Gli antichi tracciati stradali

 

Nonostante gli occasionali ritrovamenti paleolitici ed etruschi, le condizioni climatiche e le aspre morfologie del settore orientale dell’Appennino ligure e parmense non hanno storicamente favorito gli insediamenti e l’apertura di direttrici importanti. Nella vicina valle del Taro, del resto, transitava una più agevole via di collegamento tra la pianura e la Lunigiana, che fu percorsa da Galli e Romani ed ebbe grande rilievo durante il Medioevo. La Regione Emilia-Romagna pubblica una interessante cartina della Via Francigena in terra emiliana sino ai confini con la Lunigiana. I punti di entrata sono due: il passo del Bratello e quello della Cisa [V. mappa da www.regione.emilia-romagna.it], ai quali io aggiungo il passo del Cirone e quello del Lagastrello non sulla via Francigena ma sulla strada Lombarda e sulla via del Sale. Le valli del Parma, del Bratica e del Cedra entrano a pieno titolo nella storia attraverso alcune istituzioni feudali segnate da una forte autonomia: le Valli dei Cavalieri, la Contea di Corniglio e la originale forma di autogoverno delle Corti di Monchio. La prima, che comprendeva la reggiana valle dell’Enza e la parte inferiore di quella del Cedra, era soggetta ai vescovi di Parma, ma per la posizione eccentrica rispetto alla cittá finí per essere governata da feudatari locali sino al 1448 allorché gli Estensi si impadronirono di Reggio. Una vicenda analoga ebbe il feudo di Corniglio, poi trasformato in contea dai Rossi, signori di Parma. Situato in posizione strategica lungo una delle rare e impervie strade di questo territorio, quella del passo di Cirone, Corniglio si trova giá citato in un documento dell’894 come Curtem de Cornialum in finibus Tusciae. Le due direttrici che biforcavano a Fiorenzuola, raggiunti i passi del Brattello o della Cisa, dovevano ricongiungersi a Pontremoli con strade lunghe e tormentate attraverso boschi continui e umidi dai rivi sassosi. Il Castello di Grondola sorveglia la strada del Brattello, Migneno quella della Cisa e Arzengio quella del Cirone. La Via Francigena, é una fra le maggiori strade percorse dall’antichità, che nel Medioevo costituì un’importante arteria di comunicazione che servì a unire e far comunicare le differenti culture d’Europa. Sono passati da noi eserciti e viandanti, soldati e commercianti, santi e imperatori. Tutti, da diverse origini, da differenti direzioni, percorrendo varianti e scorciatoie, ma tutti sono passati per la Lunigiana. É passato dalla Lunigiana anche Sigerico, Arcivescovo di Canterburry nel primo millennio. Non se ne parla molto di questa regione, dei suoi costumi e delle sue vicende storiche, passiamo spesso inosservati, ma abbiamo anche noi una nostra identità. Qui si incontravano incontravano proveniente da destra l’antica Via Genovese che scendeva della Foce dei tre confini, sotto il monte Gottero m 1639 s.l.m.,o dal Passo dei due Santi, m 1391 s.l.m., raggiungendo Adelano di Zeri, Patigno fino a Pontremoli; e sempre a Pontremoli da sinistra affluiva la strada lombarda che scendeva da Arzengio, da Valdantena, dal P.sso del Cirone. Più a valle verso Filattiera la via Francigena biforcava sulla sinistra con la Via dell’Appennino, scorciatoia per il Reggiano e per la Garfagnana, che per il traffico del contrabbando montano, era detta la Via del Sale. Filattiera, centro romano e longobardo, per la sua antica Pieve di Sorano e per la residenza dei Malaspina ramo spino fiorito, si troverà al centro di un impotante traffico trasversale di fondo valle. I toponimi del comune di Filattiera impegnarono seriamente, Pietro Settimio Pasquali che ha indagato sulle tracce liguri, etrusche, galliche, bizzantine e latine rimaste nella toponomastica del territorio studiato nel susseguirsi dei domini dei vari popoli che nell’Alta Lunigiana e nelle restanti parti di esso si stabilirono. Da Filattiera la Via Francigena non scende a Villafranca, ma si tiene sui contrafforti preapenninici e passando sotto il castello di Malgrate, attraversa la pianura sino a Virgoletta e passando da Vallescura scende a Terrarossa. Da Villafranca a Terrarossa la zona lungo il Magra é scabrosa, il fiume é intanagliato nella montagna ed era insicuro l’addentrarsi causa il banditismo.

 

Strade montane e maestá.
La vita quotidiana dei montanari di queste valli, dura come nel resto dell’Appennino, é proseguita per secoli in un tranquillo isolamento, che offriva agli abitanti anche innegabili vantaggi: l’asperitá dei luoghi e i prolungati inverni, ad esempio, scoraggiavano invasioni e scorrerie e l’autonomia goduta dal territorio permetteva di contenere i tributi e rendeva piú facile il contrabbando con la Toscana e i possedimenti estensi. I sentieri verso il crinale, percorsi da pastori e greggi e da chi si avventurava sul versante opposto per scambiare i prodotti delle valli, erano costellati di immagini sacre scolpite in lastre di marmo bianco e incorniciate da decorazioni in arenaria. In tutto il territorio dell’Appennino le maestá sono particolarmente numerose, anche se spesso dimenticate e ricoperte di muschi e licheni, e si incontrano un po’ ovunque, a lato delle strade, inserite nei massi erratici, lungo i sentieri che si inoltrano nei boschi e tra i pascoli, all’interno dei centri abitati. Sono riconducibili a tre tipologie fondamentali, di casa, di fonte e di via, a seconda che siano poste sui muri delle abitazioni, sui frontoni delle fontane o, in forma di edicola, lungo la viabilitá. Altri esempi di architettura spontanea legata alla vita quotidiana di queste montagne sono le fonti pubbliche, gli essiccatoi legati alla coltivazione del castagno e i pochi mulini ad acqua. Nella valle del torrente Bagnone sono stati contati ben 16 mulini ad acqua ad alcuni sono ancora visibili ed operanti; un bell’esempio di artigianato medievale. Sentieri e strade mulattiere al servizio del tempo, al servizio della pastorizia di tipo stagionale, al servizio dei tagliatori di boschi, dei carbinai, e dei trafficanti di ogni tipo e genere di merce, al servizio dei pellegrini e dei viandanti, dei Re e degli Imperatori.

 

La strada lombarda
Due nostri storici di origine filattierese: Pietro Ferrari che affronta l’importanza delle caminate, le antiche torri-case, costituenti il sistema di difesa e di sicurezza di quel particolare territorio sulla sponda destra del torrente Capria; Manfredo Giuliani, invece, in una delle sue più dotte memorie, illustra la funzione della Rocca Sigillina e della strada Lombarda del Cirone. Luigi Armando Antiga, studioso di storia Lunigianese, definisce così la strada Lombarda già ricordata, che arrivava fino a Lucca ed al Tirreno al tempo della dominazione longobarda, unica strada di transito nel Medioevo, sul sinistro lato del Magra, quando le condizioni di viabilità della Lunigiana erano ben diverse ed avevano un andamento trasversale. "A Irola di sopra, la strada lombarda arrivava da Gigliana e una mulattiera saliva a Biglio, ex feudo di Treschietto, nell’alta valle della Monia, piccolo villaggio di una decina di case aggregato al comune di Bagnone, come villa già del feudo di Treschietto". Era questa la direttissima che collegava i due imporetanti centri longobardi: Pavia/ Piacenza/ Parma/ Corniglio/ Bosco di Corniglio/ Badignana/ Passo delle Guadine o dal Passo di Badignana/ Treschietto/ Castello di Iera nel feudo di Bagnone/ Compione/ Apella/ Tavernelle/ Crespiano/ P.sso dei Carpinelli/ la Garfagnana quindi Lucca.


Treschietto: ruderi del Castello

 


Iera: i ruderi

 


Iera: altra immagine dei ruderi

 


Portale Galletti

 


Particolare del Portale

 


Compione: la fontanella

La via del Sale
Le vallate di Parma e Cedra erano attraversate giá nel medioevo da quella che piú tardi fu conosciuta come Via del Sale, perché in prevalenza utilizzata durante il periodo ducale per contrabbandare il sale dalla Toscana. Era una via di importanza decisamente inferiore rispetto alle due direttrice che lambivano questo territorio (la celebre via francigena lungo la valle del Taro e la strada di Linari per Rigoso e il passo di Lagastrello). La Via del Sale, come altre strade storiche, non era costituita da un’unica traccia chiaramente identificabile, ma da una trama di percorsi stretti e accidentati, in genere lastricati di pietre, che si intersecavano in piú punti secondo una tipica disposizione "a treccia". Prima di diventare una via quasi soltanto commerciale, nel medioevo era stata percorsa da viandanti e pellegrini e dotata di diversi ospitali. La localizzazione di questi ultimi ha consentito di ricostruire uno dei tracciati principali, che da Langhirano saliva a Beduzzo, si inoltrava nel territorio cornigliese a Ballone, toccando Sesta e Bosco, e poi valicava il passo di Cirone per scendere in Toscana a Ospedaletto in Val di Magra. Un altro tracciato, proveniente da Schia, superava Monte Caio e raggiungeva il passo della Colla, sopra Valditacca, per salire al passo di Badignana e scendere a Treschietto. Treschietto aveva una notevole importanza, nel passato, per la sua posizione di "tragitto, passaggio" tra corsi d’acqua e valloni. Nel dizionario geografico-fisico-storico della Toscana di Emanuele Repetti (1843) si legge: "Treschietto, col suo castello e la chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista, è collocato sulle propagini del monte Orsaro nell’alto bagnonese. Treschietto diede il titolo ad un feudo dei marchesi Malaspina di Filattiera, dello spino fiorito, nel 1249 il marchese Giovanni Giuniore approvò lo statuto di Treschietto". Il feudo di Treschietto si componeva allora del Capoluogo e delle ville di Agnola (Agnetta), Biglio, Corlaga, Finale, Iera, Leorgio (Leugio), Palestro, Stazzone e Vico. Tutte comprese sul territorio di destra del Torrente Bagnone e Acquetta, sino ai confini con i feudi di Malgrate e di Filattiera e sul crinale con i feudi Estensi della Regione Emilia Romagna. Il feudo toccò, in seguito alla divisione ereditaria del 1351, a Giovanni Malaspina detto il Berretta, ed in seguito suddiviso tra i suoi discendenti. Finalmente Treschietto col suo territorio fu dato in feudo dapprima al principe Corsini di Firenze, finché nel 1800 fu occupato dai francesi e nel 1814 riunito agli Stati Estensi della Lunigiana. Dal 1805 al 1849 Treschietto fu sede di Comune finendo poi definitivamente aggregato al Comune di Bagnone. In dialetto: Iéra. Si trova a nord di Bagnone e di Treschietto, sull’alta valle del torrente Bagnone, alle sue sorgenti, sulle pendici dell’Appennino o dell’Arpa tosco-emiliana, a 565 m. s.l.m., sotto la vetta del Monte Sillara, 1861m. s.l.m. Nell’uso locale la parola , in dialetto Arpa, sta per Alpe, per Appennino. In un’antico edificio, sicuramente una residenza marchionale, sono ancora visibili, sulla facciata, delle lapidi in arenaria, sulle quali sono incise frasi indecifrabili che il tempo stà consumando e delle quali resterà ben poca cosa se non si interverrà con una certa urgenza. L’antica Jera é situata sulla via mulattiera detta "strada del sale" che biforca in due rami. Una segue la destra del torrente Bagnone, sino alla località capanne di Garbia, e salendo il canale di sinistra del torrente, si inerpica sino alla località capanne dei Tornini. Antichi castellari, quindi si prosegue per il crinale appenninico e si raggiunge il territorio parmense di Valditacca. Strada, nota per i traffici commerciali e per i contrabbandi nel medioevo. L’altra strada invece, attraversa il torrente Bagnone e prosegue per Compione, passando dal Castello di Iera, luogo di gabella, oggi distrutto dal tempo, restano solo alcune murature. Ho perlustrato la zona, il territorio sembra molto interessante e atto ad una fruga ricostruttiva. Ci sono avanzi di mura perimetrali ed una sala centrale ancora in chiara evidenza. Tutto il resto é stato inghiottito dal tempo e dalla natura, per queste ragioni sarebbe opportuno organizzare una ricerca programmata a scopo didattico, con scavi, per procedere alla ricognizione del sottosuolo per riportare alla luce l’insieme di ciò che resta del castello, monumento importante e di ciò che si riuscirà a trovare. Dalle foto si può sicuramente dare importanza alla zona tanto più che la sua localizzazione é su un costone della montagna con una dominazione visiva delle due valli dei torrenti Bagnone e del Bagnolecchia. Tra Iera e Compione ci sono i ruderi del Castello di Iera che sembra siano i resti di una fortificazione avanzata, non ben definita se facente parte del feudo di Treschietto oppure del feudo di Bagnone. Il Castello é costruito sul confine tra i due feudi, in territorio del feudo di Bagnone, sul lato sinistro del torrente che delimitava i due territori, un tempo avversi; sulla via che dalla val di Magra conduce alla val d’Enza, oppure, edificato in quel luogo a tutelare il confine col feudo di Treschietto e a guardia dei traffici d’uso a quel tempo, con i trafficanti che provenivano dall’alto Taverone, o per la riscossione di gabelle e di dazi. Conoscendo l’ingordigia dei feudatari di allora, il castello ubicato in territorio del marchesato di Bagnone, era sicuramente un posto avanzato a tutela dei diritti di Bagnone, come lo erano le gabelle di Mochignano e quelle di Collesino. Resti importanti nella piccola Compione sono ancora evidenti; la casa Galletti, sicuramente una residenza patrizia dell’epoca, conserva un magnifico portale d’entrata in pietra arenaria, come si può notare nelle foto riprodotte a fianco. La localizzazione del Castello é su un costone della montagna con una dominazione visiva delle due valli dei torrenti Bagnone e del Bagnolecchia. Quest’ultimo si snoda lungo la valle di Ronchilunghi tra il monte Bragalata m. 1835 s.l.m. e monte Bocco m. 1791 s.l.m. sul crinale dell’Appennino, a confine col parmense. Ed era questo il percorso che molti hanno definito la "via del sale", strada che permetteva una grande scorciatoia per chi dal genovese o dal zerasco voleva raggiungere la Val d’Enza. Da Compione si sale alle capanne di Compione ed alle capanne dei Tornini a quota m. 1282, antichi castellari diventati poi vecchi rifugi di pastori dediti al pascolo alpestre estivo, dove si produceva il miglior formaggio, la migliore ricotta ed il miglior burro della zona. Sono queste le zone dove vive la leggenda dell’uomo selvatico, colui che ha inventato il burro, il formaggio e la ricotta. Una variante da Compione, prendendo a destra dopo il cimitero, un sentiero, che attraverso la Sella m. 750 sulle pendici del monte Santa Maria, conduce ad una pietraia arenarica chiamata la Cubia. Proseguendo, dopo aver attraversato un bosco di cerri e carpini verso il monte Colla m. 863, si scende verso Apella m. 672, nel comune di Licciana Nardi. Da Apella, risalendo il torrente Taverone si arriva al Lagastrello quindi Rigoso, in Val di Tacca e in Val d’Enza nel parmense e reggiano; oppure l’alternativa del passo dei Carpinelli per dirigersi in Garfagnana, quindi in Lucchesia (Toscana). Erano queste le strade alternative per oltrepassare il crinale. Era la via di comunicazione che collegava il genovese al modenese nel suo percorso più breve: venendo da Albareto, Montegroppo, Adelano, Mulazzo, Villafranca, Bagnone, Treschietto, Iera, Compione, Apella, Rigoso, Val d’Enza. L’ultima fotografia merita una considerazione particolare. Si tratta di una fontanella d’acqua pura e freschissima che da secoli cola in una vasca che ha servito in passato, da abbeveratoio per gli animali. Oggi di animali non ce ne sono più, il paese si é spopolato, vivono solo animali selvatici, cinghiali, alcuni caprioli, qualche pernice, ma roba da poco. Ciò che voglio mettere in evidenza é la piccola porticina di legno rosso, che si vede a lato della vasca. Non era e non é altro che il frigorifero del paese, ove tutti deponevano, per la conservazione settimanale, la loro produzione di burro che, veniva portato al mercato del lunedì a Bagnone, a dorso d’asino, per essere poi venduto. Era quella del burro una delle poche entrate, che le famiglie contadine di montagna avevano per vivere, dopo il formaggio, le uova e qualche animale da cortile o da stalla.

 

Lungo questa rete di malagevoli sentieri, che aveva negli antichi ponti in pietra importanti punti di riferimento, furono contrabbandati i prodotti piú svariati, dalla canapa al parmigiano. La merce di scambio erano soprattutto sacchi di sale marino toscano, piú a buon mercato di quello ducale prodotto a Salso. Naturalmente esistevano punti ben precisi dove i montanari parmensi e lunigiani si incontravano: i principali erano il passo del Cirone, la Bocchetta dell’Orsaro e, come suggerisce il nome, il sottostante pianoro di Borra del Sale, le capanne di Badignana, le capanne dei Tornini, il Matale. Per questi traffici più o meno leciti, l’antica Gutula col tempo Bagnone diverrà un importante centro commerciale ed otterrà il diritto di fare mercato tutti i Lunedì e di organizzare quattro fiere all’anno, una per ogni cambiamento di stagione. A seguito di ciò il paese viene ingrandito di portici e di piazze, sino a costruire fuori mura la piazza del mercato, oggi ancora ritrasformata e denominata piazza Roma.