IL MIO INCONTRO CON ARMANDO ASTE

di Alberto Benassi


“Ero fuochista alla manifattura, avrei voluto studiare, ma avevo una famiglia numerosa da aiutare…La montagna è stata la mia valvola di sfogo e ha reso bella la mia vita”.

Due settembre 2017, arriva una brutta notizia: ieri se ne è andato Armando Aste. Lo so, aveva 91 anni, ma ci sono rimasto veramente male.
Inizio a sentire parlare di Armando Aste parecchi anni fa, nella prima metà degli anni ’80. Anche se il suo libro “Pilastri del Cielo” era ormai esaurito, avevo comunque letto di lui e delle sue imprese su riviste e libri di alpinismo. Il grande alpinista inglese Doug Scott ne parla nel capitolo dedicato alla Marmolada del suo bel libro “Le Grandi Pareti” del 1973. In particolare mi colpì il racconto che R. Messner fece a proposito della prima ripetizione della via dell’ Ideale nel suo libro L’AVVENTURA ALPINISMO :
“Senza dubbio una delle più dure vie delle Dolomiti, se non delle Alpi. Una via da farci tanto di cappello….” .
Bellezza delle linee, grandiosità, alpinismo estremo ma dilettantesco, una grande e personalissima capacità di vedere e risolvere problemi alpinistici, mai uno sponsor, senso dell’amicizia, solidarietà, serenità e calma nell’affrontare la montagna. Questi sono stati da subito gli ingredienti dell’alpinista e dell’uomo Armando Aste che hanno esercitato su di me fascino e attrazione.
Una delle doti che lo rendono, almeno ai miei occhi, unico è la tranquillità con la quale Armando Aste ha sempre realizzato le sue ascensioni. Aste ha spesso dichiarato: “Si, sono lento”. Non riusciva a capire perché avrebbe dovuto andarsene in fretta da un luogo dopo averlo tanto desiderato. Che cosa è questa se non una grande sintonia con la montagna? Nella sua carriera alpinistica ha collezionato più di 150 bivacchi. Emblematico un episodio che ci spiega la sua grande calma interiore, ovvero il non sentire il peso dell’ambiente circostante, ma anzi, il volerlo gustare fino in fondo: è il bivacco durante l’apertura della via alla parete nord della Torre del Focobòn. A un solo tiro di corda dall’uscita, “…trovammo una bellissimo terrazzino con fine ghiaino. Il tempo era bello e pensammo di fermarci a bivaccare” . Che bisogno c’è di affrettarsi a scendere? Le condizioni sono buone, il tempo è bello, cosa c’è di meglio di un bivacco per godersi la montagna.
Allo stesso tempo, però, la grandiosità della sue vie un po’ mi intimoriva. Sarei stato alla loro altezza? Oltre al talento e alla determinazione, Aste aveva dalla sua una grande carica interiore data sicuramente dalla fede . Comunque dovevo provarci.
Il primo incontro con l’alpinismo di A. Aste non fu programmato, anzi avvenne in modo del tutto inaspettato. Nell’estate del 1985, scappando dal brutto tempo del monte Bianco, assieme agli amici: Alessandro, Fabrizio e Giancarlo dopo un bel viaggio di trasferimento alla ricerca del bel tempo arriviamo in Brenta, con l’idea di andare a fare la via delle Guide.
Avevamo tempo a disposizione quindi perché non fare prima anche un’ altra via? La scelta cade sulla via Rovereto aperta da A. Aste e A. Miorandi nel settembre del 1961 sullo spallone del Campanile Basso.
La via, bella e impegnativa, pretese da noi più di quello che ci aspettavamo. Dopo nove ore di arrampicata, beffati dal mio martello nuovo di zecca della Stubai, che alla seconda martellata, pensò bene di spezzarsi e finire sui ghiaioni basali, sbuchiamo piuttosto tardi sullo Stradone Provinciale. Rinunciammo alla vetta e giù di corsa verso il rifugio Brentei, dove un po’ preoccupato per il nostro ritardo, c’è Bruno Detassis. Dopo una prima occhiata un pò severa, il burbero Re del Brenta ci fece i complimenti, perché la “Aste al Basso” è una via rognosa, dura e poco ripetuta. La via fu una scelta dell’ ultimo minuto, ma pienamente azzeccata, che ci ripagò della delusione per la rinuncia sul Monte Bianco.
Come primo incontro non mi posso lamentare, non poteva andare meglio. Ma non posso certo fermarmi qui. C’è ancora tanto da fare per conoscere l’ alpinismo di Armando Aste. Via dell’ Ideale, Canna d’Organo, Ezio Polo, Madonna Assunta, sono il suo poker in Marmolada. Ma c’è anche la Civetta, le Pale di San Martino e ancora il Brenta. Poi lui ha fatto anche tante prime solitarie e anche invernali, ma questo è un’altra cosa.
Passano alcuni anni dove cerco di reperire informazioni sulle sue vie. Purtroppo leggo anche di alcune critiche più o meno velate, alle sue vie in Marmolada. Critiche del tutto fuori luogo, senza senso, perché ogni impresa va inquadrata nel suo tempo. Così a novembre del 1988 decido di conoscerlo scrivendogli una lettera:
“Caro Armando, scusa se mi permetto di darti del tu anche se non ci conosciamo personalmente ma, visto che come te sono un appassionato alpinista dilettante, mi è sembrato la maniera migliore per scriverti. Sono un giovane alpinista delle Apuane molto interessato alle tue vie che considero di valore storico, come ad esempio la via dell’Ideale…“.
Passono pochi giorni e arriva la sua risposta :
“caro Alberto, grazie per la tua lettera e le gentili espressioni a mio riguardo che non voglio chiedermi se sono meritate. Evidentemente ognuno dà e fa quello che gli è concesso dal suo essere uomo (…)” .
Neppure un mese dopo gli scrivo nuovamente. Oltre a chiedergli alcune relazioni di sue vie, lo invito a tenere una conferenza qui a Pietrasanta, in Toscana, e magari ad arrampicare sulle nostre Apuane che mi piacerebbe fargli conoscere. Nel frattempo acquisto il suo nuovo libro “Cuore di Roccia” che divoro un rigo dopo l’altro. Dopo qualche giorno giunge una sua nuova lettera:
“Se vi può interessare, sarà senz’altro un piacere venire da voi a fare una proiezione quando vorrete…..”
Aste, quindi, accetta. E gli piacerebbe visitare le Apuane, ma di arrampicare non se ne parla. Mi confessa che per poter meglio assistere suo fratello, colpito da una grave malattia, ha deciso di chiudere con l’ alpinismo. Anche se gli ha dato tanto, nella vita ci sono cose più importanti e bisogna fare delle scelte:
“…A me l’alpinismo ha dato ha dato molto, ma ora ci sono cose più importanti che reclamano il mio impegno”.
“Le montagne rimarranno sempre una indicazione, un simbolo verso cui sollevare lo sguardo e attingere ancora un riflesso di bellezza, di gioia e di coraggio”.
Così il 26 maggio 1989 organizziamo a Pietrasanta una sua proiezione dal titolo:

“ARMANDO ASTE – IMMAGINI E RIFLESSIONI DI UN ALPINISTA”

Il pubblico interviene numeroso. Ci sono tante domande. Aste racconta, fa vedere le immagini di una vita sulle montagne. Insomma: la serata è un successo. Naturalmente mi faccio autografare “Cuore di Roccia”.
Dopo la sua serata a Pietrasanta rimaniamo in contatto ed una domenica di maggio con la mia compagna Sabrina andiamo a trovalrlo a casa sua a Rovereto. Conosciamo anche sua moglie Nedda.
La casa ci accoglie con belle foto delle pareti dove ha tracciato le sue vie. Poi Armando ci fa vedere il suo studio che trabocca di montagna: fotografie, libri, lettere e cimeli vari. Dopo pranzo ci rechiamo alla falesia di Castelcorno dove Aste, da ragazzo, ha mosso i primi passi d’arrampicata. Ci racconta che di nascosto osservava i più esperti arrampicare per poi imitarli.
Come ebbe a dire in un’intervista:
“ero tutto nervi, di un’agilità naturale e mi sentivo tagliato per la roccia” .
Passammo una bella giornata insieme, e quando a sera ci salutammo volle farmi un bel regalo, con tanto di dedica: il libro “Racconti impossibili e dintorni- evasioni di un alpinista” del suo amico e compagno di scalate Armando Biancardi, oltre ad una piccola guida di scalata delle palestre roveretane.
Settembre 1989 alcuni amici organizzano per andare a fare la Aste-Susatti alla Civetta. Lo sanno che ci tengo e mi invitano ad andarci ma sanno anche che non posso, visto che in quei giorni mi sposo. Che amici…vero?
Con Gianluca pensiamo ad una sua via non alla moda: la Ezio Polo all’ Antecima del Serauta nel gruppo della Marmolada. La via che sale nell’evidente diedrone centrale, è da subito tosta, chiodatura praticamente inesistente e roccia richiede attenzione. Profondi camini di melafiro e roccia dagli intensi colori che sfumano dal giallo al grigio, al nero, rendono la parete decisamente severa e affascinante. Aste paragò questa via alla Livanos-Gabriel alla Cima Su Alto, mica robetta!
Arriviamo alla famosa fessura, dove Aste, per superarla, escogitò l’ espediente dei manici di scopa, tagliati su misura e incastrati.
Non abbiamo materiale adatto per una buona protezione tentiamo comunque di salire ugualmente. La relazione che abbiamo da solo VI… ma la fessura è liscia e strapiombante, il timido chiodino, posto alla sua base, non fornisce sufficiente garanzia di tenuta in caso di caduta. Ci provo, ci prova Gianluca, ci riprovo io, ma non riuscendo a posizionare niente non ce la sentiamo proprio. Allora cerchiamo di aggirare la fessura a sinistra, ma dopo un volo diretto sulla sosta, ci guardiamo negli occhi e senza troppi dubbi stabiliamo che per oggi è abbastanza. Che non è il caso di sfidare ulteriormente la sorte.
Passano gli anni e le ripetizioni delle via di Aste si susseguono: Spiz d’Agner Nord spigolo N. O. via Oggioni con Giancarlo, grande ambiente ; Aste-Susatti alla Civetta con Giuseppe, superba arrampicata libera; Canna d’Organo alla Marmolada con Giancarlo e Alessandro, gran vione; Aste-Susatti alla Cima di Pratofiorito sempre con Giancarlo e Alessandro.
Di rientro dalla ripetizione del diedro Aste-Navasa al Crozzon di Brenta propongo a Giancarlo di passare da Rovereto a casa di Aste. Giancarlo è titubante, sarà il caso ? Magari disturbiamo? Riesco a convincerlo, sono sicuro che ad Aste farà piacere. Oltre che fargli i saluti, cogliamo l’occasione per portargli un vecchio cuneo di legno che abbiamo recuperato sulla via. Felice della visita e del regalo, ci ricambia gentilmente con un bel piatto di apprezzati spaghetti!
A questo punto di vie dell’Armando ne ho salite tante e mi potrei considerare soddisfatto , ma quella più rappresentativa, la via dell’Ideale, ancora manca alla collezione.
Aste chiamò questo settore della parete sud della Marmolada d’Ombretta “la parete d’argento” con una lunga striscia nera che dalla cima scendeva lungo tutta la parete come una linea appunto “Ideale”.
“Armando Aste racconta: «Claudio Barbier, un antesignano dell’alpinismo attuale… era al rifugio Falier in quei giorni. Al mattino della partenza, mi ha chiesto dove andavo. Gli ho detto che tentavo la linea nera, quella colata che scende dalla cima dell’Ombretta. “Sei matto, ci vogliono un sacco di chiodi a pressione!” mi ha risposto. “Io ne ho dietro una ventina, ma vedremo insomma…” .
Non fu come Barbier aveva predetto. Qualche pressione ci volle ma non più di quattordici.
Ad Aste sono stati necessari dieci anni per prepararsi e sentirsi pronto ad affrontare questa salita innovativa. Ma dal 24 al 29 luglio del 1964 Armando Aste e Franco Solina, con calma, come era nel loro stile, disegnarono sulle placconate della Marmolada d’ Ombretta la loro via “Ideale”. Diversi tentativi di ripetizione si arenano quasi subito. La prima ripetizione tre anni dopo ad opera di quattro fuoriclasse: R. Messner, S. Mayerl, H. Holzer e H. Messner il 16 e 17 luglio 1967.
“Se non fosse per quei chiodi a pressione sarebbe la via più bella delle Dolomiti” , dichiarò R. Messner, ma anche lui li usò.
Sinceramente oramai non ci speravo più di poter salire il suo “capolavoro” un itinerario decisamente d’avanguardia rispetto ai tempi, dove A. Aste e il suo grande amico F. Solina, dimostrarono grande fiuto e determinazione.
Invece, ecco che a luglio 2010 arriva una bella e inaspettata sorpresa. Mi telefona Sabrina per avvertirmi che mi ha cercato Alessandro, di Firenze. Non è da molto che ci conosciamo, ma quel poco che abbiamo arrampicato insieme ha creato un ottima intesa. Siamo in quattro così possiamo fare due cordate: io con Alessandro (i vecchietti), Carlino con Leo (i giovani). Il meteo è bello, caldo e stabile. Si potrebbe anche bivaccare, così facciamo concorrenza ad Armando.
Sono incerto: “vado? … o non vado? “
La Sabri mi incita: “ci tieni a farla? Ti sei preparato? Ti fidi delle persone che ti hanno invitato?” –
“Certo che ci tengo, mi sento preparato e mi fido di Alessandro…” – “Allora vai! “ .
La via è lunga, impegnativa, ma sopratutto bellissima! Come la “Rovereto” tanti anni fa, anche “l’ Ideale” è arrivata inaspettata. E sono molto felice d’averla condivisa proprio con Alessandro: grande via! Grande Aste!

Infine, mi torna alla mente quanto egli stesso scrisse
“Lo so, questa via che ha noi è costata tanto, potrà svilirsi, scadere. Essere ripetuta molto più velocemente…ora che l’abbiamo indicata agli altri, diluendone l’ostacolo psichico. Ma non mi curerò molto di quello che verrà” .

Alberto Benassi

pubblicato sulla rivista Rassegna Triventa del CAI “LE ALPI VENETE” secondo semestre 2017