Lucchio


Uno sguardo da una feritoia della Rocca
Quando ero piccolo (purtroppo per me si parla degli anni Cinquanta) la mia nonna Leonilda era solita raccontarmi molte novelle: a quei tempi non si aveva la televisione e la fantasia di noi bambini poteva spaziare in tutte le direzioni; ma, insieme ai racconti fantastici, la mia nonna mi raccontava anche di una paese realmente esistente che era addossato ad una montagna in maniera così verticale che le donne, per evitare di perdere le uova che sarebbero immancabilmente precipitate giù per la china della montagna, erano solite “mettere dei sacchetti al culo delle galline”. Lei non sapeva il luogo preciso dove si trovasse questo paese ma sapeva che si chiamava Lucchio e che si trovava in Lucchesia: bene, proprio questo borgo costituisce la mèta di questo itinerario e io non potevo iniziarne la descrizione senza citare questo detto popolare del “sacchetto al culo delle galline”, detto che ricordo con nostalgia perché la mia nonna Leonilda è scomparsa ormai da quaranta anni. Il paese di Lucchio è raggiungibile dalla Statale 12 dell’Abetone e del Brennero: chi proviene da Lucca e va in direzione dell’Abetone deve svoltare a destra, prima di raggiungere il paese di Popiglio, in località Tana Termini, mentre chi proviene dalla località de La Lima e va in direzione di Lucca deve svoltare a sinistra quattro km. dopo avere superato Popiglio, sempre in località Tana Termini.

Uno scorcio della Rocca
Qui la strada si addentra e oltrepassa una cava (è la famosa cava dello scandalo di Bilancino!) e si arrampica sui fianchi della montagna. La strada è asfaltata ma molto stretta quindi è necessario procedere con cautela: dopo alcuni km. si arriva nei pressi del paese, addossato ad una parete rocciosa a 670 m. s. l. m.; l’auto va lasciata in un parcheggio posto fuori dell’abitato, dove, d’altra parte, non sarebbe neanche possibile entrare visto la ristrettezza delle viuzze. Lucchio, nonostante la sua posizione defilata, è ancora abbastanza abitato anche se, camminando per i suoi vicoli, si notano tante abitazioni abbandonate: le case sono dominate dalla Rocca e si sono sviluppate ai piedi della fortificazione secondo un andamento allungato che segue la ripidissima pendenza del terreno tante che gli edifici sembrano sovrapposti uno all’altro e tale è l’impressione che desta quando lo si vede dalla statale di fondovalle. Camminare nelle sue strette vie ci fa tornare indietro nel tempo: quando ci sono venuto con il mio amico Simone, che è anche il webmaster del sito Ursea, abbiamo notato dalle lapidi dei caduti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale che la quasi totalità degli abitanti di qui fa di cognome Pacini e Simone è Pacini anche lui; chissà forse i suoi antenati provenivano da Lucchio! Come già accennato, il paese è dominato dai resti della Rocca alla quale di accede per uno stretto sentiero segnalato: la fortificazione è posta sulla sommità di un ripido costone roccioso che sovrasta la Strada Statale dell’Abetone e del Brennero e il fiume Lima in una posizione eccellente che domina tutto il circondario.

Un altro scorcio della Rocca
Storia – La Rocca di Lucchio, per la sua posizione strategica e per le sue caratteristiche di eccezionale sicurezza, probabilmente è stato un luogo fortificato fino dall’alto medioevo anche se le prime notizie documentate risalgono al XIV secolo: il nome della rocca compare infatti per la prima volta in un documento del 1327; nel 1385 e nel 1390 il Consiglio Generale della Repubblica di Lucca, in considerazione del ruolo strategico del presidio, deliberava interventi di restauro e nominava i castellani destinati a comandare la guarnigione. Per la così difficile accessibilità dei luoghi è realistico pensare che il paese sia stato realizzato in seguito all’impianto della fortezza a servizi militari piuttosto che ad un insediamento spontaneo. Diventato, insieme a Montefegatesi sulla sponda opposta del torrente Lima, il baluardo nord – orientale della repubblica di Lucca, Lucchio, proprio in considerazione di questo importante ruolo militare, godette di privilegi, in particolare nel 1437 dopo la strenua lotta sostenuta dagli abitanti oppostisi all’invasione dell’esercito di Firenze. La rocca subì numerosi assedi e nel 1525, con la complicità degli abitanti del paese, tradì Lucca dando ospitalità a due eminenti personaggi della famiglia Di Poggio che stavano tentando di impadronirsi del potere sulla città. Nel 1645 furono eseguiti lavori di consolidamento alle mura, ma già in quel periodo il ruolo strategico della struttura militare si era notevolmente ridotto: di lì a poco, infatti, venne soppresso il posto di castellano e gli interventi di manutenzione, non più sostenuti dal governo centrale, furono lasciato a carico della povera comunità. Iniziò così un inesorabile declino tanto che alla fine del XVII secolo fu deciso di costruire dei barbacani, ovvero dei muri di sostegno, al fine di evitare il crollo delle mura sulle case sottostanti. Sotto Carlo Lodovico di Borbone la rocca, ormai priva della sua funzione militare ed in cattivo stato di conservazione, fu messa all’incanto ed acquistata da una famiglia locale, i Pacini (NDR forse parenti del nostro Simone) per adibire l’edificio della guarnigione ad abitazione ed i terreni ad uso agricolo.

Una via molto ripida

Da vedere – Dopo aver parlato della storia della rocca, accenniamo ora a quello che si vede dai suoi spalti: il panorama è vastissimo con particolare evidenza sulla valle della Lima, sul Balzo Nero e sulla penna di Lucchio, montagne dalla conformazione carsica più simili alle cime delle Apuane che a quelle del vicino Appennino, otre che su gran parte della catena appenninica. La fortezza è, praticamente, a picco sopra il torrente Lima e affacciarsi sullo strapiombo mette quasi soggezione: è costituita dai ruderi di una possente cinta muraria posta sulla sommità di un rilievo scosceso che, appunto, sovrasta il fondovalle del torrente Lima. Ha pianta irregolare in quanto si adatta alla difficile morfologia del territorio: il circuito delle mura chiude una limitata porzione di terreno, ora incolto e occupato da alberi e arbusti; un lato, quello naturalmente difeso dalla presenza dello strapiombo quasi verticale della parete rocciosa, risulta sguarnito di mura. Le mura stesse sono di altezza variabile ad andamento verticale e realizzate in blocchi squadrati di pietra murati a filari più o meno regolari secondo la tecnica medioevale: in diverse parti sono visibili crolli e successivi rifacimenti così come si leggono alcuni interventi di consolidamento delle mura mediante la creazione di barbacani esterni di sostegno. All’interno delle mura sono ancora presenti i resti delle fondazioni e delle murature affioranti dal terreno dell’edificio che fu sede della guarnigione. Concludendo credo che questo antichissimo borgo arroccato su una parete rocciosa meriti senz’altro una visita anche perché è rimasto sicuramente uno dei pochi ad aver conservato intatto il proprio impianto medioevale: e poi dove si trova un altro luogo dove le donne sono costrette a mettere “il sacchetto al culo delle galline” per evitare di perdere le uova che altrimenti precipiterebbero a valle!!!


Una bella immagine della Rocca
Numeri utili
Comune di Bagni di Lucca 0583 / 809911
Curiosità – Per acquisire conoscenze che accrescano la nostra cultura, ritengo fare cosa utile pubblicare quello che afferma su Lucchio il “Dizionario Corografico della Toscana” scritto nel 1855 dal cav. Repetti: si tratta di un libro eccezionale che tratta della nostra regione e dei suoi luoghi in rigoroso ordine alfabetico e con grande approfondimento. Il linguaggio è quello di 150 anni fa (siamo nel Granducato di Toscana!) ma affascina ancora oggi. Lucchio nella Val di Lima – Castello con chiesa parrocchiale (San Pietro) filiale della Pieve di Vico Pancelloro, nella comunità a circa 5 miglia a levante del Bagno di Lucca, giurisdizione del Borgo a Mozzano, diocesi e già ducato di Lucca. Siede sopra il risalto di un monte che scende da Piteglio lungo la sinistra della fiumana Lima, sul confine del già ducato di Lucca col Granducato di Toscana. La parrocchia di San Pietro a Lucchio nel 1844 contava 402 abitanti.

Simone alla Rocca
Dal libro “Storie e leggende della montagna lucchese” di Paolo Fantozzi edizioni “Le Lettere”, affascinante libro sulle leggende che popolano le montagne della lucchesia.
Le leggende di Lucchio – “Le eroine di Lucchio”. La prima cosa che colpisce arrivando Lucchio è l’agglomerato di case sovrapposte in modo tale da sembrare che una sia appoggiata sul tetto dell’altra. E poi la Rocca, ancora ben conservata, lassù, in posizione strategica, con un colpo d’occhio straordinario su buona parte della Val di Lima e del Pistoiese, dove San Marcello e Gavinana appaiono distesi su verdi pianori. Il nome Lucchio deriva da “lucus”, che significa luogo coperto da boschi. Gli storici si sono ripetutamente chiesti per quale scopo fosse stato costruito il paese in un luogo così impervio: difesa o insediamento spontaneo appaiono piuttosto improbabili, invece si pensa che sia nato in seguito allo stanziamento delle soldatesche poste a presidio della rocca o di un gruppo di coloni portati lassù per la costruzione della rocca stessa.

Panorama
All’inizio il paese fu sotto il dominio della potente famiglia dei Lupari e in loro mani rimase fino a che non furono banditi dal territorio: in seguito fu un importante baluardo settentrionale della Repubblica lucchese e godette di particolari privilegi dopo la lotta sostenuta dagli abitanti per opporsi nel 1437 all’invasione dei Fiorentini. E proprio per la sua posizione di fortezza di confine, Lucchio fu diverse volte oggetto di assedi. E proprio di questi assedi che parla una leggenda storica¨già nel “Libro delle Riformazioni” della Repubblica di Lucca e negli Annali del Beverini è accennato a questo fatto storico che bel presto si è trasformato in leggenda. Nel 1437, durante l’invasione dei Fiorentini, l’unico paese a non venir occupato fu Lucchio: ciò si deve al coraggio di due ragazze di Vico Pancellorum, Anastasia di Martino e Lucia di Nicolao, che riuscirono audacemente a far prigioniero il comandante della Rocca, Gasparo da Stazzema, che stava per tradire il paese e aprire le porte al nemico.

Ancora il panorama
I fatti sono narrati nella supplica che rivolsero al Consiglio Generale, nella quale dissero che il castellano cercò di difendersi e faceva tale resistenza che poteva mettere facilmente a terra coloro che gli si ponessero innanzi. Esse però si rivolsero alla Madonna e subito dove il castellano teneva le chiavi della fortezza: corsero a prenderle e aprirono le porte in modo che gli uomini del paese potessero entrare e acciuffare il traditore. Allora la Repubblica, per ricompensare le due giovani e tutti gli abitanti di Lucchio per la loro fedeltà, concesse nel 1441 che i tributi da essi dovuti fossero ridotti al minimo e non potessero più essere aumentati in futuro. La signora Stisted nella lettera XIII riprende la suggestiva leggenda ampliandola e dandole l’aspetto di una piacevole narrazione: ne riportiamo i tratti essenziali come appaiono in “Le eroine di Lucchio” << Si racconta nel lontano 1437, al tempo di Cosimo dei Medici, mentre infuriava la guerra fra le Repubbliche di Firenze e di Lucca, nel piccolo paese di Vico Pancellorum vivevano due fanciulle, Anastasia e Lucia, rimaste orfane di un vecchio ufficiale che aveva combattuto ed era stato ferito in molti campi di battaglia e che, infine, era morto.

La Penna di Lucchio
Alle due fanciulle era rimasto un lontano parente di nome Gasparo da Stazzema che in quel tempo era governatore di Lucchio: era arrivato a ricoprire quella carica più con l’intrigo e la vile astuzia che per talento militare ed inoltre era bello, nel vigore degli anni e molto libertino. Il malvagio Gasparo sapeva delle belle cugine che vivevano sole nel paese di fronte e decise di farle andare ad abitare, insieme al loro fedele servo Michele, nella fortezza di Lucchio per proteggerle meglio. Ai piedi del monte, Gasparo apparve loro vestito dell’armatura su uno splendido cavallo e le accompagnò al castello: dopo alcuni giorni di vita nella fortezza Anastasia iniziò a preoccuparsi perché aveva notato che la sorella accettava la corte del cugino, così una sera, mentre Lucia si era addormentata prima del solito, si trattenne più a lungo a passeggiare in giardino. Ad un tratto sentì una voce che la chiamava e alla luce della luna vide un uomo aggrappato a dei tralci di edera: era il fedele Miche che le raccontò che “per notti e notti aveva vagato inutilmente intorno alla fortezza e che la sera prima era stato sorpreso a udire un profondo lamento che veniva dal burrone che stava per attraversare. Dopo qualche ricerca, aveva scoperto un uomo dall’aspetto di monaco che ricordava di aver visto la sera prima lasciare furtivamente la fortezza dalla parte posteriore; il disgraziato era evidentemente precipitato nel burrone e stava per morire. Nel sollevarlo Michele aveva scorto tra le sue mani una lettera e gli aveva trovato in tasca una borsa piena di monete d’oro: il servo aveva pensato che fosse stato suo dovere portare le monete e la lettera al pievano di Vico.

Il paese dalla Rocca
Il vecchio prete non era molto istruito, ma sapeva leggere abbastanza per capire che nella lettera erano nominate Anastasia e Lucia; Michele sospettando qualche tradimento ai danni delle giovani padrone, aveva offerto all’ecclesiastico le monete d’oro in cambio della lettera che, ora, dopo gravi pericoli, egli poneva nelle mani di Anastasia. La fanciulla rientrò nella torre e vide che la lettera era indirizzata a un cavaliere fiorentino al servizio di Francesco Sforza e confermava l’accordo di consegnare la fortezza la notte seguente per una somma di denaro, a patto però che il cavaliere potesse disporre liberamente della bella Anastasia; Gasparo sarebbe rimasto al comando di Lucchio per conto dei Fiorentini e avrebbe posseduto la piccola Lucia. Inoltre Gasparo informava che nella notte seguente avrebbe organizzato un grande festino e avrebbe fatto ubriacare i suoi ufficiali per consentire ai Fiorentini di entrare più facilmente nella fortezza dalla parte posteriore. Subito Anastasia tornò dai suoi amici e li mise al corrente della perfidia che aveva scoperto e volle parlare ai soldati per far conoscere loro l’ignobile tradimento di Gasparo; poi svegliò la sorella dicendole che il cugino le attendeva e raccontò che Gasparo aveva deciso di lasciare quella notte stessa la fortezza per affrontare una pericolosa impresa e che, perciò, le lasciava il permesso di mostrarsi affettuosa con lui, pregandola di non rifiutare i suoi complimenti, nel tentativo di dissuaderlo, tacitamente, a lasciare la fortezza. Anastasia preparò una corda e ne assicurò i capi alla spalliera della poltrona dove Gasparo si sarebbe seduto. Più tardi Gasparo entrò eccitato dal vino e fu ricevuto dalla cugine con grande cortesia: dichiarò di voler sposare Lucia e a questa notizia Anastasia si finse gelosa dicendo che non c’era nessuno nella fortezza che le piacesse più del cugino, ma egli le promise che proprio quella sera un valoroso cavaliere fiorentino si sarebbe trovato a mezzanotte alla porta posteriore della fortezza per incontrarla.

Gli avi del nostro Simone
La campana che batteva la mezzanotte lo fece sobbalzare e disse alle fanciulle che doveva lasciarle: entrambe dimostrarono un violento dispiacere e si gettarono al suo collo “Non dovete andarvene, diceva Lucia appassionatamente aggrappandosi a lui,”io so che state per abbandonarci”.” Solo per breve tempo” replica l’innamorato, incapace di sciogliersi dai loro veri e finti abbracci. Completamente spossato, si riversò indietro sulla poltrona e, nella sua estasi, non si accorse che mentre Lucia posava la testa sul suo petto e affettuosamente lo importunava, Anastasia gli stava legando le braccia e le gambe al sedile e gli aveva fatto passare abilmente un nodo scorsoio intorno al collo. La debole luce della lampada ad olio aveva facilitato l’opera; infine, essendosi assicurate che ogni nodo era saldamente legato, le ragazze ritirarono le braccia dal colo di lui e mostrarono la fitta rete che gli avevano intessuto intorno. Poi, ridendo e danzando, dichiararono che sarebbe stato loro prigioniero almeno per quella notte; Anastasia, spegnendo le lampade, fece uscire il vecchio Michele che fino a quel momento era stato nascosto dietro a una tenda e raggiunsero subito la terrazza, prima che Gasparo si accorgesse del tranello in cui era caduto. I veterani della guarnigione ed alcuni ufficiali si erano riuniti, decisi a catturare il traditore e a sorprendere il nemico dalla parte posteriore della torre. Il primo atto, l’ingegnoso stratagemma di una gentile fanciulla, era già compiuto, il secondo sarebbe stato portato a termine ben presto da un manipolo di uomini. Dopo aver assicurato il Governatore nella più sicura prigione della fortezza, fu dato il segnale convento ai Fiorentini e i soldati della guarnigione fecero una sortita catturando i nemici che si erano avvicinati senza prendere tante precauzioni. Grande fu la loro costernazione nel trovarsi, dopo nemmeno mezz’ora, rinchiusi in prigione e di avere come compagno il perfido Governatore.

Aldo alla Rocca
Il cronista dimentica di dirci quale punizione fu inflitta a Gasparo, ma per onore delle sue concittadine, non avrebbe dovuto tralasciare di ricordare che Lucia, quando fu messa al corrente del tradimento del suo innamorato, fu felice di essere stata strumento della sua cattura, solo rimpianse tutte le carezze che aveva sciupato per un essere così indegno. Le due fanciulle ricevettero i ripetuti ringraziamenti del Senato lucchese che volle stabilire per ciascuna di loro una dote a testimonianza del beneficio reso al paese. Il marchese Mazzarosa, ministro del Ducato di Lucca,volle onorare l’impresa con la seguente epigrafe: "Due vergini / il castellano di Lucchio / sul tradire questa rocca / adescando / legarono / lande per difesa e salvata / di lori pubbliche / e / pubblica dote / rimeritolle / il Senato" La Penna di Lucchio – Si tratta di un modesto rilievo, ma dall’aspetto impervio e roccioso. Dal Passo di Croce a Veglia, dove durante il medioevo si trovava un ospedale per l’accoglienza dei viandanti che scendevano nel versante pistoiese, si raggiunge il modesto abitato di Case Giannini da dove la Penna di Lucchio appare come una piramide nuda e scoscesa. Nelle notti d’estate i pastori del luogo vedevano processioni di lumini che salivano lentamente i fianchi del monte e, una volta raggiunta faticosamente la vetta, vi sostavano fino alle prime luci dell’alba e sparivano nella luce del mattino. Allora si pensava che fossero anime del purgatorio salite lassù per scontare i loro peccati e per loro venivano recitate preghiere.