato strada che guarda il monte).


La statua del Santo

Tale sentiero, ai lati del quale ogni tanto si incontrano caratteristiche marginette, si snoda su una mulattiera fatta costruire dal Granduca Leopoldo di Toscana per una grazia ricevuta: si parla di Granduca di Toscana perché è bene ricordare, a chi non lo sapesse, che questa zona, compreso il Monte Fumaiolo e la Sorgente del Tevere, fino agli Venti del XX sec. si trovava in territorio toscano fino agli Venti del XX sec. quando Mussolini, nato in Romagna nella vicina Predappio, decise di spostare il confine in modo tale che il Tevere (Fiume sacro ai destini di Roma come recita la stele di epoca fascista posta alla sorgenti del fiume) avesse origine nella sua terra. Come detto il sentiero percorre questa mulattiera immersa nel bosco: dopo una erta salita, il percorso si fa pianeggiante per poi scendere verso l’ eremo, situato a 1.140 metri di altezza s.l.m., fra il Monte Aquilone (m.1355) e il Poggio dei Sette Faggi (m.1286), dove giungiamo dopo circa 1 h. di cammino.


La fonte

L’ eremo è l’ unico rimasto di tutta una zona che intorno al Mille ne contava diversi con varie Comunità religiose: è immerso nel bosco e nei suoi pressi si trova una fresca sorgente; è dedicato a S. Alberico (nobile toscano del VI sec.) ma si dice che sia stato costruito da S. Romualdo poco prima dell’ anno Mille vicino ad una sorgente (che c’ è ancora) che si dice avesse ( e lo si ritiene ancora oggi) poteri taumaturgici. S. Alberico era nato in Francia nel 1050 e fu cofondatore e secondo abate del famoso monastero cistercense di Citeaux, a sud di Digione. Entrò nella storia dell’ ordine come colui che determinò la struttura interna del monastero della riforma; fu sempre Alberico a stabilire le prime regole sulla vita conventuale del futuro ordine cistercense, tanto da essere considerato l’ effettivo legislatore dell’ ordine. La vita conventuale a Citeaux era iniziata con il primo abate, Roberto di Moleste, ma trovò una sua sistemazione definitiva soltanto con il terzo abate, Stefano Harding.


Il cartello indicatore alle Balze

A passare alla storia come secondo fondatore dell’ ordine cistercense fu poi il celebre dottore della Chiesa Bernardo di Clairvaux. Alberico morì il 26 gennaio 1109 a Citeaux e la chiesa lo commemora proprio il 26 gennaio giorno della sua morte. Dopo queste notizie sul santo al quale è dedicato l’ eremo, veniamo ora a parlare dell’ edificio: dopo essere stato abitato fino al 1400, 1500 la costruzione cadde in rovina e rischiava di sparire del tutto quando agli inizi del 1900 il parroco delle Balze, Don Francesco Dezzi (Don Checco) , lo restaurò per condurvi una vita di penitenza e di preghiera. Però colui che riportò l’ eremo al suo antico splendore fu senza dubbio Don Quintino Sicuro: nativo di Lecce, sottufficiale della Guardia di Finanza, lasciò la divisa e si fece prete; capitato per caso da queste parti, si innamorò dell’ eremo e decise di vivervi da eremita.


Altra immagine dell’Eremo

Vi arrivò nel 1954, quando l’ edificio era cadente e abbandonato: in pochi anni lo ricostruì e lo ampliò facendone un luogo di preghiera e di meditazione nel bel mezzo della foresta. Nel 1962 venne a dargli una mano il suo conterraneo Fratel Vincenzo Minutello e i due condussero vita comunitaria fino al 1968, anno in cui Don Quintino morì colto da infarto mentre si stava recando a celebrare messa sul Monte Funaiolo (come mi ha raccontato personalmente Fratel Vincenzo): ora Don Sicuro riposa in un grande masso di arenaria scavato da lui stesso proprio di fronte all’ingresso della chiesa. All’ eremo ci accoglie Fratel Vincenzo Minutello, caratteristica figura di asceta con la lunga barba che lo contraddistingue: come lui stesso mi ha detto, non è sacerdote perché non ha mai preso i voti; è, quindi, un fratello laico ma visto il suo attaccamento all’eremo credo che questo conti molto poco.


L’interno della chiesa

Vi vive in solitudine dal 1968 ed ha mantenuto tutta la costruzione e l’ ambiente circostante in perfetta efficienza: quando sono venuto io nel maggio 2002 stava trasportando con una carriola alcuni grossi sassi per risistemare il sentiero, per cui lode a fratel Vincenzo e alla sua grande fede. Al centro della chiesa è posto l’ altare maggiore che la tradizione vuole sia ricavato dal masso che costituiva il letto di S. Alberico; sulla parte sinistra, sopra un piccolo altare, è custodita una teca che contiene una tibia di S. Alberico che sempre la tradizione vuole abbia poteri taumaturgici per i dolori delle ossa, le ernie e le malattie intestinali: molte sono le persone che vi appoggiano le parti malate con la speranza di guarire, soprattutto il 29 Agosto di ogni anno, quando si celebra la Festa dell’ Eremo. Dopo aver goduto di qualche attimo di pace e di serenità, possiamo salutare Fratel Vincenzo e intraprendere il percorso inverso che ci riporterà alla Balze in 45 minuti di cammino, per un tempo totale di escursione di 1 h. e 45 minuti; vista la lontananza della località (sempre parlando di chi risieda nella zona Pistoia – Firenze) questa escursione la si può abbinare con quella per le Sorgenti del Tevere che sono distanti pochi km.: praticamente in 3 h. si possono fare tutte e due le escursioni.


Una marginetta lungo il sentiero

Curiosità – Per acquisire conoscenze che accrescano la nostra cultura, ritengo fare cosa utile pubblicare quello che riporta su S. Alberico il “Dizionario Corografico della Toscana” scritto nel 1855 dal cav. Repetti: si tratta di un libro eccezionale che tratta della nostra regione e dei suoi luoghi in rigoroso ordine alfabetico e con grande approfondimento. Il linguaggio è quello di 150 anni fa (siamo nel Granducato di Toscana!) ma affascina ancora oggi. (NDR Ricordiamo che Sant’Alberico al tempo in cui è stato stampato questo libro si trovava in Toscana, fu Mussolini che spostò il confine). Cella S. Alberico nella Valle del Savio in Romagna – Casale con chiesa parrocchiale già monastero (S. Giov. Battista), ora detto alle capanne, ed anticamente "inter ambas paras",perchè situato fra due torrenti Para, nella comunità e circa 6 miglia a levante di Verghereto, giurisdizione di bagno, diocesi di Sarsina, compartimento di Firenze. Trovasi sull’estremo confine orientale del Granducato nell’Appennino più aspro e più deserto, fra estese e nude praterie naturali, cui fanno corona dal lato di levante estese abetine, dalla parte di ponente la Faggiuola della Cella, dirimpetto a libeccio i Sassoni del monte Fumajolo ed ad ostro quello dell’Aquilone dalle cui balze meridionali scaturiscono le prime vene del fiume Tevere.


L’eremita Fratel Vincenzo Minutello

Alquanto a ostro della cura di S. Giov: Battista delle Capanne esiste l’antico monastero della Cella S. Alberico, fondato nel secolo XI dal primo santo eremita di Camaldoli. Quali fossero i confini della Cella di S. Alberico può dedursi da due documenti pubblicati dagli Annalisti Camaldolesi, il primo de’ quali del 1198 tratta di una donazione fatta al detto monastero di tutte le selve e praterie a partire da Vessa a Monte Giusto e dalla Serra sino al Monte Ocri. Più distintamente furono specificati i confini del detto podere da una convenzione stipulata il 10 ottobre del 1350 fra un nipote di Uguccione della Faggiuola per sè e per tutti i nobili Faggiuolani, ed i monaci del monastero della Cella S. Alberico, rappresentati dal loro priore. La parrocchia di San Giov. Battista alla Cella di S. Alberico nel 1845 contava 126 popolani.