Il lago Santo ed il lago Baccio


Lago Santo e monte Giovo

Chi è colui che non ha sentito nominare nemmeno una volta il Lago Santo? Dove si Trova? Come ci si arriva? Innanzi tutto il Lago Santo modenese (si perché c’è anche un Lago Santo parmense) si trova in provincia di Modena ed è raggiungibile da Pievepelago, il primo grosso borgo che si incontra lungo la statale del Brennero alcuni km. dopo aver passato l’Abetone: prima di entrare in paese bisogna svoltare a sinistra per la statale che conduce al Passo delle Radici e dopo alcuni km. è necessario ancora andare a sinistra seguendo le indicazioni per il paese di Tagliole e per il Lago Santo. A pochi minuti di cammino dalla rive del lago si trova un grande parcheggio: questa zona si chiama "Pian de remi" perché da qui transitava l’antica "via dei remi" cioè quella strada dove transitavano i tronchi d’albero tagliati all’Abetone e a Cutigliano che dovevano arrivare al mare per essere destinati a divenire remi per le grandi navi. Geomorfologia: il lago, raggiungibile in pochi minuti dal parcheggio, si trova a quota 1501 ed è il maggior lago naturale dell’Appennino Modenese ed il secondo, superato di poco dall’omonimo parmense, dell’intero Appennino Settentrionale: ha un perimetro di 1250 m., una lunghezza ci circa 550 m. e la sua superficie misura 58.000 mq. mentre la sua massima profondità è di poco superiore ai 20 metri ed è riscontrabile nel settore sottostante la parete del Monte Giovo; il suo invaso è di circa 450.000 m.c..


Lago Santo dal Passetto (foto Claudio Soli)

Il Lago Santo è alimentato da tre immissari: uno scende dalla Boccaia, un altro dalla costiera della Serra e il terzo dal terrazzo della Borra dei Porci; c’è invece un unico emissario posto all’estremità sud nei pressi del Rifugio Vittoria. Il lago ha un’origine mista, glaciale e di frana: circa 150 m. sopra la superficie si trova una terrazza pensile, chiamato Borra dei Porci, che rompe l’uniformità della grandiosa parete orientale del Monte Giovo: questa terrazza ha una larghezza di 150 m. e una lunghezza di 600 m., è ampia ed erbosa ed è percorsa da un piccolo rio che precipita nelle acque del lago. Botanica: nei secoli passati i boschi intorno al lago furono utilizzati per la produzione di carbone mentre le zone erbose attigue furono sfruttate a fini di pascolo: entrambe queste attività hanno danneggiato gravemente il patrimonio arboreo. Antiche fotografie risalenti al finire del diciannovesimo secolo e alla prima metà del ventesimo ci mostrano come fosse ridotto il patrimonio boschivo: solo qualche sporadico faggio cresceva lungo le rive; dopo il termine della seconda guerra mondiale il Corpo Forestale dello Stato ha ricostituito il patrimonio arboreo impiantando faggi e larici e restituendo al paesaggio il suo antico aspetto naturale. Comunque le specie botaniche più pregevoli si trovano lungo il sentiero CAI n. 525 che collega il Lago santo alla cima del Monte Giovo: l’Aquilegia alpina, il giglio Martagone, il Semprevivo dei monti, la genziana Purpurea. Nelle acque del lago vive una fauna ittica di grande pregio: la trota fario, il salmerino e anche qualche esemplare di trota iridea che, introdotta ai fini della pesca sportiva, a causa della sua voracità aveva causato gravi danni alle specie autoctone.


Lago Baccio

La storia: il nome Lago Santo è di origine molto antica e la sua ubicazione in una delle zone un tempo più impervie e selvagge dell’Appennino, anticamente popolata anche di grossi animali come orsi e lupi, ha sempre alimentato intorno ad esso un’aurea di sacralità e di mistero: il nome "santo" pare sia legato a fatti religiosi e devozionali. Le notizie storiche su questo bacino sono quelle attinenti alle lotte cruenti che si svolgevano tra le Comunità di Rocca e Pievepelago da una parte e quella di Barga, in Garfagnana, dall’altra, a causa del possesso e dello sfruttamento dei boschi, dei pascoli e delle acque della zona del Lago santo e della Valle delle Fontanacce. Infatti, per antiche concessioni feudali risalenti al Medioevo, il Comune di Barga, territorio di sovranità granducale fiorentina, aveva il dominio su una parte di territorio che si trovava al di là dello spartiacque in territorio emiliano prima facente parte del territorio estense del Duca di Ferrara e poi della Comunità di Modena. Poiché il confine non era ben contraddistinto, tutte e due le Comunità si attribuivano per sé il diritto di pascolo e di sfruttamento boschivo e da ciò nascevano le zuffe, i sequestri di bestiame, le ritorsioni come avvenne nell’estate del 1550 quando il Potestà di Barga denunciò un taglio di abeti e faggi in territorio barghigiano effettuato dai ferraresi nei pressi del Lago Santo. Già dall’inizio del XV secolo i Governi dei due Stati avevano esperito tentativi ufficiali per trovare una soddisfacente soluzione al problema ricorrendo anche ad arbitrati esterni come quello del 1420 affidato al Senato del Comune di Siena che portò ad una prima confinazione sul terreno con l’apposizione di "termini" o pietre confinarie.


Altra immagine del Lago Baccio

Però che il problema non fosse stato risolto lo si vide dopo poco quando i cippi confinari furono rimossi per cui cento anni dopo di dovette ricorrere per un nuovo arbitrato al Duca di Savoia, il quale nominò come esperto il suo Consigliere di Stato e il figlio di questi, i quali, alla fine del 1568, emisero un "lodo" con il quale vennero fissati i nuovi confini. Il "saliente" di Barga (così veniva identificato il territorio granducale in versante padano) era delimitato dal tratto di crinale compreso tra il vertice della Porticciola e quello di Monte Figurito (oggi chiamato Cime di Romecchio) e scendeva da una parte poco a monte del villaggio di Tagliole e dall’altra fino a metà dell’adiacente Valle delle Fontanacce. Nel 1844 il Trattato di Firenze, stipulato tra il Governo estense e il Granducato di Toscana, fissò i rispettivi confini sul crinale spartiacque: di questo approfittarono gli abitanti di Pievepelago per sfruttare a proprio vantaggio i boschi e i pascoli del versante padano. Ma una cosa è la sovranità amministrativa mentre un’altra cosa è il diritto patrimoniale vantato su questa zona da secoli dal Comune di Barga, per cui in Sede Giudiziale veniva definitivamente sancito che il territorio doveva intendersi come "comunione promiscua di beni" in cui i boschi dovevano essere considerati in piena proprietà del Comune di Barga mentre i pascoli dovevano essere utilizzati ad anni alterni dai due contendenti. Solo alla fine degli anni ’50 del XX secolo tra i comuni di Pievepelago e di Barga si arrivò ad un accordo che pose fine alla secolare questione segnando definitivamente il confine al crinale spartiacque. Nel frattempo, prima della seconda guerra mondiale, il Lago Santo era stato oggetto di un grandioso progetto da parte dell’ingegnere Lapo Farinata degli Uberti, colui che aveva idea di creare il grande comprensorio sciistico e turistico della Valle delle Pozze (l’odierna Val di Luce).


Lago Baccio e Altaretto (foto Claudio Soli)

L’ingegnere fiorentino intendeva prelevare le acque del lago che, grazie ad un canale che sarebbe dovuto passare sotto il monte Feminamorta, sarebbero dovute arrivare nell’Alta Valle delle Pozze, dove a Pian d’Asprella si sarebbe creato, previa costruzione di una diga, un grande bacino artificiale destinato ad alimentare una centrale idroelettrica che avrebbe fornito energia a tutto il comprensorio. Il Lago Baccio si trova a pochi minuti di cammino dal Lago Santo a 1554 m. s.l.m. ed è sbarrato a valle da una caratteristica morena alta una quarantina di metri attraverso la quale scarica il Fosso del Baccio che, subito sotto il tracciato del sentiero CAI n. 521, forma una pittoresca cascata prima di gettarsi nel Rio delle Tagliole; è il secondo per estensione, dopo il Lago santo, di tutto l’Appennino modenese. Anticamente era chiamato Lago Basso, probabilmente per la scarsa profondità delle sue acque ed è di forma circolare: è alimentato a monte da alcuni ruscelli che vi apportano limo e detriti contribuendo alla sua eutrofizzazione. Agli inizi degli anni 60 del XX secolo il lago è stato oggetto di interventi atti a evitarne la scomparsa e per valorizzarlo dal punto di vista turistico: venne operata una drastica riduzione delle vegetazione palustre e fu costruita una diga in calcestruzzo. Il Lago Baccio presenta una importante flora di specie degli ambienti umidi: dallo Sfagno al Trifoglio fibrino alla Calta palustre, mentre nelle sue acque (così come quelle del Lago Santo), sono presenti la trota fario ed il salmerino. Le notizie sul Lago Santo e sul Lago Baccio sono tratte dal volume: "L’Alto Appennino Modenese" Guida escursionistica sui sentieri del Cai scritta da Alessandro Marchiorri per CAI sezione di Modena editore: acquistabile, come sempre, presso la Libreria Stella Alpina di Via Corridoni a Firenze dei miei amici Diva e Roberto Marotta tel: 055/411688 sito www.stella-alpina.com