Il Monte Falterona


Valico delle Crocicchie

Il Monte Falterona (m.1654) è posto al confine tra Casentino e Mugello, lungo una deviazione verso nord della dorsale appenninica che comprende anche altre cime come il Monte Falco che, con i suoi 1658 m., è addirittura più alto del Falterona stesso ma che è meno noto proprio perché da quest’ultimo nasce il fiume più famoso della nostra regione:l’Arno. Il Monte Falterona, nonostante costituisca una appendice delle vicine Foreste Casentinesi (non per nulla si trova nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi,del Falterona e di Campigna), presenta caratteristiche proprie, con una diversificazione ambientale che si accentua via via che ci si sposta verso la Val di Sieve. A est del massiccio la Foresta Casentinese offre le maestose abetaie della Foresta di Campigna, in territorio romagnolo, mentre al di qua dello spartiacque appenninico è la Valle dell’Oia, coronata dai vasti boschi di faggio della solitaria conca dei Ronchi Freddi.


Aldo sulla vetta

La valle di Castagno d’Andrea, adagiata fra le balze della faglia marnosa arenacea, presenta una estesa foresta di abete e faggio che, partendo dalla Fonte del Borbotto, si estende su gran parte della pendice nord del Falterona. La parte meridionale del monte presenta le belle propaggini casentinesi con le abetine di Vitareta e Bocca Pecorina, che lasciano il posto ai territori della Pantenna, in cui la vegetazione, pur mantenendo caratteristiche selvagge, si distacca raramente dallo stato di ceduo, con ampie zone dominate da felceti in cui viene praticato il pascolo brado: è proprio in questo versante che l’Arno (lungo 241 km., principale fiume della Toscana e ottavo d’Italia) compie i primi passi sotto forma di esile ruscello che assumerà le caratteristiche di vero torrente montano solo dopo che avrà deviato verso la piana casentinese, in prossimità di Mulino di Bucchio.

 

Il massimo della spettacolarità e della bellezza si ha lungo il crinale, con alternanza di faggeta e prateria nel tratto compreso fra il Monte Falco e il Monte Massicaia. La posizione decentrata del massiccio permette dei panorami estesissimi: dalla rupe della Verna fino alla cime abetonesi e delle Apuane, mentre a sud lo sguardo si inoltra verso il centro della Toscana fino alla vallate chiantigiane, con una innumerevole serie di profili di colline che si susseguono all’orizzonte. In tutto il massiccio sono numerose le specie animali presenti dai caprioli, ai cinghiali e alle volpi oltre a faine, puzzole, donnole e istrici; anche gli uccelli sono numerosi: tra i rapaci predominano le poiane e una discreta colonia di gheppi. Come già affermato, il Falterona deve molta della sua fama al fatto che dalle sue pendici nasca l’Arno.


Aldo alla fonte del Borbotto

La sorgente di questo fiume ha visto la presenza dell’uomo sin da epoca remota. Infatti in prossimità di questa si trova un luogo chiamato Lago degli Idoli (vedi itinerario per la Sorgente dell’Arno) che ora non è niente altro che una piccola depressione erbosa di cinquanta metri per venti di lato ma dove gli Etruschi avevano un centro votivo che, a giudicare dai numerosi reperti rinvenuti, doveva attirare genti dalle grandi lucumonie della Toscana. La zona del Falterona dopo gli Etruschi, i Romani e la dominazione longobarda, passò progressivamente sotto il controllo dei potenti Conti Guidi, costituendo la propaggine occidentale del loro dominio, delimitato da una serie di castelli posti a difesa dei confini e delle vie di comunicazione: Castagno d’Andrea, ubicato a guardia del Valico delle Crocicchie, San Godenzo, sede di una antica abbazia benedettina fondata nel 1028 posto a difesa da un sistema di fortezze che controllavano il territorio dal Muraglione a Dicomano.


Muli al lavoro alle pendici del monte

A partire dalla seconda metà del ‘300 il territorio passò sotto il dominio della Repubblica Fiorentina, prima con l’acquisizione dei centri fortificati posti lungo la Val di Sieve, quindi nel 1440 con l’occupazione del Monte Falterona e di tutto il Casentino. In epoca medicea e lorenese ci fu il massimo sviluppo dell’appoderamento con la progressiva occupazione delle fasce pedemontane: il paesaggio acquistò allora le caratteristiche odierne. San Godenzo e Dicomano nonostante le distruzioni subite durante l’ultima guerra mondiale, non hanno completamente perduto le loro caratteristiche medioevali e meritano una visita, al pari di Stia ,situata in Casentino dove è tutt’ora esistente il castello di Porciano. Ma dopo aver parlato a lungo della nostra mèta vediamo dove si trova il punto di partenza per effettuare questa escursione? Il luogo dove parcheggiare l’auto si chiama Fonte del Borbotto e si trova sulle pendici del Falterona oltre il paese di Castagno d’Andrea, paese famoso per aver dato i natali al grande pittore Andrea del Castagno.

 

Per raggiungere questo paese è necessario arrivare a Dicomano, in Mugello, e da qui prendere la statale del Passo del Muraglione (basta seguire le indicazioni per Forlì) fino ad arrivare a San Godenzo: qui si svolta a destra per Castagno d’Andrea e, una volta raggiunto questo paese, si prosegue lungo la strada per alcuni km. fino a che non diventa sterrata e ci conduce alla Fonte del Borbotto (m. 1205) che costituisce una delle porte di ingresso del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, del Falterona e di Campigna. Si parcheggia l’auto e incontriamo subito una bella fonte dove fare rifornimento e un’area attrezzata al cui centro è un bivio dal quale si dipartono diverse strade forestali:noi seguiamo quella di destra che porta l’indicazione per Valico delle Crocicchie e Capo d’Arno ed è contraddistinto come sentiero CAI n. 17. L’ampio sentiero si inerpica nella faggeta e in circa 45 minuti di cammino conduce al Valico delle Crocicchie (m. 1.406), piccola radura erbosa dalla quale transita il sentiero CAI n. 00, itinerario di cresta fra il Monte Falterona e il Monte Acuto.


La grande croce sulla vetta

Noi prendiamo a sinistra, appunto lungo lo 00, che si inerpica in mezzo ai faggi lasciando intravedere ogni tanto alcuni squarci panoramici; proseguiamo fino a pervenire alla vetta del Falterona (m. 1.654) dopo 45 minuti di cammino dal Valico delle Crocicchie e 1,5 h. dalla Fonte del Borbotto. Qui incontriamo una bella radura contrassegnata da una grande croce di legno: il panorama è eccellente e, come già detto spazia per mezza Toscana, da La Verna fino alle Alpi Apuane, all’Appennino Tosco – Emiliano e ai Monti del Chianti. Dopo aver ammirato lo spettacolo offertoci dalla natura possiamo intraprendere il percorso di ritorno: attenzione non facciamo la strada dell’andata bensì un sentiero segnato che inizia sul lato nord – est della radura di vetta in mezzo ad alcuni pini mughi. Il sentiero scende dapprima tra giovani pini, poi in un bosco ceduo di faggi, quindi arriva ad affacciarsi sui prati del versante nord e percorre poi un tratto riparato da grandi massi.


Romano nell’area del Borbotto

A questo punto passa un contrafforte e scende con strette curve fino ad una piazzola per carbonai. Il sentiero, ben mantenuto con gocciolatoi per le acque piovane e piccoli muretti di sostegno, arriva in luogo chiamato La Stufa (m.1240) e da qui, a sinistra, lungo un’ampia strada forestale, fino alla base di partenza, la Fonte del Borbotto. Sono trascorsi 1 h. e 15 minuti da quando abbiamo lasciato la vetta del Falterona per un itinerario totale di 2 h. e 45 minuti. N.B. Le notizie sul Falterona sono tratte da “A piedi in Toscana” di Roberto Pratesi e Antonio Arrighi edito da Edizioni Iter acquistabile, come tutto quello che riguarda la montagna, dai miei amico Diva e Roberto Marotta della Libreria Stella Alpina di Firenze Via Corridoni tel. 055 / 411688 sito www.stella-alpina.com.

 

Dal Dizionario Corografico della Toscana compilato nel 1855 dal Cav. Repetti
Il Dizionario Corografico della Toscana è stato stampato nel 1855 e costituisce la base fondamentale di tutta la storia e la geografia della Toscana: vi sono indicati tutte le città e i paesi della nostra regione in ordine alfabetico; ritengo fare cosa utile pubblicare quello che riporta sul Monte Falterona, anche se il linguaggio è quello di 150 anni (tanto per dire non si parla di Toscana ma di Granducato di Toscana). – “Una delle montagne della Catena centrale fra le più elevate dell’ Appennino Toscano nel cui fianco australe nasce il fiume Arno, nel lato occidentale il torrente San Godenzo o Dicomano e nella sua schiena settentrionale il Bidente del Corniolo e la fiumana del Rabbi, questi tributarj del mare Adriatico e i primi due del mare Mediterraneo. Giace la sua più alta sommità fra il gr. 20° 19° longit. 43° 52’ 7’’ latit., a 5076 piedi parigini superiore al livello del mare.


Ancora la grande croce sulla vetta

Questa montagna centrale dell’ Appennino toscano divide le diocesi cisappennine di Sarsina e di Bertinoro, ed è forse la meglio rivestita di tutta la catena di annosi faggi e di piramidali abeti. Da quella sommità sopra il cosi detto poggio a Scali sul giogo onde a Camaldoli si viene, sembra che l’ Ariosto scuoprisse il mare schiavo e il tosco. I primi e più alti contrafforti di questa montagna sono dalla parte di settentrione l’ Alpe delle Celle e del Corniolo, e dalla parte di Toscana verso maestro l’ Alpe di S. Benedetto e la montagna si S. Godenzo, a libeccio quelle della Consuma che si unisce a monte di Secchieta sopra Vallombrosa, e finalmente al Prato Magno il quale si prolunga per l’ Alpe di S. Trinita fino davanti ad Arezzo.


Altra immagine dei muli al lavoro

All’ opposto i monti che seguitano per Camaldoli a scirocco sono una continuazione della catena centrale, la quale prolungata per Prataglia ed il giogo del Bastione separa il Casentino e la Toscana dalle valli del Savio e dei tre Bidenti in Romagna. Le frane principali della Falterona si manifestano sul di lei fianco occidentale sopra il vallone del torrente Dicomano, avvenuti in tre tempi gli uni dagli altri lontani; la prima del maggio 1335 fu descritta dallo storico Matteo Villani; la seconda del maggio 1644 fu segnalata in una lettera da Benedetto Buonmattei, e l’ ultima accadde nel maggio del 1827. Finalmente presso Capo d’ Arno nel 1836 una frana aveva seppellito una numerosa collezione di statuette ed antichità di bronzo romane e municipali, con molte armi però ed armature del medio evo.”