D. W. FRESHFIELD: chi era costui?

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    Nel febbraio 1876, sul numero 51 dell?Alpine Journal (rivista dell?Alpine Club londinese), un lungo articolo firmato ?by the editor?, presentava al mondo alpinistico d?oltremanica le Alpi Apuane. L?autore dell?articolo era Douglas William Freshfield (1845-1934) che a quell?epoca era anche il direttore (?the editor?) dell?Alpine Journal, incarico che mantenne dal 1872 al 1880. Oltre a trattare in generale delle Apuane, Freshfield narrava la sua ascensione alla Pania della Croce compiuta nel maggio del 1875 in compagnia della guida Devouassoud di Chamonix, suo compagno di numerose esplorazioni europee ed extra-europee.

    Nel 1864 a soli 19 anni Freshfield si era fatto un nome con la prima salita assoluta della cima della Presanella. La conquista della Presanella era avvenuta al termine di un?impresa singolare anche al giorno d?oggi, ma eccezionale per quei tempi: la traversata a piedi da Thonon (in Alta Savoia) a Trento effettuata con i compagni Walker e Beachcroft. Nel 1875, un anno prima dell?articolo sulle Apuane, Freshfield aveva pubblicato "The Italian Alps", un volume dove raccontava dieci anni di esplorazioni e ascensioni nelle alpi Centro-Orientali, durante i quali aveva collezionato (in cordata con F.F. Tuckett, Walker, C.C. Tucker e altri) varie prime assolute. Oltre ad una intensa attivit? sulle Alpi, Freshfield aveva compiuto nel 1868 una spedizione esplorativa nel Caucaso, dove, in compagnia di A.W, Moore e C.C. Tucker e la guida Devouassoud, aveva effettuato la prima salita della cima Est dell?Elbrus. Nel corso della sua vita Freshfield compir? numerosissime esplorazioni e spedizioni in ogni continente, e raccoglier? i frutti di questa sua intensa attivit? in opere memorabili per la geografia e la esplorazione alpinistica di iintere regioni: ?The exploration of the Caucasus? (1896 – illustrato con foto di V. Sella), ?Round Kangchenjunga? (1903), ?Below the snow Line? (1923).

    Per farla breve: per far conoscere le Alpi Apuane oltremanica non si era scomodato uno dei tanti anonimi viaggiatori inglesi che allora giravano l?italia per il cosiddetto gran tour, e nemmeno si trattava di un modesto intervento in una rivista di secondo piano. Le Apuane con l?articolo di Freshfield avevano il privilegio di essere presentate da un?alpinista di fama, in una cornice prestigiosa e con un lancio in grande stile: diciassette pagine su una delle pi? importanti riviste alpinistiche dell?epoca (se non addirittura ?la pi? importante?), e per giunta a firma del suo direttore.

    La traduzione italiana dell?articolo di Freshfield, a cura di R.H. Budden (presidente della sezione fiorentina del C.A.I. dal 1874 al 1895), fu inserita in una raccolta di scritti di alpinismo pubblicata dalla sezione del C.A.I. di Firenze nel 1880. Oltre ad essere un importante alpinista e geografo, Freshfield era un colto e raffinato scrittore. La sua prosa si distingue per un?ineguagliata capacit? di rappresentare pittoricamente luoghi e paesaggi. il traduttore italiano, in una nota introduttiva, scrisse: ?Sar? molto difficile riprodurre idoneamente lo stile elegante e poetico del distinto scrittore inglese in quest?articolo … ove procura di attirare l?attenzione dei suoi compatrioti sopra questa catena e sul magnifico gruppo delle Alpi Apuane?. L?articolo sulle Apuane fu poi poi inserito nella raccolta ?Below the snow line? pubblicata da Freshfield nel 1923 e dedicata alle montagne a sud della catena alpina.

    Diversi anni fa, leggendo la storia dell?esplorazione alpinistica delle Apuane sulla guida CAI-TCI, quando seppi dell?articolo di Freshfield, essendo allora completamente digiuno di storia dell?alpinismo, mi ero immaginato un eccentrico inglese armato di taccuino e acquerelli, un turista che si era fatto accompagnare da una guida per salire sulla Pania e per raccontare questa sua esperienza in qualche rivista letteraria. Questo importante articolo dedicato alle Apuane ? invece opera di un personaggio di primo piano dell?alpinismo europeo, di un eminente geografo che ha effettuato esplorazioni in tutti i continenti, di un uomo di grande cultura capace di infarcire le sue descrizioni di note letterarie ed artistiche e di uno scrittore di indiscussa grandezza. Infine ? bene ricordare che Freshfield oltre ad essere stato presidente dell?Alpine Club dal 1893 al 1895 ? stato anche presidente della Royal Geographic Society dal 1914 al 1917, ha ideato cattedre universitarie come ?glaciologia? e ?geografia orografica? all?universit? di Oxford e Cambridge, e infine ha scritto, su incarico dell?Universit? di Ginevra, la biografia ufficiale di Horace Benedict De Saussurre (il celebre geologo svizzero considerato il fondatore dell?alpinismo).

    Altre informazioni sulla vita e le opere di D.W. Freshfield si possono trovare su wikipedia italiano
    http://it.wikipedia.org/wiki/Douglas_William_Freshfield
    oppure nel volume "L’Ombrello di Freshfield" di C. Mariani (Giardini, 1986).
    Riporto qui di seguito le parti pi? significative dell?articolo di Freshfield sulle Alpi Apuane. L?articolo si intitola ?Schizzi dagli appennini? perch? sotto lo stesso titolo faceva coppia (nel volume ?Below the Snow Line?) con un altro articolo dedicato al Gran Sasso d?Italia.

    L?articolo che segue ai conoscitori delle Apuane non dice ovviamente niente di nuovo. Ma la descrizione della Pania e del variopinto paesaggio toscano che la circonda, riescono a suscitare emozioni e vivaci impressioni pittoriche anche in chi questi panorami li conosce perfettamente. La lettura di questo articolo da una parte esalta e inorgoglisce ma al tempo stesso lascia molto amaro in bocca, pensando a quali opportunit? di sviluppo sono state trascurate e a quello che si poteva e si doveva fare per preservare l?unicit? delle nostre montagne.

    Buona lettura a tutti.

    [b]SKETCHES FROM THE APENNINES. THE PANIA DELLA CROCE
    SCHIZZI DAGLI APPENNINI. LA PANIA DELLA CROCE [/b]

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    [i]
    Le Alpi Apuane, conosciute comunemente fra gli inglesi sotto il nome di Montagne di Carrara, sono ammirate con passione da poeti e dai pittori per la ragione delle loro forme ardite e belle e del loro stupendo colorito. Il pittore inglese Ruskin ne ha fatto elogi eloquentissimi nei suoi scritti, attribuendo alla vista continua di codeste pittoresche montagne l?influenza delle popolazioni nel Rinascimento dell?arte in Toscana. L?occhio del viaggiatore scorge le loro creste aguzze dalle citt? di Pisa, di Lucca ed anche da Volterra e da Firenze. Si innalzano maestosamente sopra le acque limpide del golfo della Spezia, e sporgono come e teste di tanti guerrieri armati fuori dall?anfiteatro delle folte e grigie foreste di olivi, coperte nell?inverno di candida neve e dorate l?estate dal sole e dalle varie tinte dei marmi antichi, perdendosi poi nelle ombre purpuree di un cielo meridionale.
    Il solo luogo dove i pochi turisti inglesi le contemplano ? la citt? di Carrara , celebre per le sue numerose cave di marmo. Questa citt? ? situata in un profondo bacino di verdura, ove varie valli si riuniscono. Essa ? circondata di fertili colline, si apre verso l?ovest per permettere di godere la veduta e le brezze del mare, ed all?est ? chiusa dalle sommit? torreggianti del gruppo centrale delle Alpi Apuane. Introno alle mura della citt? si vedono le colline coperte di vigne verdeggianti e di alberi da frutta; i blocchi di marmo rossastro che sono sospesi sul corso del torrente sono rivestiti di felci , di fiori, di muschi, e nel mese di maggio sono ornati di una frangia dorata di citisi.

    Una passeggiata di un miglio inglese verso le cave fa cambiare la scena. Oltrepassato l?ultimo villaggio, il forestiero si trova per cos? dire in un altro paese. Una lunga e stretta vallata gli si apre davanti, chiusa da tutte le parti da nudi precipizi marmorei. Si vedono immense strisce bianche che scendono lungo i fianchi rossastri delle montagne. Queste ?valanghe? segnano la posizione delle cave.

    Il brillare al sole dei pezzi di marmo di un bianco purissimo fa la stessa pena agli occhi che il traversare un campo di neve nelle Alpi. La selvatichezza del paesaggio ? rilevata dall?operosit? febbrile dell?industria umana che si incontra ad ogni passo. Queste cave hanno l?apparenza di una vasta colonia penale, ove gli uomini lavorano privati di tutte le dolcezze della vita. Si direbbe che qualche forza ignota spinge codesti robusti operai a lasciare le dolci occupazioni della campagna, cio? di coltivare l?olivo o la vite, o quelle di rammendare le loro reti sulla spiaggia del mare, per esporsi sotto un sole cocente a cotali dure fatiche fra codeste nude rocce. Ma la vostra compassione per loro farebbe sorridere questi bravi cavatori. Si trovano bene qui, perch? nonostante l?incapacit? di molti dei nostri moderni scultori a concepire opere di vaglia, e che i nostri architetti sciupino troppo spesso questa bella pietra nei loro brutti disegni, il marmo ? sempre richiesto, e il salario giornaliero elevato, e la citt? di Carrara si fa ricca mentre i villaggi vicini campano a pena la vita, e stentano a pagare le gravi imposte.
    . . . .

    Di tutte le vedute della catena delle montagne di Carrara, quella che si gode dalla spiaggia del Gombo ? la pi? magnifica … Il mare ? separato dai pini da una stretta spiaggia, sparsa di conchiglie piccole e delicate, ed adorna intorno di lunga e sottile erba,e di canne che assomigliano a graziose piume agitate dal vento. Questa spiaggia ? uno dei punti pi? sublimi in tutta Italia. A differenza di tanti altri paesaggi in Italia, esso non deve niente alla mano dell?uomo … Dietro la nera foresta di pini che protegge la costa dall?invasione del mare, la terra si innalza in grandiose sommit? verso il cielo. Al di sopra delle loro cupole di marmo bianco si vedono spuntare certe punte aguzze, certe creste che danno un?aria veramente alpestre al paesaggio. Queste rocce precipitose si innalzano maestosamente a 7000 piedi circa al di sopra di noi … Le nubi estive , come aveva scritto il poeta inglese Shelley, ne avvolgono le spalle con le loro forme bizzarre spiccando sul limpido ed azzurro cielo. Al tramontare del sole le montagne sono invase per un momento da tutti i pi? splendidi colori della terra. Quando questa stupenda illuminazione si dilegua dalla catena, lascia una tinta di bleu cupo, brillante ancora alla sua base, ove ? bagnata dai leggeri vapori che sii alzano dalle pianure. Intorno alle cime delle montagne rimane intanto una vaga aureola che sembra esalata dal loro seno stesso anzich? riflessa dal cielo.

    Nel centro della catena i scorge un gruppo di alti picchi; ed una torre isolata si erge superba a ciascuna sua estremit?. La torre settentrionale ? il monte Sagro; quella meridionale la Pania della Croce, la Pietra Pana di Dante, che fu il primo scrittore che ne abbia fatto menzione nella letteratura italiana. Come il magnifico campanile di Giotto serve di segnale alla citt? di Firenze, cos? questa montagna di marmo si distingue da tutta la val d?Arno. Da tutte le parti il viaggiatore scorge questa imponente sommit? che torreggia all?orizzonte come un antico castello del medio evo. Dal ponte alla Carraia le nevi sulla sua cima brillano come oro ed argento nelle mattinate di inverno, e durante l?autunno le sue rocce riflettono un colore rosso carbonchio.

    Intorno alle cave di marmo di Carrara esistono alcune cime pi? elevate, ma per la sua prominenza, il suo isolamento e la sua forma, la Pania occuper? sempre il primo posto nella nostra immaginazione quando pensiamo alle Alpi Apuane. Questa montagna sta come un segnale da Spezia fino a Firenze, come un faro per i marinai sul mare toscano fino all?isola di Corsica. Si comprende quindi il desiderio che sorge nell?animo del viaggiatore di arrampicarsi sulla sua cima onde godere da quell? altezza di tante storiche rimembranze. La Pania dunque, pi? di tutte le montagne secondarie d?Italia, merita l?attenzione dei ?touristes?. Se essa si trovasse situata nella Svizzera , da molto tempo i suoi dintorni sarebbero coperti di alberghi, con un concorso sterminato di forestieri di tutte le nazioni.

    In Italia s?incontra molte volte il viaggiatore sbalordito dallo splendore delle arti. … perch? dunque non potrebbe egli riprendere vigore a percorrere le stupende e numerose gallerie di quadri di Firenze coll?intraprendere alcune gite sulle sommit? alpine nelle montagne di Carrara, ove trover? non solamente le bellezze naturali, ma anche l?aria sana e rinvigorente del mare ?

    Il mio amico signor Tucker ha gi? dato alcuni cenni pratici per intraprendere l?ascensione della Pania della Croce, partendo dalla strada ferrata che percorre la costa del mare. Dalla stazione di Querceta, fra Pietrasanta e Massa, una buona strada carrozzabile si dirige verso le montagne. Essa conduce per una stretta gola a Serravezza, una prospera terra di circa 2000 abitanti, situata al confluente di due torrenti da cui prende il nome, e divisa dalla pianura da un anfiteatro di roccia coronato di castagni. Lo scultore Michelangelo fu costretto , contro sua volont?, dal papa Leone X a scavare marmo in questo distretto invece che a Carrara, ed egli ha dimorato per qualche tempo in codesto paese occupandosi a sorvegliare le escavazioni aperte sotto la sua direzione sul Monte Altissimo, e facilitarne l?accesso con la costruzione di nuovi sentieri. Una delle sue lettere nell?opera La Vita, pubblicata ora in Firenze, ricorda come egli perd? quasi la vita pel rompersi di una catena durante il trasporto di una grossa colonna di marmo. Secondo l?autorit? di un certo Ascanio Condivi, che ha scritto la sua vita nel 1546, Michelangelo contemplava di scolpire una di quelle vette informa di statua colossale per servire di segnale da lontano ai marinari. Questa tradizione non ? mal trovata. Una lapide di marmo,, secondo l?uso in Italia, segna la casa abitata dall?illustre scultore, ed un?altra ricorda il soggiorno dello scrittore Massimo d?Azeglio nel 1840, insieme al fatto che egli ha terminato quivi il suo romanzo ?Niccol? dei Lapi?.

    Dopo aver lasciato il paese seguimmo le rive del Serra, lasciando a sinistra il torrente Vezza, che discende dal monte Altissimo, il quale nonostante il suo nome altisonante, non ? che una delle sommit? inferiori della catena. Passando oltre ad una grande fonderia, al villaggio di Ruosina, il nostro vetturino voltava in uno stretto vallone laterale, ove presto la strada rotabile termin?. Si principia poi un?ascensione di pi? di un?ora attraverso una selva di castagni fino al villaggio di Levigliani, il paese pi? elevato di questo versante delle montagne, il quale ? noto per le sue miniere di mercurio e cinabro, aperte al tempo dei Medici.

    Nelle montagne prossime a Levigliani ci sono due grandi caverne chiamate ?Tana dell?Omo selvatico?, e la ?Tana d?Eolo? o ?Grotta del Monte Corchia?. La prima ha pi? di un miglio inglese di lunghezza e contiene gallerie, camere , due corsi d?acqua, un lago, e numerose stalattiti di tutte le forme e dimensioni. Si dice essere necessario munirsi di corde per esplorarla. La caverna d?Eolo sita nella valletta dell?Acereto, ? denominata cos? dalla grande corrente d?aria che esce dalla sua imboccatura durante l?estate, e va nell?inverno in direzione opposta, ? la pi? degna di cenno di tutte queste grotte. In alcune si dice essersi trovate tracce di dimore umane.

    In un luogo cos? isolato il viaggiatore non avrebbe il diritto di aspettarsi altro che un fienile per dormire. Ma le cave, le caverne, e l?escursione alla Pania, vi portano di tanto in tanto alcuni forestieri, ed il tabaccaio (di nome Fornari) pu? fornire due letti puliti alle persone desiderose di passarvi la notte. Il proprietario aveva un primo garzone nel suo stabilimento, giovane svelto e di una loquacit? veramente straordinaria, senza contare due o tre donne. Questo garzone combinava la volubilit? dell?italiano coll?abitudine dei tedeschi di ripetere la stessa cosa due o tre volte per far ben capire ai suoi uditori. La lingua dunque era sempre in movimento. Ma le altre sue membra godevano di una consimile attivit?. Il suo corpo non stava mai fermo, i nostri bicchieri pieni di vino e i nostri tondi furono sparecchiati prima che avessimo potuto fare le nostre rimostranze in cattivo italiano. Noi abbiamo nutrito la speranza che il nostro giovane amico sarebbe stato troppo stanco delle sue fatiche del giorno precedente , per poter mantenere la promessa che ci fece di accompagnarci sulla Pania, per godere, come diceva, del piacere della nostra compagnia. Ma egli era sveglio quando noi, e del tutto pronto a portare un sacco da viaggio. Sarebbe stata una grande scortesia rifiutare servizi offerti con tanta buona grazia, e come credo, senza attesa di mercede.

    Per un buon camminatore tre ore e mezza bastano per andare dal villaggio alla sommit? della Pania della Croce. Un sentiero ben lastricato conduce il viaggiatore alla cresta che divide il vallone di Levigliani dalle acque del Serra. Di l? ? una passeggiata di mezzora sull?erba per giungere al punto culminante della valle al piede della Pania. A questo punto abbiamo fatto una sosta per contemplare lo spuntar del sole che si elevava sul mare e sulla terra. Si vedevano i fianchi del monte Forato, un massiccio di roccia che prende il suo nome da un?apertura in forma di finestrone arcato, che si scorge perfettamente dalla costa. Pi? lontano, fra noi e la citt? di Pisa giaceva il bacino superiore della Versilia, fra le sommit? pi? meridionali della catena. Le ridenti e verdi colline erano coperte di villaggi e di bianchi casolari. In siti quasi inaccessibili, sulle creste dei pi? alti speroni si scorgevano villaggi posti come tanti segnali bianchi in faccia al mare. Si sentiva da lontano il suono dei campanili per la messa, misto al canto del cuculo, che si spandevano per l?aria viva e fresca della mattina.

    Un sentiero da capre conduce sulla parte inferiore di questa stupenda piramide di marmo; e poi dopo bisogna arrampicarsi sulle pietre e le rocce, ma senza esporsi a nessun pericolo. Essendo il principio di maggio, abbiamo ancora trovato una leggera copertura di neve sulla sommit?. Il panorama dalla Pania ? limitato da due orizzonti, uno verso il nord, l?altro verso il mare e gli Appennini centrali. Sotto i nostri piedi giace la gentile Toscana con le sue nobili citt?. Nel vallone pi? distante, illuminate dal sole mattutino, sono Firenze e Pistoia; sulla montagna vicina verso sud ? Volterra colle sue mura etrusche. Da lontano si scorge Lucca, un punto rossastro in mezzo ai suoi giardini di olivi. In sua vicinanza il viaggiatore vede spuntar fuori i monumenti di marmo di Pisa, brillanti come bianchi cristalli al fulgore del sole. Sulla costa giace Livorno, che i nostri marinari inglesi chiamano Leghorn. In questo momento in cui guardiamo, appunto il lume del suo faro ? stato spento.

    La brezza marina che dominava la Pania arrivava fino sul mediterraneo. Il vento nel suo corso sembrava aprire le strade sulle acque. I bastimenti colti da esso ammainavano a met? le loro candide vele nell?uscire dai porti. A misura che il cielo era rischiarato dallo splendore del sole, il mare diveniva pi? agitato, le nubi si formavano sopra le acque dirigendosi come una compagnia di ninfe leggere verso la terra, nascondendo per qualche tempo le citt? ed i fertili campi lungo la costa, per poi dileguarsi in vapori trasparenti nel toccare i fianchi delle montagne. DA lontano sul mare si vedevano ergersi le sommit? elevate dell?Isola d?Elba. D?altra parte si scorgevano sull?orizzonte le isole di Gorgona e di Capraia bagnate da una luce color porporino e coperte di casolari bianchi. A ovest apparivano le cime delle montagne della Corsica, ma il cielo era troppo caliginoso per distinguerle perfettamente.

    Seguendo coll?occhio la costa nella direzione del nord, una parte del golfo della Spezia scintillava al sole in mezzo alle onde azzurre del Mediterraneo, con Portovenere posto al suo ingresso, come una sentinella avanzata. Al di l? le montagne dei cinque Comuni, rinomate per il loro vino eccellente e per le loro salutari brezze marine, e pi? oltre scorgiamo dentro e a traverso il golfo di Genova, fino alle ultime cime delle Alpi Marittime. Se l?atmosfera fosse stata pi? limpida, da questa parte si sarebbe potuto scorgere il Monte Viso, il quale ? stato veduto da uno dei picchi del gruppo di Carrara, ed a 75 miglia pi? lungi, verso nord.

    Il panorama delle montagne vicine consisteva nei nudi precipizi del Pisanino e dei picchi vicini, e nella lunga catena ondeggiante dell?Appennino con le sue cime rotonde in forma di cupole, e sulla quale torreggiava il monte Cimone. Fra le due catene giaceva la larga vallata del Serchio. Il paesaggio dinanzi a noi somigliava ad un quadro che un pittore avrebbe potuto ideare per rappresentare un?Italia secondo i poeti. Esso non ritraeva, ? vero, tutto lo splendore delle Alpi italiane, ove la imponente grandiosit? della Svizzera si trova addolcita dalla vicinanza dei vigneti e delle verdi foreste di castagni. Questa Valle d?Aosta degli Appennini presentava un aspetto meridionale, pieno di luce e di calma. Un velo di grigiastra verdura copriva le colline pi? basse sul corso del torrente. Pi? in alto si convertiva in una tinta rossa, l? dove la vegetazione della primavera non aveva ancora esercitato la sua influenza sul suolo. Al limite superiore di questa vegetazione nascente si vedevano numerosi castelli e villaggi costruiti sui fianchi delle montagne, che davano un carattere pieno di vita a questo spettacolo della natura. Abbiamo potuto riconoscere Barga, una piccola citt? la quale non ha cambiato il suo aspetto del medio evo, tranne la novit? di una rete di buonissime strade per condurre il viaggiatore alle sue porte. Pi? in alto si mostrava il paese di Coreglia posto sul fianco del monte Rondinaio. Sulla sommit? di questa bellissima montagna si estendevano lunghe strisce di neve bianca a completare questo stupendo quadro che si presentava ai nostri occhi meravigliati.

    Un vero cielo d?Italia limpido ed azzurro sovrastava questa scena, ed i raggi di uno splendido sole penetravano in tutti gli angoli remoti delle montagne, con giuochi di luce e di ombre impossibili a descriversi. Il panorama non aveva nessuna rassomiglianza con quello delle Alpi coperte di neve, ma a parere nostro si ravvicinava piuttosto alla veduta del mare e della terra, che si gode dalla sommit? dello Snowdon, colla differenza delle forme, dei colori e delle storiche associazioni che si trovano in Italia a paragone del clima nordico del nostro paese, il Galles.

    Nella estesa depressione ad est della Pania, una valle si dirige a nord verso la Turrite Secca, che si congiunge al fiume Serchio a ?Castelnuovo? chiamato ?di Garfagnana? per distinguerlo da tanti altri siti dello stesso nome in Italia. Un largo sentiero corre lungo la base nord-ovest della Pania. Si vedevano grosse valanghe di neve cadute nelle gole della montagna, aprendo profonde spaccature tagliate nei boschi di faggio. Il sentiero volge tutto ad un tratto per traversare il torrente ed arrivare a Puntato, il primo villaggio da questo lato della catena. Di l? il sentiero ci avrebbe condotti indietro alla sorgente della Turrite Secca in Val d?Arni, uno dei valloni pi? remoti di questo distretto. Una volta non si poteva giungre a quei villaggi altro che per mezzo di rozzi e pericolosi scaglioni tagliati nei precipizi di marmo. Ultimamente le grandi ricchezze minerali di questa vallata hanno deciso le autorit? a metterla in comunicazione col mare per mezzo di una buona strada ruotabile. Secondo il parere del noto geologo prof. Igino Cocchi, si trovano le tracce di antiche morene in questa vallata, e specialmente presso il villaggio di Campaniletti.

    Una pastorella ci mostrava la ?strada della Pania?, per la quale si deve fare il giro della montagna. Era un sentiero mal tracciato, con tante ramificazioni conducenti alle stazioni dei carbonai. Non era possibile di non sbagliare cammino. Siamo scesi dunque troppo in gi? ed abbiamo dovuto farci una via lungo lle ripide pendici coperte di boschi, con precipizi di sopra e di sotto. In molti luoghi se si sdrucciolava si rischiava di perdere la vita; ed in questa congiuntura l?Alpenstock della mia guida Fran?ois Devaouassoud serviva molto meglio che il mio ombrello. Nondimeno, con un poco di perseveranza, abbiamo ritrovato la buon strada senza perdere troppo tempo. Questo sentiero passa ad una grande altezza sopra il corso del torrente. Il fianco della montagna era formato da grandiosi precipizi nella sua parte superiore, e di ripidi pendici pi? in gi?, e coperto di boschi verdeggianti di faggi. Sul lato opposto del torrente si poteva osservare che gli alberi di castagni non avevano spuntate ancora le foglie. Finalmente voltiamo intorno all?ultima cresta della Pania, e ci precipitiamo correndo sull?erba fioritae lungo un crinale stretto per arrivare ad alcuni casolari che coronavano l?altura.

    Invece di scendere a sinistra verso il letto della Turrite Secca, il sentiero si volge in direzione opposta verso la parte superiore di un vallone laterale. Una ripida discesa e poi una faticosa salita facevano dire a Fran?ois che dopo la nostra partenza da Svanetia (in Circassia) non avevamo mai incontrato una vallata cos? ondulata e irregolare. Il sentiero ci conduceva ad un prato coperto di bianchi ed odorosi fiori di narcisi, sulla sommit? della cresta che che domina verso sud la vallata di Petrosciana. Da qui sarebbe cosa facile giungere a Gallicano per una strada diretta, passando per Fornovolasco.

    A partire da questo punto il sentiero si dirige lungo un terrazzo sulla spina delle montagne, ad un?altezza sufficiente per evitare contropendenze. Finalmente scendiamo verso i villaggi gemelli di Sassi ed Eglio, ove le case scialbate, con giardini pieni di arbusti fioriti ed ornati di statue, ci facevano ricordare che eravamo nel centro del bel paese d?Italia. Le piccole cappelle (o maest?) lungo la strada, erano ornate artisticamente con fiori di diversi colori, fra i quali si vedevano le giunchiglie, il lilla e la genziana.

    Le vedute della Garfagnana da queste altezze sono veramente incantevoli. I raggi di un magnifico sole illuminavano tutte le terre ed i villaggi sulle sue colline, e penetravano fino in fondo alle vallate delle alte montagne , le cui sommit? si ergevano in rilievo sopra un limpidissimo cielo. Un ripido sentiero a zig-zag ci menava direttamente a Castelnuovo. Questa remota citt? montana, ? situata alla confluenza di due torrenti al piede di una montagna a base estesa, essendo il termine del contrafforte che avevamo seguito fin qui, ed ivi sporge in fuori verso la catena principale degli Appennini in modo da chiudere quasi la valle del Serchio. Dietro si vede sorgere il gruppo ancor coperto di neve dell?Alpe di San Pellegrino, al di l? di una larga e fertile pianura, rinomata per la purezza e salubrit? della sua aria nell?estate, e per il feddo intenso nell?inverno.

    Entrati nella citt? domandiamo ad un contadino, che si trovava sul vecchio ponte del torrente Turrite Secca, di indicarci il miglior albergo. Egli ci sugger? una casa che non pareva doverci convenire, ed io credetti cosa prudente di domandare altre informazioni prima di decidermi. Non mancavano gli informatori, perch? essendo una bellissima giornata tutti i lavori della citt? si esercitavano ?sub jove? nella parte ombrosa della strada. Tutti i mestieri erano in piena attivit?, i fabbri ferrai menavano grandi colpi con i loro grossi martelli, i carrai picchiavano, i calzolai e i sarti cucivano senza darsi riposo, i fanciulli urlavano sdraiati per terra; in mezzo di tutto questo chiasso si sentivano le animate conversazioni, e l?eco delle allegre risate delle belle ragazze dai capelli nerissimi sedute in alto sui balconi in faccia. E? ben vero che gli italiani sono sempre pi? contenti di trovarsi all?aria aperta che in casa. Essi lavorano naturalmente al sole, come noi altri popoli del nord vi prendiamo i nostri divertimenti. Frattanto abbiamo deciso di seguire il consiglio del calzolaio, ed andare ad un albergo di faccia con un balcone. Era un vero albergo di campagna, con una spaziosa cucina ed un grande scala di pietra che conduceva in una piccola sala ornata di un orologio del tempo del primo impero, e di alcune stampe rappresentanti soggetti patriottici, fra le quali un ritratto del compianto Re Vittorio Emanuele col manto reale, il quale non sembrava per niente di starvi a suo bell?agio. La giovane padrona non tard? molto a servirci un eccellente pranzo, e dopo, avendo combinato con un vetturino di condurci a Lucca, siamo usciti per vedere il paese.

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